Tornano a splendere gli affreschi “giotteschi” della chiesa di
Sant’Orsola in viale Lecco 125, a Como, e sono visitabili fino al
prossimo 11 dicembre 2011 al primo piano della Pinacoteca civica di Palazzo Volpi, in via Diaz 84.
La chiesa di Sant’Orsola, dall’interno barocco, ha un’origine ben più antica. Se oggi si varca l’accesso laterale alla facciata, si scopre parte di ciò che rimane della sua fase più remota e che, da poco restaurata, è stata salvata dallo stato di degrado in cui versava.
Negli anni sessanta del Novecento, dalle pareti dell’antica chiesa furono staccate e strappate alcune porzioni di affresco – delle quali è da poco terminato il restauro – rivelatesi, con il susseguirsi degli studi, pregevoli testimonianze artistiche del XIV secolo.
In Pinacoteca, in questi giorni, a far bella mostra di sé sono un Giudizio Universale e un Compianto sul Cristo deposto dalla Croce, opere, come detto, staccate dalla parete occidentale dell’antico oratorio del monastero delle benedettine Umiliate di Sant’Orsola.
Gli affreschi - che rimandano a una bottega dal sapore giottesco riminese, nota nelle nostre zone per i cantieri di Santa Maria dei Ghirli a Campione d’Italia, di Santa Maria Assunta a Brione Verzasca, sempre in Canton Ticino, e della chiesa ora evangelica di Stuls, nel Cantone dei Grigioni - hanno potuto vedere una nuova luce, grazie al contributo dell’Inner Wheel International Club di Como.
Per festeggiare i suoi primi 25 anni di vita, il sodalizio comasco ha stanziato i fondi per concludere un lavoro, iniziato oltre 40 anni fa, quando il pittore Torildo Conconi ricevette l’incarico di staccare gli affreschi di Sant’Orsola. Il lavoro fu, però, svolto dal suo collaboratore Folco Canova che, visti i ristretti spazi in cui operare, frazionò il dipinto in sette parti di varie dimensioni.
I quattro frammenti di superficie maggiore vennero tolti con la metodologia dello strappo, gli altri con la tecnica dello stacco.
I primi furono poi rimontati su un supporto di tela, gli altri ricomposti in casse lignee e annegati in una colata di gesso.
Un successivo intervento di restauro, promosso nel 1993 dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici della provincia di Como, richiese, dopo l’esecuzione di un rilievo grafico del mosaico d’insieme, la completa rimozione dei frammenti dal letto di gesso.
Dopo varie fasi di lavorazione, i frammenti furono ricomposti su un sopporto in vetroresina, costituito da tre pannelli componibili.
L’ultima fase del restauro ha visto la stesura di un intonaco neutro nelle lacune tra i frammenti, al fine di portarli allo stesso livello, prima dell’integrazione pittorica con la tecnica dell’acquerello.
Il risultato, sapientemente ottenuto nel laboratorio di restauro di Leonardo Camporini - sotto la direzione di Daniele Pescarmona, direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Lombardia - permette di apprezzare un’opera dall’indubbio valore artistico.
Come scrive, infatti, don Fausto Sangiani, parroco di Sant’Orsola, in una pagina del giornalino parrocchiale in distribuzione proprio in questi giorni, citando una segnalazione dell’ingegner Alberto Giussani di inizio Novecento, si tratta di «un affresco interessante per l’iconografia, rappresentando un giudizio universale, e anche per lo stile, risalendo ai primi anni del ’400, nonostante l’opera conservi ancora tradizioni trecentesche».
Fino all’11 dicembre 2011, come detto, gli affreschi saranno esposti a Palazzo Volpi (orari: da martedì a sabato 9.30-12.30/14-17; domenica 10-13).
Poi troveranno una futura collocazione, come spiega lo stesso parroco don Fausto Sangiani, a Sant’Orsola, visto che sono di proprietà della parrocchia che, nel frattempo, ha ultimato il restauro della ex cappella medievale delle monache.
L’intervento di restauro della chiesa ha infatti riguardato l’ex chiesa di un fiorente convento di agostiniane, attraverso la ricostruzione della volumetria dell’edificio sacro, mediante una volta in legno lamellare, trasparente alla luce artificiale.
Gli affreschi saranno collocati in uno spazio già predisposto, unitamente ad altri dipinti già restaurati in parete e ad altri che, invece, necessitano ancora di un intervento di restauro.
«Si tratta, in questo caso, di affreschi più tardi - spiega sempre don Fausto - databili alla fine del ’400 e, per i quali, ci si auspica un intervento finanziario».
La chiesa di Sant’Orsola, dall’interno barocco, ha un’origine ben più antica. Se oggi si varca l’accesso laterale alla facciata, si scopre parte di ciò che rimane della sua fase più remota e che, da poco restaurata, è stata salvata dallo stato di degrado in cui versava.
Negli anni sessanta del Novecento, dalle pareti dell’antica chiesa furono staccate e strappate alcune porzioni di affresco – delle quali è da poco terminato il restauro – rivelatesi, con il susseguirsi degli studi, pregevoli testimonianze artistiche del XIV secolo.
In Pinacoteca, in questi giorni, a far bella mostra di sé sono un Giudizio Universale e un Compianto sul Cristo deposto dalla Croce, opere, come detto, staccate dalla parete occidentale dell’antico oratorio del monastero delle benedettine Umiliate di Sant’Orsola.
Gli affreschi - che rimandano a una bottega dal sapore giottesco riminese, nota nelle nostre zone per i cantieri di Santa Maria dei Ghirli a Campione d’Italia, di Santa Maria Assunta a Brione Verzasca, sempre in Canton Ticino, e della chiesa ora evangelica di Stuls, nel Cantone dei Grigioni - hanno potuto vedere una nuova luce, grazie al contributo dell’Inner Wheel International Club di Como.
Per festeggiare i suoi primi 25 anni di vita, il sodalizio comasco ha stanziato i fondi per concludere un lavoro, iniziato oltre 40 anni fa, quando il pittore Torildo Conconi ricevette l’incarico di staccare gli affreschi di Sant’Orsola. Il lavoro fu, però, svolto dal suo collaboratore Folco Canova che, visti i ristretti spazi in cui operare, frazionò il dipinto in sette parti di varie dimensioni.
I quattro frammenti di superficie maggiore vennero tolti con la metodologia dello strappo, gli altri con la tecnica dello stacco.
I primi furono poi rimontati su un supporto di tela, gli altri ricomposti in casse lignee e annegati in una colata di gesso.
Un successivo intervento di restauro, promosso nel 1993 dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici della provincia di Como, richiese, dopo l’esecuzione di un rilievo grafico del mosaico d’insieme, la completa rimozione dei frammenti dal letto di gesso.
Dopo varie fasi di lavorazione, i frammenti furono ricomposti su un sopporto in vetroresina, costituito da tre pannelli componibili.
L’ultima fase del restauro ha visto la stesura di un intonaco neutro nelle lacune tra i frammenti, al fine di portarli allo stesso livello, prima dell’integrazione pittorica con la tecnica dell’acquerello.
Il risultato, sapientemente ottenuto nel laboratorio di restauro di Leonardo Camporini - sotto la direzione di Daniele Pescarmona, direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Lombardia - permette di apprezzare un’opera dall’indubbio valore artistico.
Come scrive, infatti, don Fausto Sangiani, parroco di Sant’Orsola, in una pagina del giornalino parrocchiale in distribuzione proprio in questi giorni, citando una segnalazione dell’ingegner Alberto Giussani di inizio Novecento, si tratta di «un affresco interessante per l’iconografia, rappresentando un giudizio universale, e anche per lo stile, risalendo ai primi anni del ’400, nonostante l’opera conservi ancora tradizioni trecentesche».
Fino all’11 dicembre 2011, come detto, gli affreschi saranno esposti a Palazzo Volpi (orari: da martedì a sabato 9.30-12.30/14-17; domenica 10-13).
Poi troveranno una futura collocazione, come spiega lo stesso parroco don Fausto Sangiani, a Sant’Orsola, visto che sono di proprietà della parrocchia che, nel frattempo, ha ultimato il restauro della ex cappella medievale delle monache.
L’intervento di restauro della chiesa ha infatti riguardato l’ex chiesa di un fiorente convento di agostiniane, attraverso la ricostruzione della volumetria dell’edificio sacro, mediante una volta in legno lamellare, trasparente alla luce artificiale.
Gli affreschi saranno collocati in uno spazio già predisposto, unitamente ad altri dipinti già restaurati in parete e ad altri che, invece, necessitano ancora di un intervento di restauro.
«Si tratta, in questo caso, di affreschi più tardi - spiega sempre don Fausto - databili alla fine del ’400 e, per i quali, ci si auspica un intervento finanziario».
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