Il palazzo, innanzitutto: uno degli edifici più belli e suggestivi di
via Giulia, costruito nel XVI secolo e ampliato dal Borromini a partire
dal 1638. Oggi, nel Palazzo Falconieri, si trova la sede dell' Accademia
d' Ungheria, fondata negli anni Venti del Novecento in seguito all'
acquisto dell' immobile da parte dello Stato ungherese, ed è proprio qui
che si è inaugurata venerdì 17 febbraio 2012 una delle mostre più singolari,
stando almeno al tema, della stagione. Titolo: «Le storie misteriose
della cintura di castità. Mito e realtà». Più mito che realtà, a dire il
vero. Perché gran parte della ricerca storica seria ha già dimostrato,
almeno da un quindicennio, che la storia dei crociati e d' altri uomini
che nel medioevo avrebbero garantito l' integrità delle loro donne
grazie allo strano aggeggio a metà tra strumento di tortura e feticcio
sado è, in realtà, una gran panzana. Fasulla dunque, quasi certamente,
anche la leggenda di nobildonne e aristocratiche che indossando gli
speciali mutandoni con lucchetto avrebbero evitato stupri, violenze e
filiazioni illegittime. Ma per scoprire tutti i segreti su questo tema,
per sapere se davvero la cintura fu o meno utilizzata da una Caterina dè
Medici o da un' Anna d' Austria, si può visitare questa rassegna che in
linea con la più aggiornata storiografia nega in realtà l' esistenza e
l' utilizzo della cintura di castità nel medioevo e la vulgata dei
cavalieri che si recavano in battaglia, in pellegrinaggio o alla
crociate certi così della fedeltà delle loro consorti. Fu, semmai, un
prodotto d' invenzione più tarda, sintomo di come l' età moderna a
partire dal secolo dei Lumi abbia voluto considerare la cultura del
Medioevo e del Rinascimento, poi «feticcio» trionfante in età
vittoriana, periodo pudibondo per antonomasia, e nato perciò più che
altro come strumento della fantasia. Alcuni studiosi inglesi e americani
- James Brundage, storico della sessualità esperto di Medievale,
Felicity Riddy e Albrecht Classen - ma anche l' ungherese Benedek Varga,
direttore dell' Archivio e del Museo di Storia della Medicina di
Budapest, già negli anni Novanta avevano espresso dubbi riguardo alcuni
di questi oggetti, spesso esposti anche in grandi musei del mondo in
quanto appunto cinture di castità (fu lo stesso British Museum , che dal
1846 esponeva un «originale», a ritirarlo in quel periodo dalle sue
vetrine in quanto falso storico). E Benedek Varga è anche il curatore di
questa rassegna romana, nella quale ha fatto riprodurre, con gusto
artigianale, le più famose cinture e allestito una scenografica
installazione di queste «copie di falsi», realizzata con l' intento di
rievocare il contesto immaginario in cui nasce il «mito», cercando così
di confrontarsi col pubblico anche sul problema del rapporto tra realtà
storica e pregiudizi di fantasia. Come nacque le leggenda? Come è
sopravvissuta fino a oggi? La mostra, aperta fino al 18 marzo 2012, tenta di
rispondere a queste domande. (Roma, Accademia d' Ungheria, via Giulia 1, tel.
06.6889671 e 06.68896754).
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