martedì 27 febbraio 2018

Tutta l'Umbria una mostra

Nel 2018 si celebrano i cento anni della Galleria Nazionale dell’Umbria, uno dei più importanti musei della nazione – fondato il 17 gennaio 1918 – che vanta una straordinaria collezione di capolavori di artisti come Duccio, Beato Angelico, Piero della Francesca, Pintoricchio, Perugino e Pietro da Cortona.
Molte sono le iniziative in programma per celebrare l’evento pensate per promuovere e valorizzare l’arte della regione, con una particolare attenzione alla raccolta della Galleria, vera e propria antologia dei vertici della scuola umbra.
La prima in ordine di tempo è l’esposizione dal titolo "Tutta l’Umbria una mostra. La mostra del 1907 e l’arte umbra tra Medioevo e Rinascimento" in programma alla Galleria Nazionale dell'Umbria da domenica 11 marzo a domenica 10 giugno 2018.
La rassegna, curata da Cristina Galassi e Marco Pierini, prende spunto dalla storica “Mostra d’antica arte umbra” del 1907, la più imponente esposizione mai organizzata nella regione, che attraverso poco meno di mille pezzi (170 dipinti, più di 30 sculture e arredi lignei e in pietra, un centinaio di manufatti di oreficeria, 300 oggetti tra paramenti sacri, tessuti e merletti antichi, 160 codici miniati e circa 200 ceramiche), contribuì a definire per la prima volta le caratteristiche della scuola umbra e i suoi tratti originali.
La mostra presenterà circa 130 opere di autori quali Arnolfo di Cambio, Gentile da Fabriano, Niccolò di Liberatore, Benozzo Gozzoli, Matteo da Gualdo, Pintoricchio e Perugino, e riproporrà, con grande impatto visivo grazie all’allestimento progettato da Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici, la sorprendente ricchezza dell’arte che fiorì in Umbria tra Medioevo e Rinascimento, mettendo parallelamente in evidenza l’evoluzione degli studi storico-critici condotti nel lasso di tempo che va dal 1907 a oggi.
L’iniziativa coinvolgerà l’intera regione, chiamata in causa per il patrimonio artistico dei musei comunali, per quello delle istituzioni ecclesiastiche e per quello di proprietà privata. Ed è proprio per questo motivo che si è deciso di riproporre, come titolo, lo slogan che fu allora efficacemente coniato: “Tutta l’Umbria una Mostra”.

domenica 25 febbraio 2018

Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia

Fino a domenica 24 giugno 2018 Palazzo Reale di Milano presenta Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia una grande mostra e un progetto originale che raccontano l’apice del Rinascimento tedesco nel suo momento di massimo fulgore e di grande apertura verso l’Europa, grazie a un’importante selezione di opere di Albrecht Dürer (1471 – 1528) e di alcuni grandi artisti tedeschi e italiani suoi contemporanei.
Il cuore della mostra rivelerà le qualità intrinseche delle sue opere nelle varie categorie da lui praticate, pittura, disegno e grafica, evidenziandone il carattere innovativo. La mostra intende proporre – per la prima volta – al pubblico milanese, ma anche a quello italiano ed internazionale, la grande figura di Albrecht Dürer, artista universale di Norimberga. La carriera di Albrecht Dürer segna un momento di grande effervescenza in termini socio-economici, artistici, culturali ed intellettuali nella Germania meridionale, ma anche un momento di massima apertura verso l’Europa, sia in Italia (Nord) sia nei Paesi Bassi. Un periodo, questo, di rapporti reciproci sul piano visivo, intellettuale e culturale che coinvolge anche altri grandi protagonisti della mostra, come gli artisti tedeschi suoi contemporanei: Lucas Cranach, Albrecht Altdorfer, Hans Baldung da un lato, e dall’altro di grandi pittori, disegnatori e artisti grafici italiani della Val Padana fra Milano e Venezia, come Giorgione, Andrea Mantegna, Leonardo da Vinci e Lorenzo Lotto.
Il dibattito religioso e spirituale come substrato culturale delle opere di Dürer, il suo rapporto con la committenza attraverso l’analisi della ritrattistica, dei soggetti mitologici, delle pale d’altare, la sua visione della natura e dell’arte tra Classicismo e Anticlassicismo, la sua figura di uomo e le sue ambizioni d’artista.
Per tutte le informazioni visitate il sito ufficiale della mostra !

sabato 24 febbraio 2018

"John Ruskin. Le pietre di Venezia" a Palazzo Ducale

John Ruskin. Le pietre di Venezia
Palazzo Ducale, Venezia 10 marzo - 10 giugno 2018
A cura di Anna Ottavi Cavina
Cosa sarebbe il mito di Venezia senza John Ruskin?
Personaggio centrale nel panorama artistico internazionale del XIX secolo, scrittore, pittore e critico d’arte, Ruskin (1819-1900) ebbe un legame fortissimo con la città lagunare, alla quale dedicò la sua opera letteraria più nota, Le pietre di Venezia: uno studio della sua architettura e un inno alla bellezza, unicità e fragilità della città. Capace di influenzare fortemente l’estetica del tempo con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura, Ruskin torna ora a Venezia, nei luoghi della sua ispirazione; torna a Palazzo Ducale, edificio emblematico che esplorò a lungo da angolazioni diverse: taccuini, acquarelli, rilievi architettonici, calchi in gesso, albumine, platinotipi.
Ad accoglierlo la sequenza di sale e loggiati tante volte raffigurati, ove la scenografia di Pier Luigi Pizzi dà risalto alle presenze architettoniche e scultoree della Venezia gotica e bizantina, medievale e anticlassica che egli tanto amava. Voluta da Gabriella Belli quale tributo alla conoscenza e al mito di Venezia, la mostra è curata da Anna Ottani Cavina: prima presentazione a tutto campo, in Italia, dell’opera di un artista che “ha valicato ogni confine in nome di una visione interdisciplinare, praticata quando il termine ancora non c’era”.
Non potendo dare conto della complessità di Ruskin e del suo genio versatile in tanti e diversi campi, la rassegna si articola attorno acento sue opere che documentano la vocazione dell’artista a tradurre in immagini la realtà, fissando su migliaia di fogli, a penna e acquerello, “l’instancabile tentativo di comprendere il mondo”. “Lo sguardo colorato di Ruskin – scrive Ottani Cavina – sarà una rivelazione per il pubblico italiano, poiché è Ruskin il più grande acquarellista dell’età vittoriana”. Monito per la salvezza di Venezia, la mostra vuole dunque essere anche una sfida a celebrare John Ruskin come grande e singolare pittore, al di là del suo eclettismo e della sua stessa determinazione a privilegiare la parola scritta.
La città, l’architettura, i maestri veneziani, la tensione a esplorare la natura – fra curiosità e immaginazione – sono i leitmotiv di questo incontro con i dipinti di Ruskin che, da critico militante, si batté per la modernità, riconoscendo in particolare la forza rivoluzionaria della pittura di Turner: artista ricordato in mostra con alcune sue straordinarie raffigurazioni della città lagunare, come Venezia, Punta della Dogana e Santa Maria della Salute prestato dalla National Gallery di Washington e Venezia, cerimonia dello Sposalizio del mare dalla Tate di Londra.
Oltre al viaggio in Italia e alla fascinazione di Ruskin per la natura – con una serie di acquarelli che privilegiano il tema della montagna e i paesaggi della penisola – il cuore dell’esposizione è appunto il rapporto dell’artista con Venezia. Questo legame, coltivato nell’arco di una vita a partire dal primo incontro a sedici anni e alimentato in undici viaggi tra il 1835 e il 1888, è esplicitato sotto diversi punti di vista (Studi di nuvole, Tramonti, Pleniluni, Scorci della laguna, Studi dai grandi pittori veneziani: Carpaccio, Veronese, Tintoretto) ma essenzialmente verte sul tema cruciale della “natura del gotico”, con la sua riscoperta e celebrazione.

Il testo di riferimento è il magnifico libro The Stones of Venice (1851-1853, 3 volumi), al quale si aggiungono le scenografiche tavole in folio degli Examples of the Architecture of Venice, pubblicate negli stessi anni, e St. Mark’s Rest, nato come revisione de Le pietre di Venezia ma divenuto una guida della città “per i pochi viaggiatori che ancora hanno a cuore i suoi monumenti”.
Le opere esposte giungono da grandi musei di tutto il mondo: uno dei meriti della mostra, se si considera che nelle collezioni pubbliche italiane non sono conservati lavori di Ruskin. Infine, ad accompagnare il visitatore in questo affascinante viaggio, c’è anche una selezione dei Venetian Notebooks (taccuini di schizzi, misurazioni, piante, spaccati e fittissimi appunti), manoscritti di Ruskin per The Stones of Venice (frammenti di carta azzurra mai prima esposti, conservati alla Morgan Library di New York), alcune prime edizioni a stampa, dagherrotipi, foto storiche di Venezia e dipinti emblematici a confronto con gli studi che Ruskin, a Venezia, aveva tratto da essi.

mercoledì 21 febbraio 2018

Nell’anno del Signore 517 Verona al tempo di Ursicino

Nell’anno del Signore 517
Verona al tempo di Ursicino
Crocevia di uomini, culture e scritture

Sabato 17 febbraiomercoledì 16 maggio 2018

Il primo agosto del 517, chino sul suo scrittoio, in un silenzio che immaginiamo afoso per la vicinanza delle acque dell’Adige, il chierico Ursicino finiva di scrivere un libro per la cattedrale veronese. Nel farlo, con un gesto che pochi praticavano in quei tempi, ci mise la firma e la data. Poi, quel libro con le vite di Martino, vescovo di Tours, e di Paolo, monaco nella Tebaide, finì sullo scaffale: libro tra i libri, unico tra molti altri pezzi unici.
Cosa c’è di straordinario, dunque, nella storia di questo libro “ordinario”? Semplice: c’è che la grandissima parte dei libri scritti più di mille e cinquecento anni fa in Occidente è scomparsa da secoli: roghi, allagamenti, censure, bombardamenti, sottrazioni dolose, razzie e furti hanno fatto il loro indifferente lavoro di distruzione. Il libro di Ursicino, assieme agli altri che gli si sono depositati accanto, invece, no. La sede in cui ancora oggi sono conservati, dalla quale non si sono mai mossi, li ha salvati da ciascuno di quegli agenti di distruzione e li ha portati fino a noi.
Queste schegge del nostro comune (seppure remoto) passato sono in qualche modo dei viaggiatori del tempo, dei sopravvissuti più unici che rari (questo è davvero il caso di dirlo), pronti a far sentire la propria voce da distanze millenarie, a raccontare in modo appassionante, più che documentare con tono neutro, la storia che li ha generati.
Ciascuno di quei libri, anzi, ha una sua storia da raccontare di quel secolo, il VI (il 501 e il 600 sono gli estremi “ufficiali), che vide la fine definitiva dello “stato” romano e lo sforzo creativo di inventarsi un’alternativa nel bel mezzo di un inedito “scontro di civiltà”.
Il libro di Ursicino
Per ricordare e celebrare i mille e cinquecento anni del libro di Ursicino, la Biblioteca Capitolare ha deciso di dissigillare questi millenari superstiti, esporli e lasciare che le loro storie incontrino nuovi ascoltatori. Perché? Beh, perché queste storie raccontano da un’angolazione unica com’è fatto il mondo in cui viviamo e cosa esso può, in determinate condizioni, diventare.
Un’occasione da non perdere per conoscere il passato direttamente dalla “voce” degli oggetti che lo hanno attraversato, capire il presente che essi hanno contribuito a costruire e immaginare uno almeno dei futuri possibili che ci attendono.
Biglietti, orari e visite guidate
La Biblioteca Capitolare si trova a Verona, in Piazza Duomo numero 19
Orari di apertura al pubblico (ingresso mostra senza guida)
Da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 12.30
Biglietto € 5,00
Ingresso gratuito fino ai 14 anni
Orari di apertura al pubblico (con visita guidata)
Sabato dalle ore 16.00 alle 18.00*
Domenica dalle ore 10.00 alle 13.00*
Biglietto € 10,00 (ingresso mostra con guida + entrata libera al museo e al chiostro del Capitolo dei Canonici)
Ingresso gratuito fino ai 14 anni
*visita guidata ogni 45 minuti. La prenotazione non è obbligatoria, ma dà diritto alla priorità d’accesso.
Biglietti gruppo scolastico
€ 4,00 a partecipante per gruppi scolastici di almeno 15 persone.
Prenotazione obbligatoria.
Per info e prenotazioni: info@capitolareverona.it 045 8538071 – 388 5758902
dal lun. al giov. Dalle 8.00 alle 17.00, venerdì dalle ore 8.00 alle 12.00
Per maggiori informazioni e visitare il sito dedicato alla mostra clicca qui !

lunedì 19 febbraio 2018

In loco ubi dicitur Vicolongo

E’ una mostra che guarda indietro nel passato, quella ospitata presso la sala Expo del Polo Artistico Culturale di Novi di Modena. La mostra racconta, mediante reperti e immagini, la storia di un antico insediamento che le carte d’archivio chiamano “Vicus Longus” nell’alto Medioevo e poi, a partire circa dal Mille, Santo Stefano. L’area dove sorse il villaggio, già frequentata in età romana, è posta al confine tra Novi di Modena e Concordia sulla Secchia. Dal gennaio 2016 il sito è tutelato da un vincolo ministeriale, poiché conserva una consistente stratificazione archeologica in ottimo stato.
La mostra sarà aperta da sabato 24 febbraio a mercoledì 25 aprile 2018 presso il PAC – Polo Artistico Culturale – in via G. di Vittorio, 30 a Novi di Modena, ogni giovedì dalle 10.00 alle 12.30, sabato e festivi dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00. L’ingresso è gratuito, per informazioni rivolgersi in biblioteca 0596789220.
Per maggiori info sulla mostra clicca qui

venerdì 16 febbraio 2018

Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia

Nel 2018 2200 anni lungo la Via Emilia, il programma culturale organizzato in occasione della ricorrenza dei 2200 anni dalla fondazione romana di Modena, Parma e Reggio Emilia, aggiunge alle celebrazioni una mostra di archeologia a Bologna sul medioevo emiliano-romagnolo. Il capoluogo regionale, infatti - da sabato 17 febbraio a domenica 17 giugno 2018 - ospita al Lapidario del Museo Civico Medievale l'esposizione "Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia" a cura di Sauro Gelichi (Professore Ordinario di Archeologia Medievale, Dipartimento Studi Umanistici, Università Ca’ Foscari Venezia) e di Luigi Malnati (Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara).
La mostra, promossa da Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara in collaborazione con Istituzione Bologna Musei | Musei Civici d'Arte Antica, intende offrire una panoramica del territorio regionale attraverso quasi un millennio di storia, dalla Tardantichità (IV-V secolo) al Medioevo (inizi del Trecento). L’Emilia-Romagna, infatti, fornisce una prospettiva di ricerca privilegiata per la comprensione di fenomeni complessi che investono non solo gli aspetti politici, sociali ed economici, ma la stessa identità culturale del mondo classico nella delicata fase di passaggio al Medioevo.
Il percorso espositivo si articola in sei sezioni tematiche. La I sezione è incentrata sul tema della Trasformazione delle città, ossia sull’evoluzione dei centri di antica fondazione in rapporto ai cambiamenti socio-economici e all’organizzazione delle nuove sedi del potere (laico ed ecclesiastico).
La II sezione, imperniata sulla Fine delle ville, prende in esame l’insediamento rurale di tipo sparso, già tipico delle fattorie di età romana.
I grandi mutamenti e, in particolare, l’ideologia funeraria di VI-VII secolo, caratterizzano la III sezione dedicata a Nuove genti, nuove culture, nuovi paesaggi: in tale periodo l’Emilia-Romagna consente di rilevare la sostanziale continuità tra età romana e gota - Parma, Imola (ricco corredo da Villa Clelia), Bentivoglio (Bologna) - e la forte differenziazione tra territori soggetti ai Longobardi (Emilia) e ai Bizantini (Romagna, qui rappresentata da Faenza e da Rimini).
Allo sfarzo di alcuni manufatti afferenti alle sepolture fanno riscontro i pochi materiali recuperati nei contesti urbani regionali – Fidenza (Parma), Rimini e Ravenna - della IV sezione dedicata a Città ed empori nell’alto Medioevo. All’opposto, spicca per vitalità e capacità economiche il più grande emporio del nord Italia nel secolo VIII, Comacchio (Ferrara), strategico centro lagunare aperto, in cui l’acqua gioca il ruolo fondamentale di via di comunicazione, trasporto e smistamento di merci e di beni mediterranei destinati alle terre del Regno longobardo.

Con la V sezione Villaggi, castelli, chiese e monasteri: la riorganizzazione del tessuto insediativo vengono evidenziate le nuove forme d’insediamento (VIII-XIII secolo), quali i castelli, i villaggi di pianura, talvolta fortificati, i borghi franchi, le chiese rurali, perfettamente integrate nella rete itineraria e il ruolo dei monasteri, incaricati del perpetuarsi della memoria dei defunti e della trasmissione della cultura.
Il racconto termina ciclicamente - grazie alla VI sezione incentrata su Dopo il Mille: la rinascita delle città, con il ritorno al tema dell’evoluzione dei centri urbani, studiati nella nuova fase di età comunale: Parma e Ferrara (di cui sono esposti oggetti di straordinario valore, perché conservati nonostante la deperibilità del materiale, il legno), Rimini e Ravenna, caratterizzate da rinnovato dinamismo e Bologna, rappresentata dalla più antica croce viaria lapidea (anno 1143), recuperata nel 2013 sotto il portico della chiesa di Santa Maria Maggiore (via Galliera).
Le storie dell’Emilia-Romagna si concludono a Bologna con altri eccezionali rinvenimenti dall’ex Sala Borsa e dalla chiesa di San Giacomo Maggiore, edificio alla sommità del quale sono stati recuperati - dalla collocazione originaria - i bacini (piatti) in maiolica databili agli inizi del XIV secolo. In quest’ultimo caso, oltre alla testimonianza di una vocazione decorativa specificamente programmata e realizzata a Bologna, emerge la figura emblematica del ritratto, in uno di questi contenitori, di frate Simone, identificabile molto probabilmente con l’omonimo sindaco del convento di San Giacomo.
Medioevo svelato, che allarga il raggio di azione del progetto complessivo a tutta l'Emilia-Romagna offre una particolare promozione per il pubblico legata alla Card Musei Metropolitani Bologna: grazie a una convenzione tra i Comuni di Bologna, Modena, Parma e Reggio Emilia, i possessori della Card avranno diritto all'ingresso con biglietto ridotto alle mostre Mutina splendidissima (Modena, Foro Boario, 26 novembre 2017 - 8 aprile 2018) e On the road. Via Emilia 187 a.C. - 2017 (Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, 24 novembre 2017 - 1 luglio 2018). Reciprocamente, i possessori di biglietto delle due esposizioni di Modena e Reggio Emilia avranno diritto alla riduzione sul titolo d'ingresso per la mostra al Museo Civico Medievale di Bologna.
La partnership attivata al di fuori dall'area metropolitana di Bologna permette di rendere effettiva, anche grazie alla comunicazione e informazione congiunta di tutte le iniziative del progetto 2200 anni lungo la Via Emilia, l'idea di rete culturale e di museo diffuso sul territorio che è alla base della Card Musei Metropolitani, abbonamento annuale che consente l'accesso illimitato alle collezioni permanenti e offre riduzioni per le mostre temporanee dei musei aderenti al circuito. 
Orari di apertura:
fino al 28 febbraio 2018
dal martedì al venerdì h 9.00 – 18.30
sabato, domenica e festivi h 10.00 – 18.30
chiuso lunedì feriali
dal 1 marzo 2018
dal martedì alla domenica h 10.00 – 18.30
chiuso lunedì feriali, 1° maggio
Ingresso:
intero € 5 | ridotto € 3 | gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese
Museo Civico Medievale
via Manzoni 4 | 40121 Bologna
tel. +39 051 2193916 / 2193930
museiarteantica@comune.bologna.it
Twitter: @MuseiCiviciBolo

domenica 4 febbraio 2018

"Templari: storia e leggenda dei Cavalieri del Tempio" a Vigevano

Dal 17 febbraio al 6 maggio 2018, presso la Seconda Scuderia del Castello Sforzesco di Vigevano, si terrà la mostra Templari: storia e leggenda dei Cavalieri del Tempio, ideata e progettata dalla Fondazione DNArt di Milano, in collaborazione con l’Ente Nazionale IdeAzione, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di Regione Lombardia e l’egida del Gran Priorato di Napoli e Sicilia - Centro Studi Melitensi.
La mostra, curata dall’Accademico dei Lincei, il professor Cosimo Damiano Fonseca, tramite l’esposizione di alcuni importanti reperti storico - artistici, racconterà il mondo templare come una grande eredità storica, partendo direttamente dal contesto di questa epoca, ricca di ombre e luci, dove il visitatore si potrà muovere in un personale viaggio di approfondimento e di scoperta.
È un’esposizione unica nel suo genere per la grandezza del tema e l’unicità di reperti che schiuderanno a ogni visitatore una serie di nuovi orizzonti d’interpretazione storica.
Grazie all’esposizione di documenti, reperti storici la mostra spiegherà la nascita, lo sviluppo, la fine e l’eredità dell’Ordine, lungo il percorso di diverse tappe storiche e le gesta dei personaggi che ne furono membri importanti.
La mostra ha anche la finalità simbolica, grazia ai reperti che la illustrano, ricchi di simboli e di metafore che formano un’eredità ancora viva, nella cultura del mondo di oggi, per una storia, quella dei Templari, diventate un’epopea, capace di chiarire molti aspetti della nostra storia contemporanea.
La nascita dell’Ordine del Tempio, infatti, fu uno degli avvenimenti chiave della storia europea, era un gruppo, per la prima volta universalmente riconosciuto, preposto per la difesa dei pellegrini, con un'idea di bene e di valori comuni e condivisi.
Il motto del Templari era la protezione dei deboli, la virtù e l’abnegazione al servizio del compimento del dovere, la subordinazione degli interessi particolari a un concetto di bene universale, che divennero in pochi anni le parole d'ordine di una comunità fondata sul coraggio e sulla cavalleria.
Molto particolare, all’interno della mostra, sarà il percorso didattico, con l’utilizzo di una serie di miniature medioevali, proporrà delle scenografie di pop-up illustrati che illustreranno ai ragazzi i momenti più famosi della storia dell’Alto Medioevo, delle Crociate e dei pellegrini.
Inoltre gli oggetti di uso religioso e cavalleresco, le cartografie, le cronologie dettagliate aiuteranno gli insegnanti a ideare un periodo storico importante e affascinante, ma al tempo stesso complesso, che attraverso la visualizzazione diretta delle sue tracce sarà in grado di affascinare e istruire grandi e piccoli.
Il biglietto d’ingresso alla mostra costerà 5 euro.

giovedì 1 febbraio 2018

Il Reliquiario di Montalto in mostra al Bargello

Il Reliquiario di Montalto
Il Museo Nazionale del Bargello ha il piacere di presentare il Reliquiario di Montalto, attribuito all’artista francese Jean Du Vivier - attivo a Parigi alla corte di Carlo V, nella seconda metà del XIV secolo -, che sarà esposto fino al 30 aprile 2018 nella Cappella della Maddalena del Museo del Bargello, su gentile concessione del Museo Sistino Vescovile di Montalto.
Il terremoto del 30 ottobre 2016 ha compromesso l’agibilità del Museo Sistino Vescovile di Montalto che conserva, come suo tesoro più prezioso, il reliquiario donato da papa Sisto V. In questa drammatica contingenza il Museo Nazionale del Bargello ha deciso di ospitare il reliquiario, rarissimo capolavoro di oreficeria medioevale, perché sia visibile anche durante i necessari lavori di restauro dell’edifico storico dove sono esposte le collezioni e perché l’attenzione del pubblico non si distolga dalla critica situazione che il sisma ha provocato nelle regioni centroitaliane.
Il reliquiario, formato da una teca centrale in oro destinata a contenere preziose reliquie, è eseguito con una tecnica preziosa e difficile, quella dello smalto ‘en ronde bosse’ che permetteva di ricoprire il metallo di colori splendenti anche nelle parti in aggetto. La lucentezza di questo materiale gareggia con quello delle gemme e delle perle.
La parte più antica in oro è attribuita al celebre orafo parigino della fine del XIV secolo, Jean Du Vivier che ha lavorato per il re di Francia Carlo V (1364-1380). Il reliquiario divenne, per la rarità del suo contenuto sacro e per l’elezione della sua forma artistica, oggetto di desiderio di sovrani, papi e cardinali passando di proprietà rapidamente dai duchi di Borgogna, a Ferdinando IV del Tirolo, a Lionello d’Este marchese di Ferrara e, tramite il gioielliere tedesco Giacomo de Goldemont, a papa Paolo II Barbo (1464-1471). Infine, papa Sisto V Peretti (1585-1590) donava il reliquiario alla cittadina marchigiana di Montalto, “sua carissima patria”.
L’esposizione mira, inoltre, a sostenere una raccolta fondi - con un crowdfunding e mettendo a disposizione nel nostro bookshop alcune pubblicazioni sul reliquiario - destinata al restauro del museo di Montalto e di altri monumenti danneggiati dal sisma, appartenenti alla rete museale dei Musei Sistini del Piceno.
Durante l’esposizione presso il Museo Nazionale del Bargello si terranno visite guidate e altre iniziative di divulgazione e approfondimento dedicate all’oreficeria sacra, di cui il reliquiario di Montalto rappresenta uno dei più alti capolavori.