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venerdì 1 novembre 2019

"Aquileia 2.200" al Museo dell'Ara Pacis

In occasione dei 2.200 anni dalla fondazione di Aquileia, il Museo dell’Ara Pacis ospita la mostra “Aquileia 2.200”, importante evento espositivo che intende ripercorrere le “trasformazioni” della Città nei suoi momenti storicamente più significativi, l’antica città romana, l’Aquileia bizantina e medievale, il Patriarcato e la Chiesa aquileiese, sino a giungere al periodo in cui la città fu parte dell’Impero asburgico ed infine agli anni della Prima Guerra Mondiale e del successivo dopoguerra.
Nata dalla collaborazione tra la Sovrintendenza Capitolina, la Fondazione Aquileia e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia la mostra riunisce alcune importantissime opere d’arte romana provenienti dal Museo Archeologico Nazionale - tra cui l’iconica “Testa del Vento” bronzea - e circa trenta calchi di reperti aquileiesi provenienti dal Museo della  Civiltà Romana e realizzati nel 1938 in occasione della Mostra Augustea della Romanità, laddove Aquileia era la città più rappresentata insieme a Pompei e Ostia.
Cinquanta  splendide fotografie scattate 40 anni fa dal Maestro Elio Ciol, attualmente esibite al MAMM di Mosca, saranno un importante contributo di multimedialità che renderà molto coinvolgente la visita alla mostra.

A corredo della mostra sarà proiettato in “loop” in zona appositamente attrezzata nel percorso espositivo il filmato sui primi due millenni di Aquileia realizzato da 3D Produzioni con l’apporto di materiali dell’Istituto Luce.
Oltre che celebrare i 2.200 anni di storia dell’antica città romana, la mostra vuole sottolineare l’importanza del rapporto Aquileia-Roma e la straordinaria capacità di palingenesi di una città, più volte risorta dopo invasioni, spoliazioni, guerre e terremoti, la cui esistenza ha avuto un significato non solo militare, politico ed economico per oltre due millenni, ma anche culturale e ideale nel bacino del Mediterraneo e nel rapporto tra Oriente e Occidente.
Per secoli Aquileia è stata il porto più a settentrione dell’intero Mediterraneo e ha costituito la porta d’entrata di merci, arte e idee provenienti da Nord Africa e Medio Oriente che, rielaborate e metabolizzate, da Aquileia si sono diffuse nell’Italia Settentrionale, nei Balcani e nel Noricum.
Da sabato 9 novembre a domenica 1 dicembre 2019
Tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima).

lunedì 7 gennaio 2019

FuORIpercorso”- Preziosi reperti dai depositi del “Griffo”

Fino al 24 marzo 2019 un vero e proprio viaggio nelle viscere del Museo Archeologico Regionale di Agrigento con la mostra “FuORIpercorso”- Preziosi reperti dai depositi del “Griffo”.
Il Museo si racconta dunque, al di là del percorso espositivo tradizionale, scegliendo e valorizzando alcuni tra i più significativi materiali presenti nei suoi depositi, con particolare attenzione ai reperti in oro. Aureo, per esempio, è il diadema ellenistico che apre la narrazione, decorato da foglie di quercia in lamina di squisita fattura; aureo l’anello (recentemente donato al Museo dai proprietari nel cui terreno fu scoperto) e forse appartenuto alla fanciulla agrigentina sepolta in un sarcofago litico con iscrizione (II – III sec d.C.) interrato nella necropoli romana fuori Porta Aurea; auree sono ancora, le 204 monete bizantine che compongono il tesoretto (VII sec. d.C.) scoperto in un vaso in terracotta nel 1939 nel territorio di Racalmuto. Tra i reperti, alcuni esempi di solidus considerato universalmente “il dollaro del Medioevo” perché in uso in tutto il Mediterraneo fino all’XI secolo: una moneta in oro puro istituita dall’imperatore Costantino nel IV secolo e da cui discendono sia i sistemi monetali del mondo germanico occidentale che quelli dell’Oriente islamico. Accanto ai solidi, il tesoro contiene anche monete di taglio minore: il semissis (metà del solidus), il tremissis (un terzo del solidus) e un rarissimo semi-tremissis.

sabato 24 febbraio 2018

"John Ruskin. Le pietre di Venezia" a Palazzo Ducale

John Ruskin. Le pietre di Venezia
Palazzo Ducale, Venezia 10 marzo - 10 giugno 2018
A cura di Anna Ottavi Cavina
Cosa sarebbe il mito di Venezia senza John Ruskin?
Personaggio centrale nel panorama artistico internazionale del XIX secolo, scrittore, pittore e critico d’arte, Ruskin (1819-1900) ebbe un legame fortissimo con la città lagunare, alla quale dedicò la sua opera letteraria più nota, Le pietre di Venezia: uno studio della sua architettura e un inno alla bellezza, unicità e fragilità della città. Capace di influenzare fortemente l’estetica del tempo con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura, Ruskin torna ora a Venezia, nei luoghi della sua ispirazione; torna a Palazzo Ducale, edificio emblematico che esplorò a lungo da angolazioni diverse: taccuini, acquarelli, rilievi architettonici, calchi in gesso, albumine, platinotipi.
Ad accoglierlo la sequenza di sale e loggiati tante volte raffigurati, ove la scenografia di Pier Luigi Pizzi dà risalto alle presenze architettoniche e scultoree della Venezia gotica e bizantina, medievale e anticlassica che egli tanto amava. Voluta da Gabriella Belli quale tributo alla conoscenza e al mito di Venezia, la mostra è curata da Anna Ottani Cavina: prima presentazione a tutto campo, in Italia, dell’opera di un artista che “ha valicato ogni confine in nome di una visione interdisciplinare, praticata quando il termine ancora non c’era”.
Non potendo dare conto della complessità di Ruskin e del suo genio versatile in tanti e diversi campi, la rassegna si articola attorno acento sue opere che documentano la vocazione dell’artista a tradurre in immagini la realtà, fissando su migliaia di fogli, a penna e acquerello, “l’instancabile tentativo di comprendere il mondo”. “Lo sguardo colorato di Ruskin – scrive Ottani Cavina – sarà una rivelazione per il pubblico italiano, poiché è Ruskin il più grande acquarellista dell’età vittoriana”. Monito per la salvezza di Venezia, la mostra vuole dunque essere anche una sfida a celebrare John Ruskin come grande e singolare pittore, al di là del suo eclettismo e della sua stessa determinazione a privilegiare la parola scritta.
La città, l’architettura, i maestri veneziani, la tensione a esplorare la natura – fra curiosità e immaginazione – sono i leitmotiv di questo incontro con i dipinti di Ruskin che, da critico militante, si batté per la modernità, riconoscendo in particolare la forza rivoluzionaria della pittura di Turner: artista ricordato in mostra con alcune sue straordinarie raffigurazioni della città lagunare, come Venezia, Punta della Dogana e Santa Maria della Salute prestato dalla National Gallery di Washington e Venezia, cerimonia dello Sposalizio del mare dalla Tate di Londra.
Oltre al viaggio in Italia e alla fascinazione di Ruskin per la natura – con una serie di acquarelli che privilegiano il tema della montagna e i paesaggi della penisola – il cuore dell’esposizione è appunto il rapporto dell’artista con Venezia. Questo legame, coltivato nell’arco di una vita a partire dal primo incontro a sedici anni e alimentato in undici viaggi tra il 1835 e il 1888, è esplicitato sotto diversi punti di vista (Studi di nuvole, Tramonti, Pleniluni, Scorci della laguna, Studi dai grandi pittori veneziani: Carpaccio, Veronese, Tintoretto) ma essenzialmente verte sul tema cruciale della “natura del gotico”, con la sua riscoperta e celebrazione.

Il testo di riferimento è il magnifico libro The Stones of Venice (1851-1853, 3 volumi), al quale si aggiungono le scenografiche tavole in folio degli Examples of the Architecture of Venice, pubblicate negli stessi anni, e St. Mark’s Rest, nato come revisione de Le pietre di Venezia ma divenuto una guida della città “per i pochi viaggiatori che ancora hanno a cuore i suoi monumenti”.
Le opere esposte giungono da grandi musei di tutto il mondo: uno dei meriti della mostra, se si considera che nelle collezioni pubbliche italiane non sono conservati lavori di Ruskin. Infine, ad accompagnare il visitatore in questo affascinante viaggio, c’è anche una selezione dei Venetian Notebooks (taccuini di schizzi, misurazioni, piante, spaccati e fittissimi appunti), manoscritti di Ruskin per The Stones of Venice (frammenti di carta azzurra mai prima esposti, conservati alla Morgan Library di New York), alcune prime edizioni a stampa, dagherrotipi, foto storiche di Venezia e dipinti emblematici a confronto con gli studi che Ruskin, a Venezia, aveva tratto da essi.

mercoledì 23 agosto 2017

Voci dalle Pietre

VOCI DALLE PIETRE
Abbazia di Pomposa
18 agosto - 17 settembre 2017
Epigrafi funerarie variamente decorate, lastre con fregi floreali, un clipeo con il busto di una divinità classica e altro ancora, proveniente dai territori ravennati e veneti, che furono murati nella fabbrica della Cattedrale, dove, successivamente, furono trasferiti da Voghenza arredi sacri di manifattura orientale e dove alcuni sarcofagi ravennati divennero arche per illustri personaggi della comunità locale.
Il numero delle "antichità" ferraresi si accrebbe poi con arrivi più recenti, quali il sarcofago portato dalla capitale nel palazzo delle Poste Italiane e il cippo funerario donato all'Università di Ferrara.
Un'esposizione fotografica che mira a presentare e far conoscere le "antichità" romane e bizantine conservate nel territorio ferrarese.
L’esposizione – curata da Fede Berti, Franco Cazzola, Francesco Guaraldi, Michele Pastore e Aniello Zamboni –  con le fotografie e con il commento che accompagna queste “pietre”, spesso parlanti in virtù delle epigrafi che le corredano, intende rinnovare l’interesse su “pezzi” dal complesso e forse oggi da troppo tempo dimenticato significato storico e culturale.
Abbazia di Pomposa - Refettorio
Orario: martedì-domenica dalle 8.30 alle 19.30. Chiuso lunedì.
Sabato 9 settembre 2017 alle ore 17,00 presso il Palazzo della Ragione gli autori illustreranno la mostra. Seguirà visita guidata.
Brindisi offerto da Corte Madonnina.

mercoledì 20 gennaio 2016

"Voci dalle pietre. Manufatti romani e bizantini" in mostra a Ferrara

Voci dalle Pietre, esposizione fotografica di marmi romani e bizantini finalizzata a presentare e a far conoscere le "antichità" romane e bizantine che Ferrara conserva: vi confluirono a partire dal momento in cui sorse la cattedrale.
Epigrafi funerarie variamente decorate, lastre con fregi floreali, un clipeo con il busto di una divinità classica e altro ancora, proveniente dai territori ravennati e veneti, furono murati nella nuova fabbrica.
Successivamente, vi furono trasferiti da Voghenza arredi sacri di manifattura orientale e alcuni sarcofagi ravennati divennero arche per illustri personaggi della comunità locale.
La Chiesa e l'Antiquaria (si veda, ad esempio, la stele di Aelia Regilla e L. Annius Decoratus, appartenuta al Baruffaldi, scoperta in Ferrara durante i lavori per la costruzione del castello, ora nel civico lapidario) furono i principali trait d'union con il passato.
Il numero delle "antichità" ferraresi si accrebbe con "arrivi" più recenti, quali il sarcofago portato dalla capitale nel palazzo delle Poste Italiane e il cippo funerario donato all'Università di Ferrara.
E' quindi giunto il momento di richiamare nuovamente l'attenzione su questi pezzi ripresentandoli alla città con una mostra fotografica e con alcuni incontri di approfondimento e di aggiornamento. Nel periodo compreso tra gennaio e marzo sul contenuto dell'esposizione e per una più incisiva conoscenza delle "antichità" e dei monumenti nei quali talune di esse sono murate; saranno tenute cinque conferenze con relatori, oltre all'arcivescovo di Ferrara-Comacchio Luigi Negri, gli studiosi Stella Patitucci, Sauro Gelichi, Paola Porta, Stefano Bruni.
La mostra, con le fotografie e con il commento che accompagna queste "pietre", spesso parlanti in virtù delle epigrafi che le corredano, intende rinnovare l'interesse su "pezzi" dal complesso e forse oggi da troppo tempo dimenticato significato storico e culturale.
L'esposizione si compone di 19 pannelli; in 17 sono presentate le 17 "pietre". Negli altri 2 pannelli, in uno viene presentata la pianta della città e il percorso che, partendo dalla cattedrale, consente di raggiungere gli edifici nei quali le varie "pietre" sono conservate e visibili: il Lapidario civico, Palazzo di Renata di Francia, basilica di S. Francesco, chiesa soppressa di S. Apollonia, monastero di S. Giorgio, Museo della Cattedrale, Palazzo delle Poste Italiane; e nell'altro i promotori della mostra: l'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, il Capitolo della Cattedrale, il Comune di Ferrara, l'Associazione Ferrariae Decus, la Deputazione Ferrarese di Storia Patria, il Polo Museale Emilia Romagna Ferrara, il Comune di Voghiera.
La mostra verrà inaugurata venerdì 22 gennaio 2016 alle h. 17,30 nel Palazzo Municipale di Ferrara (Salone d'Onore), e resterà aperta fino a venerdì 19 febbraio 2016; successivamente, sarà visibile prima nel Palazzo di Ludovico il Moro, sede del Museo Archeologico Nazionale e poi nel Comune di Voghiera.
Coordinatori della mostra sono la dott.ssa Fede Berti, il prof. Franco Cazzola, il dott. Francesco Guaraldi, l'arch. Michele Pastore, il dott. Aniello Zamboni.

mercoledì 29 luglio 2015

"L'eredità di Bisanzio" in mostra a Bellagio (CO)

Apre al pubblico sabato 8 agosto 2015 a Bellagio (CO), nella medioevale cornice de la Torre delle Arti, “L’Eredità di Bisanzio”, la più vasta esposizione, in termini di provenienza geografica e varietà stilistica, di icone bizantine e post-bizantine dell’ecumene cristiana che conta 100 opere, datate dalla metà del XIV agli inizi del XX sec., di molteplici provenienze diverse (Italia, Grecia - Creta, Corfù, Isole Ionie -, Balcani, Bulgaria, Serbia, Romania - Valacchia, Transilvania, Moldavia -, Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, Siria e Palestina), in mostra fino a domenica 23 agosto 2015.
Annunciata, in occasione della mostra, anche la straordinaria scoperta di una rarissima icona firmata da Doménikos Theotokópoulos, meglio conosciuto come El Greco, raffigurante San Demetrio, la più integra delle uniche tre icone, sinora conosciute, di questo straordinario artista, genio del ‘500. L’opera, proposta da una piccola società d’asta francese come post-bizantina, si è rivelata autografa di El Greco grazie ad approfondite indagini diagnostiche, commissionate dal fortunato collezionista tedesco a Mariella Lobefaro, che ha ideato e curato questa originale mostra coinvolgendo il prof. Puppi, considerato il più grande conoscitore del periodo italiano del El Greco, nelle sue ricerche che completano quelle storico-artistiche svolte fin da 1963 dallo studioso sull’arte veneto-cretese. Il prof. Puppi introdurrà a Bellagio questa importante icona, firmata dal Theotokópoulos, che sarà poi presentata nella mostra di Treviso, El Greco in Italia, Metamorfosi di un Genio, in programma a Casa dei Carraresi dal 24 ottobre al 10 aprile prossimi, il più importante evento europeo sulla giovinezza de El Greco.
L’icona rimarrà, eccezionalmente esposta il weekend dell’8 agosto, ma anche in seguito a disposizione di ogni storico dell’arte accreditato per essere visionata*.
L’evento unico e straordinario, a entrata gratuita, è un progetto promosso dal Comune di Bellagio e dall’Associazione Torre delle Arti di Bellagio che si pone come obiettivo la promozione della conoscenza delle icone cristiane, contestualizzandole storicamente e geograficamente e ampliando, quindi, il ventaglio dei paesi di provenienza, i periodi storici di appartenenza e la meravigliosa varietà di tecniche e stilemi che le contraddistingue.
La mostra è il frutto di oltre 30 anni di studi e ricerche da parte della Curatrice della mostra, Mariella Lobefaro, restauratrice e una delle massime esperte di icone antiche in Italia, a cui va il merito di essere riuscita a riunire in uno stesso luogo un numero incredibile di opere d’arte, grazie ai rapporti privilegiati instaurati con collezionisti europei nel corso degli anni.
Un’occasione irripetibile che porterà il visitatore, in un viaggio spazio temporale, attraverso la scoperta dell’affascinante mondo delle icone, spiegando come Bisanzio, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, sia di fatto la “culla” dell’iconografia canonica stabilita nel VII Concilio Ecumenico quando la Chiesa era indivisa, e come il Sacco di Costantinopoli (nome assunto da Bisanzio nel 330 d.C. sotto il dominio dell’imperatore Costantino), il saccheggio della Capitale Bizantina da parte dei Crociati nel 1204, abbia portato non solo alla “diaspora” delle più importanti opere d’arte, ma anche alla successiva fusione della nascente arte figurativa medioevale con lo stile bizantino, preludio dell’arrivo del gotico in Europa.
Andrea Ritzos, Madre di Dio Odighitria, Seconda metà del XV sec

A simbolo di questa tesi, l’opera n.0 della mostra è la “Vergine della Tenerezza”, una rara scultura della seconda metà del XIII secolo, proveniente dall’Ile de France, raffigurante una Madonna che abbraccia teneramente il Bambino Gesù in una postura inedita per l’allora tradizione stilistica romanica, guancia a guancia, ma tipica della tradizione bizantina. Grazie a un affascinante scritto in prosa realizzato appositamente per l’evento dall’artista Piero Crida, l’opera sarà la silente testimone del cruciale passaggio dallo stile romanico al gotico, così come dimostra anche una monumentale icona del XVIII secolo esposta in mostra, opera derivante dalla famosa “Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir”, icona costantinopolitana del XII secolo, Palladio della Russia, e una delle più famose icone giunte sino a noi.
Durante il percorso, il visitatore potrà usufruire di un catalogo multimediale, accessibile da smartphone e iPad, che, attraverso pillole di storia, di letteratura e di tecnica artistica, ci racconterà come, per esempio, anche il più piccolo dettaglio di una icona, se ingrandito di 10 volte, è perfetto come se fosse stato dipinto a grandezza naturale, oppure i segreti che si celano dietro le diverse tecniche di doratura.
Aneddoti che ci faranno comprendere, attraverso la straordinaria bellezza delle opere in mostra, perché il loro mito è ancora così vivo e il loro collezionismo è un fenomeno che non accenna a diminuire.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00. Venerdì e sabato anche dalle 21,00 alle 23,00.
*le richieste per visionare l’icona “San Demetrio” possono essere inoltrate all’Associazione Culturale Icone: Ricerca e Conoscenza: icone.ricerca@fastwebnet.it

venerdì 20 febbraio 2015

“Bizantini e Longobardi, culture e territori in una secolare tradizione” a S. Giovanni di Persiceto

Sabato 21 febbraio 2015 alle ore 12.30 nella sala consiliare del comune di San Giovanni in Persiceto (BO) e nell’adiacente androne sarà inaugurata la mostra “Dal Baltico all’Emilia. Il Dna dei Partecipanti di San Giovanni in Persiceto rivela tracce di antiche migrazioni germaniche” con testi di Davide Pettener e Alessio Boattini dell’Università di Bologna (aperta fino al 18 aprile 2015 da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 19 e sabato dalle 8.30 alle 13). In questa sede sono esposti pannelli che illustrano le ricerche condotte negli ultimi quattro anni dall’Università di Bologna sul dna dei partecipanti di Persiceto unitamente alle indagini genealogiche curate dal Consorzio dei Partecipanti in collaborazione con l’Università. Da studi ed analisi sono emerse tracce di dna di probabile origine scandinava, giunto nei nostri territori con le migrazioni germaniche.
I dettagli di questa interessante scoperta saranno svelati dal professor Alessio Boattini durante l’incontro in programma sempre sabato mattina, prima dell’inaugurazione della mostra: alle ore 10 nelle Sala del Consiglio del Municipio di Persiceto si terrà infatti il primo dei due incontri del ciclo “Per conoscere i Bizantini” a cui interverranno Igor Santos Salazar (Università degli studi di Trento) che parlerà di “Beni fiscali e il castrum Persiceta nel secolo VIII” e Alessio Boattini (Università degli studi di Bologna) che presenterà “Dal Baltico all’Emilia. Il Dna dei Partecipanti di San Giovanni in Persiceto rivela tracce di antiche migrazioni germaniche”.
Successivamente ci si sposterà nella vicina Chiesa di Sant’Apollinare per l’inaugurazione della seconda mostra dal titolo “Segni sulle terre. Confini di Pianura tra Modena e Bologna” tesa ad illustrare i confini dei nostri territori di pianura, fra bolognese e modenese, attraverso pannelli storici esplicativi, materiale cartografico (XV-XIX), ma anche documenti rari e preziosi come il “Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis” (830 o 846) di Andrea Agnello, sacerdote di Ravenna della metà del secolo IX, pervenuto in copia del XV secolo (e giunto a noi in due sole copie manoscritte). Anche questa mostra rimarrà aperta fino al 18 aprile il sabato dalle ore 16 alle 19 e la domenica e festivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.
Nell’ambito di “Bizantini e longobardi, culture e territori in una secolare tradizione” si susseguiranno poi tante altre conferenze che si terranno, oltre che a Persiceto anche a Modena, Nonantola, Sant’Agata Bolognese e Spilamberto.
“Bizantini e Longobardi, culture e territori in una secolare tradizione” è il titolo della seconda edizione del ciclo culturale triennale “Il confine che non c’è. Bolognesi e modenesi uniti nella terra di mezzo” promosso dall’Archivio di Stato di Modena, dal Comune di Persiceto e dal Consorzio dei Partecipanti del Comune di Persiceto. Dopo la prima edizione dello scorso anno, dedicata all’Inquisizione, si passa ora ad analizzare il rapporto tra Bizantini e Longobardi, le due etnie culturali che, fronteggiandosi per oltre un secolo sull’antico corso del Panaro (Scoltenna), attuale confine tra Modena e Bologna, hanno influito sulla fissazione di tale asse confinario, favorendo lo sviluppo di tradizioni culturali diverse sui due versanti, a est i Bolognesi in aree di tradizioni bizantine, a ovest i Modenesi in aree di tradizioni longobarde.
Info dettagliate sul programma completo: Archivio di Stato di Modena, tel. 059.230549, as-mo@beniculturali.it, oppure www.comunepersiceto.it, Urp del Comune di San Giovanni in Persiceto, n. verde 800.069678.

mercoledì 2 luglio 2014

"Petala Aurea" in mostra a Chianciano Terme (SI)

Ori bizantini e longobardi nelle terre di Siena. La mostra Petala aurea (“petali d’oro”, in riferimento alle decorazioni a sbalzo in lamina dorata) aprirà i battenti venerdì 4 luglio 2014 alle ore 18.00 nel Museo Civico Archeologico di Chianciano Terme, presentando al pubblico circa cinquanta opere provenienti dalla collezione privata del Professor Luigi Rovati, appassionato collezionista di monete e reperti altomedievali.
Fino a domenica 28 settembre 2014, gli spazi del museo, già scrigno prestigioso capace di narrare la storia dei popoli etruschi, verranno arricchiti da rari pezzi di oreficeria dei maestri bizantini e longobardi, in un affascinante dialogo “multiculturale” con la collezione del museo.
La mostra, promossa e realizzata da Rottapharm|Madaus in collaborazione con Comune di Chianciano Terme e Fondazione Musei Senesi, propone una raffinata selezione di croci d’ambito longobardo e lamine sagomate di cultura bizantina, prevalentemente databili al VI e VII secolo e realizzate attraverso la lavorazione di sottili lamine e foglie d’oro, quindi utilizzate per decorare manufatti in legno, osso o avorio (come cassette o reliquiari), in cuoio (come cinture o borse) oppure tessuti (come abiti cerimoniali, coperte di uso liturgico, o infine sudari e veli funebri). Un repertorio iconografico che varia dai semplici motivi geometrici e vegetali, alle figure umane e animali, che perfettamente si raccorda alla collezione del museo e, in particolare, a un corredo funebre longobardo, fino ad oggi conservato nei depositi, rinvenuto pochi anni fa nel territorio di Chianciano Terme.
L’inaugurazione della mostra prevista per le ore 18.00 sarà preceduta, alle ore 17.30, dalla presentazione dei lavori di ristrutturazione, adeguamento e arredo del museo, del laboratorio di restauro e di Villa Simoneschi, ubicata sul lato opposto del museo, che insieme costituiscono il PACT ovvero il Polo Archeologico di Chianciano Terme: un complesso museale unico e completato grazie ad ARCUS Spa in collaborazione con Fondazione Musei Senesi.
5 luglio 2014 - 28 settembre 2014 - Inaugurazione 4 luglio ore 18.00
Museo Civico Archeologico – Chianciano Terme (SI)
Orari: aperto dal martedì alla domenica ore 10-13/16-19, chiuso il lunedì.
Ingresso libero incluso nel biglietto di accesso al museo (5 € intero, 4 € ridotto, gruppi 2,50 €)
Informazioni: tel. 0578 30471; 0577 530164