sabato 25 marzo 2017

"Il Vangelo secondo Giotto" a Torino

Sabato 1 aprile 2017 a Torino presso il Salone Faà di Bruno, in Via San Donato 31, verrà inaugurata la mostra Il vangelo secondo Giotto, con una fedele riproduzione fotografica in scala 1:4, delle pareti della cappella degli Scrovegni che Giotto affrescò oltre sette secoli fa, fra il 1303 e il 1305, per ordine del banchiere padovano Enrico Scrovegni.
Questa cappella è riconosciuta come l'espressione più alta dell'arte medievale e la mostra itinerante è organizzata dal Museo Francesco Faà di Bruno e dal suo Centro Studi.
Tra il 1303 e il 1305 Giotto affrescò la cappella intitolata a Santa Maria della Carità su commissione del banchiere padovano Enrico Scrovegni, concepita per accogliere lui stesso e i suoi discendenti dopo la morte e oggi nota come cappella degli Scrovegni.
Gli affreschi, dopo un accurato restauro, sono tornati all’antico splendore e mostrano la bellezza e la genialità della pittura giottesca che influenzò generazioni di artisti e mutò i canoni stilistici della pittura italiana ed europea.
Nella pittura di Giotto tutto è simbolo di Dio che si fa uomo, che egli mette in scena perché, attraverso i colori e le immagini, i fedeli possano meditare sulle storie di Maria e di Gesù.
Il ciclo pittorico della cappella sviluppa tre temi principali, divisi in dodici episodi disposti sulle pareti della navata: l’Immacolata Concezione di Maria, la sua nascita e presentazione al tempio, fino alle nozze con Giuseppe; l’infanzia e la vita pubblica di Gesù; l'apice della Redenzione, con la Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione e infine la Pentecoste.
Nello zoccolo monocromo delle due pareti si vedono le conseguenze morali di quell’avvenimento: le personificazioni dei sette vizi e delle sette virtù che conducono rispettivamente all’Inferno e al Paradiso del grande Giudizio universale dipinto sulla controfacciata.
In un periodo in cui gli artisti bizantini dipingevano Santi e Madonne idealizzati, Giotto descrisse col pennello i vari episodi della vita di Gesù raffigurando i veri protagonisti della sua storia come uomini di tutti i giorni.
Dopo i restauri del 2002, per ragioni conservative è stato ridotto a pochi minuti il tempo permesso per ammirare questo capolavoro della pittura del Trecento italiano ed europeo.
La mostra è una buona opportunità di guardare gli affreschi con il tempo necessario per cogliere la poesia iconica delle corrispondenze verticali e frontali, del simbolismo dei colori, dei numeri, delle prospettive architettoniche.
Prodotta da Itaca, società editoriale e di promozione culturale, la mostra è curata dal professor Roberto Filippetti, che da anni percorre l’Italia per introdurre bambini, giovani e adulti all’incontro con la grande arte, autore dei due volumi, editi da Itaca, dedicati alla mostra, L’Avvenimento secondo Giotto. Cappella degli Scrovegni - Padova e Il Vangelo secondo Giotto. La vita di Gesù raccontata ai ragazzi attraverso gli affreschi della cappella degli Scrovegni.
L’esposizione è ideata grazie al contributo di Regione Veneto e Consorzio Giotto Padova, in collaborazione con l’Azienda Turismo Padova Terme Euganee e con il patrocinio di Provincia di Padova, Comune di Padova e Camera di Commercio di Padova.
La mostra sarà visitabile nei giorni feriali dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18, sabato dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30, domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 19, mentre sarà chiusa a Pasqua e Pasquetta.

domenica 19 marzo 2017

"Haveria carissimo vedervi in questo habito"

Come si vestivano nel 1300 e nel 1400 gli abitanti e i frequentatori del Castello Visconteo di Pavia? Quali abiti, calzature e copricapi, quali accessori e tessuti indossavano i cavalieri e gli umanisti, le dame di corte e i castellani, i duchi e i loro ospiti illustri? Sono domande che sorgono spontanee percorrendo i loggiati e le immense sale del trecentesco castello.
La mostra "Haveria carissimo vedervi in questo habito – dettagli di moda alla corte dei Visconti e degli Sforza" in programma da domenica 19 marzo a lunedì 19 giugno 2017 prova a rispondere a queste domande, proponendo al visitatore un itinerario attraverso tre sezioni dei Musei Civici di Pavia: Bibliothec@ di corte, Pinacoteca Malaspina e Quadreria dell’Ottocento.
Questa mostra, che si disloca in tre sezioni dei nostri Musei Civici, si presenta come un percorso per suggestioni, dove lo spettatore è guidato alla scoperta di oggetti, provenienti direttamente da un passato affascinante e remoto, quali dipinti, miniature, incisioni, illustrazioni e carte da gioco, che descrivono abitudini e occasioni della vita di corte, racconti di un mondo di sfarzo e attenzione al dettaglio pregiato. Tra gli oggetti, spicca una minuscola scarpetta ritrovata durante i lavori di ristrutturazione del Castello, preziosa per la rarità del reperto, molto ben conservato, e documenti solo apparentemente aridi, come i lunghi elenchi di capi d’abbigliamento e biancheria registrati nei corredi nuziali delle spose legate alla famiglia ducale, dichiara Giacomo Galazzo, Assessore alla Cultura del Comune di Pavia.
Le tre sezioni museali corrispondono alle tre parti in cui è suddivisa la mostra: Tesori raccoglie, nell’antica sala che ospitò per più di un secolo la ricchissima Biblioteca visconteo-sforzesca, una minuscola scarpetta ritrovata durante i lavori di ristrutturazione del Castello, preziosa per la rarità del reperto, molto ben conservato, e insieme, alcuni pezzi notevoli come un tessuto con il celebre emblema del biscione visconteo, miniature francesi e un esempio dei Tarocchi cosiddetti del Mantegna.
Fonti presenta dettagli di moda come le pale d’altare, i dipinti, gli affreschi della Pinacoteca Malaspina e, oltre le opere della collezione permanente, esemplari di pregio come una copia quattrocentesca delle Cronache di Norimberga.
Visioni illustra, nella Quadreria dell’Ottocento, come i miti, le vicende, i protagonisti della storia milanese e pavese rivivano attraverso il recupero romantico, intriso di implicazioni risorgimentali. Pittori come Hayez, Faruffini, Massacra si misurano con il passato medievale e rinascimentale e ricostruiscono l’apparenza di un mondo fatto di architetture, gesti, fogge di abiti e accessori. La messa in scena richiede una regia efficace e un’attenta resa dei costumi, attraverso un linguaggio, che migra anche sulle pagine dei libri, nelle illustrazioni di romanzi storici e fiabe, e che va ad arricchire il nostro immaginario.
In occasione della mostra sono previste iniziative collaterali, quali itinerari guidati, conferenze e visite guidate gratuite per le scolaresche, che si possono prenotare presso Decumano Est: decumanoest@yahoo.it; tel. 3480624218.

giovedì 9 marzo 2017

“Hoc instrumentum scripsi ego”, mostra a Caiazzo (CE)

Lo scorso 13 dicembre, dopo un deposito di decenni presso l’Archivio di Stato di Napoli, la Diocesi di Alife-Caiazzo ha riportato a casa oltre 1000 pergamene appartenenti all’antica Diocesi di Caiazzo.
L’intero fondo comprende 1411 documenti che coprono un arco di tempo compreso tra l’anno 1007 e il 1887, oggi conservate nei locali del rinnovato Archivio storico diocesano a Caiazzo.
In una mostra allestita dal 25 marzo al 1 aprile 2017 nella Chiesa Concattedrale di Maria SS. Assunta e S. Stefano Menecillo, la Direzione dell’Archivio Storico Diocesano intende sintetizzare le dinamiche del recupero di tale patrimonio documentario – bene di notevole valore storico per la Diocesi e la città di Caiazzo, attraverso un percorso espositivo tematico in grado di trasmettere al visitatore la reale portata dei risultati raggiunti.
“Hoc instrumentum scripsi ego”: il notariato caiatino nelle pergamene dell’archivio dell’Antica Diocesi di Caiazzo è il titolo della mostra che sarà inaugurata il giorno 25 alle 11.30, e che vedrà accanto al Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo e al direttore dell’Archivio, dott. Luigi Arrigo con il suo staff, due presenze d’eccezione:  Mons Pagano dell’Archivio segreto Vaticano e il dott. Paolo Franzese, Direttore dell’Archivio di Stato di Napoli.
L’attesa per molti studiosi, cultori, o semplicemente curiosi è per alcuni documenti in particolare che richiamano devozione, fede, storia. Si tratta della Pergamena di Santo Stefano dell’anno 1007 e due documenti del conte di Alife, Rainulfo, corrispondenti a due donazioni, la prima al vescovo di Caiazzo, Orso (1117), la seconda ad un privato (1129).
L’esposizione proporrà ai visitatori il tema del notariato così come ricavabile dai documenti a disposizione, ponendo particolare attenzione al periodo riferibile alla seconda metà del XIII secolo. Le ragioni di questa scelta affondano le proprie radici nell’interesse suscitato dai documenti appartenenti a questo periodo cronologico, che evidenziano la vivacità politica e culturale di Caiazzo di quel tempo attraverso gli atti documentari di ben quattordici notai pubblici regolarmente operanti.

mercoledì 8 marzo 2017

Colosseo. Un'icona

Il Colosseo che racconta se stesso, dalle origini all'età contemporanea attraverso reperti, utensili, modelli in scala, dipinti, installazione: è la grande mostra allestita dall'8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018 nell'ambulacro del secondo ordine dell'Anfiteatro Flavio, che racconta la storia millenaria del monumento, visitato ogni anno da circa 6,5 milioni di persone. Tra capitelli riccamente decorati e vedute settecentesche, si possono scoprire anche i più recenti ritrovamenti archeologici, emersi durante l'ultima campagna di restauro, come il camminamento dei soldati a guardia della fortezza dei Frangipane, edificata dentro al Colosseo intorno al 1130.
Intitolata 'Colosseo. Un'icona', la rassegna è stata ideata e organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma in collaborazione con Electa, al fine di illustrare, a chi arriva da tutto il mondo, cosa sia stato e cosa sia diventato l'anfiteatro più grande e famoso. E' la prima in assoluto che documenti anche il periodo medievale.
La mostra è curata da Rossella Rea, Serena Romano e Riccardo Santangeli Valenzani. Progetto di allestimento di Francesco Cellini e Maria Margarita Segarra Lagunes.
Per maggiori informazioni e programma completo clicca qui

sabato 4 marzo 2017

Jheronimus Bosch e Venezia

Visioni inquietanti, scene convulse, paesaggi allucinati con città incendiate sullo sfondo, mostriciattoli e creature oniriche dalle forme più bizzarre: è questo l’universo di Jheronimus Bosch affascinante ed enigmatico pittore vissuto tra il 1450 circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch (Boscoducale) in Olanda, ricordato in occasione dei 500 anni dalla morte con due grandi mostre monografiche, rispettivamente nella città natale e al Prado di Madrid. A questo straordinario artista, Venezia, unica città in Italia a conservare suoi capolavori, dedica a Palazzo Ducale fino a domenica 4 giugno 2017 una mostra di grande fascino per il pubblico e di notevole rilevanza per gli studi, il cui punto focale sono proprio le tre grandi opere di Bosch custodite in laguna alle Gallerie dell’Accademia – due trittici e quattro tavole – riportate all’antico splendore grazie a una importante campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles: Il martirio di santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi eremiti e Paradiso e Inferno (Visioni dell’Aldilà). “Jheronimus Bosch e Venezia” co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con il patrocinio del Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona, grazie agli spettacolari capolavori boschiani e alle quasi 50 opere di contesto provenienti da importanti collezioni internazionali pubbliche e private – dipinti tra gli altri di Jacopo Palma Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini straordinari di Dürer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi antichi, preziosi e rari manoscritti e volumi a stampa – condurrà i visitatori a scoprire una città che accanto al classicismo tizianesco e al lirismo tonale inseguiva una passione dotta per il tema del sogno e le visioni oniriche; chiarirà i collegamenti tra le Fiandre e uno dei più raffinati e colti protagonisti della scena veneziana, il Cardinale Domenico Grimani che volle i capolavori dell’artista; mostrerà le connessioni di questo ambiente culturale con la cabala ebraica e la cultura giudaica in generale; rievocherà i salotti e le straordinarie collezioni che a Venezia diventavano luogo e occasione di discussioni e scambi d’opinione, di natura filosofica e morale.
L’intervento conservativo non ha solo consentito infatti una migliore leggibilità delle opere ma ha portato anche alla luce una serie di indizi fondamentali per ripensare le molte questioni sospese: sulle origini e il significato dei lavori dell’artista, sulla presenza di tali opere a Venezia ma anche sull’impatto di Bosch sull’arte italiana. Bosch e Venezia risulta dunque un capitolo chiave nell’iter ancor pieno di punti interrogativi del grande pittore fiammingo, come è spiegato con dati nuovi e inediti nel catalogo e nella mostra, curata da Bernard Aikema con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e Paola Marini. Una mostra emozionante, che tra visioni infernali, “chimere e stregozzi”, per usare le parole di Anton Maria Zanetti, ci porta a riscoprire un’arte volutamente enigmatica e una cultura figurativa assolutamente ambigua che non smette di incuriosire, di far discutere, di meravigliare. Così come sarà emozionante, alla fine del percorso, entrare virtualmente nell’opera, immergersi negli anfratti dell’Inferno e nelle luci del Paradiso grazie a un’innovativa tecnologia che permetterà – indossando gli Oculus – una visione emozionale, di grande impatto e totalmente immersiva delle Visioni dell’Aldilà di Jheronimus Bosch. In una app, tanti contributi di realtà aumentata fruibili grazie al WiFi.