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sabato 17 giugno 2023

Tacuinum sanitatis: Dalla Cura della Terra alla Salute del Corpo e dell’Anima

Sabato 17 giugno 2023 presso il chiostro del Complesso Monumentale di San Francesco (via Santa Maria, 10) a Cuneo, inaugura “Tacuinum sanitatis: Dalla Cura della Terra alla Salute del Corpo e dell’Anima”, esposizione di miniature trecentesche ingrandite che descrivono le proprietà mediche di spezie e cibi, ma anche stagioni, eventi naturali e moti dell’animo, riportando i loro effetti sul corpo umano e il modo per correggerli. Elena Modena, curatrice dell’esposizione insieme a Maurizio Tuliani, fondatrice del Centro Studi Claviere e docente all’Università Ca’ Foscari, presenterà i preziosi contenuti dei Tacuinum sanitatis, evidenziandone l’attualità dei temi. La mostra è stata realizzata con il sostegno della Provincia di Treviso. Il Tacuinum documenta un altissimo livello di interconnessione culturale, in una fase storica di scambievoli incroci di civiltà fra mondo greco, arabo, latino, ebraico‐cristiano. Il suo sguardo a tutto pieno, laico, che pone l’uomo al centro della vicenda cosmica, precorre, se consideriamo lo snodarsi della cultura occidentale, l’età della rinascenza.
A seguire alla tradizione antica precristiana, l’attenzione alla salute anche psichica trova forti radici nell’alto Medioevo, che riconducono alle sottili riflessioni sul tema proposte dai Padri della Chiesa e dai monaci del deserto, per trovare poco dopo il Mille ulteriore elaborazione negli scritti di Corrado di Hirsau, Ugo di san Vittore, Ildegarda di Bingen, in particolare entro il tema del contrasto tra vizi e virtù letto in chiave psicologico‐comportamentale.
Nel Tacuinum, lo sguardo aperto alle esigenze del corpo e dell’anima, che arriva a includere le emozioni, il movimento fisico, la musica in ogni sua forma pratica, mantiene questa visione armonica della creatura umana, fatta di evidente complessità, basata a sua volta su intrecci di equilibri soggetti a cambiamento con il mutare delle stagioni, dei venti, dell’età, dell’alimentazione, delle dinamiche relazionali e sociali.

Intento della mostra, oltre a far noti i preziosi contenuti e l’oggettiva bellezza di una fonte storica splendidamente conservata, è di restituirne un’immagine vibrante, tuttora carica di senso e utilmente spendibile perché il nostro esistere si elevi in consapevolezza e, se possibile, in qualità. L’esplicita sintesi concettuale che il Tacuinum consente è il presupposto saldo per la creazione di ponti logici e insieme intuitivi, archi di un immaginario costruttivo su cui viaggia la trasmissione del sapere radicata nella natura, di cui siamo conformati. Significativamente, il titolo del codice sia originario in lingua araba, Taqwīm al-sihha, sia nella trasposizione in latino medioevale, Tacuinum sanitatis, condividono le stesse iniziali della locuzione trasmissione del sapere. Oggi le scienze e le neuroscienze vanno dimostrando, con la strumentazione di cui dispongono, antiche conoscenze di natura empirica, acquisite con l’ascolto e l’osservazione e verificate entro il concreto vissuto. La rassegna è prodotta e organizzata da Maestro Società Cooperativa di Cuneo con il patrocinio del Comune di Cuneo e il sostegno del Ministero della Cultura, Fondo Unico per lo Spettacolo e Fondazione CRC. Per informazioni e per conoscere il programma completo è possibile consultare il sito www.modulazioni.net, le pagine Fb (www.facebook.com/modulazioni.net) e IG (www.instagram.com/modulazioni) o scrivere a info@modulazioni.net.

 

giovedì 2 marzo 2023

Trésors enluminés de Suisse

Ci sono le lamentele di uno scrivano infreddolito all’interno della sua officina, appuntate come note a margine di un testo, e c’è la richiesta di uno scriba che invoca la benedizione a fine lavoro. E poi le maledizioni contro eventuali ladri, le tracce dei denti di un topo e quelle di un incendio che ha colpito il monastero dove il manoscritto era custodito.
Su tutto, i colori brillanti, le miniature potenti, di una raffinatezza rara, che racchiudono un sapere antico e che si apprestano a regalare al pubblico un viaggio nel cuore del Medioevo attraverso una selezione dei manoscritti miniati realizzati tra il III e il XVI secolo, provenienti da oltre 15 biblioteche svizzere e molti dei quali mai esposti al pubblico.
Da venerdì 3 marzo a domenica 9 luglio 2023 c’è un motivo in più per visitare la Fondation Martin Bodmer di Cologny (Ginevra) e il suo museo sotterraneo progettato da Mario Botta.

La nuova mostra temporanea della Fondazione, dal titolo Trésors enluminés de Suisse, svela al grande pubblico una selezione dei più preziosi manoscritti medievali conservati in Svizzera e inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco. Ci sono i manoscritti a sfondo sacro e liturgico delle opere devozionali in arrivo dall'abbazia di San Gallo (Stiftsbibliothek) - che vanta una delle biblioteche monastiche più importanti e antiche al mondo, inscritta dal 1983 tra i primi siti del patrimonio mondiale dell'Unesco - e c’è l’universo laico delle opere letterarie, filosofiche e scientifiche della Fondazione Martin Bodmer di Cologny, splendidamente miniate. Grazie alla mostra il visitatore si troverà di fronte a testi che racchiudono la saggezza e le tradizioni, ma anche il vivere quotidiano superbamente illustrato dai maestri miniatori. Grazie a una serie di prestiti del Musée d'art et d'histoire di Ginevra (MAH), gli ospiti della mostra potranno anche apprezzare gioielli e oggetti in voga nel Medioevo, come la scrivania portatile trecentesca con scene di amore cortese, un paio di guanti e un bacinetto - una sorta di casco che si portava sotto l'elmo per difendere la testa quando questo veniva temporaneamente tolto - realizzato sul finire del Trecento a proveniente dal nord Italia.
La mostra si potrà visitare dal martedì alla domenica dalle 14,00 alle 18,00. Ogni primo mercoledì del mese sarà aperta dalle 14,00 alle 21,00.

mercoledì 20 ottobre 2021

Esposizione straordinaria del Liber figurarum di Gioacchino da Fiore a Reggio Emilia

Drago dell'Apocalisse (draco magnus)
Il Liber figurarum, un rarissimo codice miniato medievale, sarà protagonista assoluto al Museo Diocesano di Reggio Emilia venerdì 22 ottobre 2021 dalle ore 17.30 alle ore 19, in via Vittorio Veneto 6. L’esposizione straordinaria al pubblico è promossa dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi e dall’Associazione Città di Reggio. L’ingresso e le visite guidate sono gratuiti. Sua Eccellenza il Vescovo Massimo Camisasca sarà presente e disponibile ad alcune domande sull’Abate Gioacchino da Fiore.
C’è chi crede che la storia umana sia percorsa da simmetrie ricorrenti, personalità e circostanze che si ripresentano nei secoli; il Liber figurarum ha la pretesa coraggiosa (e oltraggiosa) di fissarle sulla carta, varcando con l’inchiostro e un pensiero tanto originale quanto profondo la precarietà e i dolori di un’epoca per noi lontana, nel tentativo di intravedere l’eterno e il rinnovamento finale dell’umanità.
Dante lo tenne presente nello scrivere la Divina Commedia e cita nel Paradiso il suo autore come “il calavrese abate Gioacchino / di spirito profetico dotato”; Michelangelo si rifece alle stesse geometrie nell’affrescare la Cappella Sistina e Cristoforo Colombo lo ricorda nei suoi diari. Innumerevoli altri artisti, scultori e pensatori ne furono e sono tuttora influenzati.
Il Liber figurarum è la summa illustrata del pensiero di Gioacchino da Fiore, un teologo del dodicesimo secolo di enorme importanza nel pensiero occidentale. Convinto che la storia umana si potesse dividere in tre “regni” corrispondenti alle tre Persone della Trinità, tramite immagini enigmatiche e complesse tentò di intravedere i contorni della terza era, da lui ritenuta imminente, che avrebbe purificato l’umanità e portato termine a ogni dolore. La sua tensione profetica è ricca di sete di rinnovamento ed esercita un fascino immutato attraverso i secoli.
Questo codice, una delle tre copie esistenti al mondo (le altre sono a Oxford e Dresda), è una delle più belle e importanti raccolte della teologia medievale. Le immagini (figurae) furono disegnate da Gioacchino in tempi diversi e poi radunate nel Liber a cui diedero il nome.
In occasione di questa esposizione sarà possibile conoscere anche tutte le altre attività e proposte dell’Associazione Città di Reggio.

venerdì 28 maggio 2021

Dante e la miniatura a Bologna al tempo di Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese

Il Museo Civico Medievale di Bologna aderisce alle celebrazioni per il Settimo Centenario della morte del Sommo Poeta con il progetto espositivo Dante e la miniatura a Bologna al tempo di Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese, visibile da venerdì 28 maggio a domenica 3 ottobre 2021.
 

La mostra - curata da Massimo Medica, responsabile Musei Civici d'Arte Antica di Bologna, nonché curatore della preziosa esposizione Le Arti al tempo dell'esilioallestita nella Chiesa di San Romualdo a Ravenna fino all'8 settembre 2021, secondo grande appuntamento del ciclo espositivo Dante. Gli occhi e la mente, promosso dal Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura e dal MAR Museo d'Arte della città di Ravenna in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi – presenta 14 codici miniati riconducibili alla produzione miniatoria bolognese tra seconda metà del XIII e inizi del XIV secolo, selezionati dal patrimonio collezionistico di assoluto pregio del Museo Civico Medievale di Bologna.
Richiamandosi al rapporto, intenso e fecondo, che Dante Alighieri ebbe in vita con la città di Bologna, le ragioni della mostra muovono dallo sguardo curioso e dalla attenta sensibilità critica che egli dovette rivolgere verso le arti figurative, di cui dimostrò di essere a conoscenza nei più importanti sviluppi coevi al suo tempo.
Come è noto Dante soggiornò a Bologna in più occasioni: una prima volta probabilmente intorno al 1286-87, quando forse frequentò, come “studente fuori corso”, l'Università. Più prolungato dovette essere invece il secondo soggiorno, che vide il poeta trattenersi in città per almeno due anni, dal 1304 al 1306. Dopo avere lasciato Verona, e poi Arezzo, Dante ricercava ora nella scrittura e nello studio il motivo del suo riscatto che l'avrebbe risollevato dall'ignominia dell'esilio, iniziato nel 1302. Ed è probabile che in queste circostanze avesse scelto proprio Bologna come possibile nuova meta, atta a garantirgli le necessarie risorse per vivere e anche per studiare e scrivere. 
Una presenza che dovette consentirgli di entrare in contatto con alcuni di quei luoghi deputati alla produzione e alla vendita dei libri, dove probabilmente aveva avuto notizia dello stesso miniatore Oderisi da Gubbio di cui racconta l'incontro, tra i superbi, nell'XI canto del Purgatorio: «Oh!», diss'io lui, «non se’ tu Oderisi,/ l'onor d’Agobbio e l'onor di quell'arte/ ch'alluminar chiamata è in Parisi?»/ «Frate», diss'elli, «più ridon le carte/ che pennelleggia Franco Bolognese;/ l'onore è tutto or suo, e mio in parte.
Ed è in particolare in questo canto, spesso oggetto di riflessioni da parte degli storici dell'arte, a lasciar trapelare l'interesse del poeta per le discipline pittoriche e per l'arte della decorazione miniata del libro. Le terzine lasciano infatti intuire i rapporti del poeta con il mondo della produzione libraria ai più alti livelli, che non doveva limitarsi alla conoscenza personale dell'eugubino, come testimoniato dal riferimento all'enluminure parigina e all'altro miniatore Franco Bolognese, dimostrando come il sapere artistico di Dante fosse aggiornato, e non limitato solo alle figure più note di Cimabue e Giotto, ma anche edotto su un'arte più esclusiva ed elitaria come quella del minio. 
Oderisi da Gubbio risulta in effetti documentato a Bologna tra gli anni sessanta e settanta del Duecento, il che induce a credere che egli avesse operato nell'ambito della miniatura locale del cosiddetto primo stile - una scuola tradizionale ancora legata allo stile bizantino - le cui caratteristiche ritornano, come documentano alcuni dei codici esposti, nella stesura rapida e corsiva, giocata su una gamma assai limitata di colori (ufficio del tempo, ms. 511; antifonario del tempo, ms. 513; lezionario, ms. 514; antifonario del tempo, ms. 515; antifonario del tempo, ms. 516; collettario, ms. 612). 
A questa prima fase dovette seguire più tardi una diversa e più aggiornata corrente di stile capace di rinnovare, nel ricorso ad una sintassi figurativa legata ai modelli della tradizione bizantina, il carattere delle decorazione dei codici bolognesi in una direzione goticizzante. 
Questa ulteriore corrente, definita secondo stile, ebbe come protagonista il cosiddetto Maestro della Bibbia di Gerona, nome che gli deriva da una sontuosissima Bibbia oggi conservata alla Biblioteca Capitolare di Gerona. Come risulta dai graduali da lui miniati per la chiesa di San Francesco (mss. 526,527) la sua attitudine a confrontarsi con i modelli più colti della cultura ellenistico-bizantina rivive nelle cadenzate euritmie che caratterizzano le varie figurazioni, ripensate si direbbe direttamente sugli esempi della miniatura di età paleologa, ma anche antecedenti collegabili alla rinascenza macedone. Il tutto interpretato con una verve ed una vitalità, anche cromatica, di sapore tutto occidentale, tale da presupporre un confronto anche con le coeve novità della pittura monumentale, ben documentate a Bologna negli anni del più antico soggiorno di Dante, dalla Maestà che Cimabue eseguì per la chiesa dei Servi. 
Ed è forse a questo cambiamento che Dante allude nella Commedia quando dopo avere fatto riferimento ad Oderisi da Gubbio parla appunto dell'altro miniatore, il fantomatico Franco Bolognese “l'onor è or tutto suo, e mio in parte”, come del resto potrebbe lasciare intendere anche l'ambientazione del poema nell'anno 1300, quando sicuramente Oderisi era già defunto. 
I riflessi di questo stile aulico si possono cogliere in buona parte dei codici miniati a Bologna tra la fine del Duecento e i primissimi anni del Trecento (graduale, ms.521; antifonario, ms.529, antifonario ms.532, matricola dei Merciai del 1303, ms.629) dove tuttavia appare crescente anche l'adesione ad un ritmo narrativo di stampo ormai gotico che in taluni casi sembra già presupporre la conoscenza di certi modelli giotteschi. 
In occasione del primo giorno di apertura al pubblico, venerdì 28 maggio 2021 alle ore 17.00 il curatore Massimo Medica conduce una visita guidata.
Prenotazione obbligatoria entro le h 13.00 del giorno stesso, telefonando ai numeri  051 2193916 / 2193930.
Costo di partecipazione compreso nel biglietto di ingresso al museo. 
Info, prenotazioni e modalità di pagamento: www.museibologna.it/arteantica 
È inoltre previsto un calendario di quattro visite animate pomeridiane rivolte al pubblico adulto, a cura di “Senza Titolo” S.r.l., che saranno arricchite da letture tratte dalla Divina Commedia e dalle opere di studiosi e letterati di fama mondiale che si sono occupati di Dante e dell'arte del suo tempo: 
venerdì 18 giugno h 17.00; venerdì 9 luglio h 17.00; venerdì 17 settembre h 17.00; venerdì 1 ottobre h 17.00. 
Costo: € 6 a partecipante + biglietto museo, pagamento possibile tramite bonifico o Paypal. 
Prenotazione obbligatoria entro le h 13.00 del giorno in cui è prevista la visita animata. 
Info, prenotazioni e modalità di pagamento: www.senzatitolo.net. 
Lo svolgimento delle attività è subordinato all'evolversi delle disposizioni governative in merito all'emergenza sanitaria in corso.

venerdì 29 maggio 2020

Schifanoia e Francesco del Cossa. L’oro degli Estens

Riapre Palazzo Schifanoia, anche se parzialmente, dopo il restauro architettonico post sisma grazie al quale il Salone dei Mesi e gli appartamenti del duca Borso offriranno una nuova esperienza di visita immersiva ed emozionale.
Per l'occasione è stata allestita l’esposizione "Schifanoia e Francesco del Cossa. L’oro degli Estensi" (2 giugno13 settembre 2020), una raccolta di opere di pertinenza dei Musei di Arte Antica connesse alla figura di Borso e una significativa selezione di “ospiti” legati all'Officina ferrarese.
Un viaggio tra le medaglie di Pisanello, le sculture di Domenico di Paris e di Guido Mazzoni, i colori dei miniatori estensi e dei pittori attivi nel – o influenzati dal – Salone dei Mesi, in confronto serrato con il protagonista di questo straordinario capolavoro: Francesco del Cossa (c. 1430-1478).
La visita alle sale avverrà secondo modalità previste per la prevenzione e il contenimento del virus Covid-19 nei seguenti orari di apertura:
dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19 (chiusura biglietteria alle 18.30) - Chiuso il lunedì. Info, biglietti e orari https://bit.ly/Schifanoia.

martedì 9 aprile 2019

"Il Rinascimento parla ebraico" mostra a Ferrara

Apre al MEIS di Ferrarra da venerdì 12 aprile a domenica 15 settembre 2019 la mostra Il Rinascimento parla ebraico, a cura di Giulio Busi e Silvana Greco.
L’esposizione affronta uno dei periodi cruciali della storia culturale della Penisola, decisivo per la formazione dell’identità italiana, svelandoci un aspetto del tutto originale, quale la presenza degli ebrei e il fecondo dialogo culturale con la cultura cristiana di maggioranza.
Opere pittoriche come la Sacra famiglia e famiglia del Battista (1504-1506) di Andrea Mantegna, la Nascita della Vergine (1502-1507) di Vittore Carpaccio e la Disputa di Gesù con i dottori del Tempio (1519-1525) di Ludovico Mazzolino, Elia e Eliseo del Sassetta, dove spuntano a sorpresa significative scritte in ebraico. Manoscritti miniati ebraici, di foggia e ricchezza rinascimentale, come la Guida dei perplessi di Maimonide (1349), acquistato dallo Stato italiano meno di un anno fa. O l’Arca Santa lignea più antica d’Italia, mai rientrata prima da Parigi, o il Rotolo della Torah di Biella, un’antichissima pergamena della Bibbia ebraica, ancora oggi usata nella liturgia sinagogale.
Nel Rinascimento gli ebrei c’erano ed erano in prima fila, attivi e intraprendenti. A Firenze, Ferrara, Mantova, Venezia, Genova, Pisa, Napoli, Palermo e ovviamente Roma. A periodi alterni accolti e ben visti, con un ruolo non secondario di prestatori, medici, mercanti, oppure oggetto di pregiudizio. Interpreti di una stagione che racchiude in sé esperienze multiple, incontri, scontri, momenti armonici e brusche cesure. Il MEIS racconta per la prima volta questo ricco e complesso confronto, grazie anche alla coinvolgente scenografia concepita dai progettisti dello Studio GTRF Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni.
Ricostruire tale intreccio di reciproche sperimentazioni significa riconoscere il debito della cultura italiana verso l’ebraismo ed esplorare i presupposti ebraici della civiltà rinascimentale. E significa ammettere che questa compenetrazione non è sempre stata sinonimo di armonia, né di accettazione priva di traumi, ma ha comportato intolleranza, contraddizioni, esclusione sociale e violenza ai danni del gruppo ebraico, impegnato nella difficile difesa della propria specificità.
Con questa nuova narrazione il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara segna un passaggio cruciale della propria offerta al grande pubblico. Non solo perché la mostra costituisce un ulteriore capitolo del racconto dell’ebraismo italiano (dopo quello sui primi mille anni, oggi trasformato in prima parte del percorso permanente), ma anche perché questa nuova sezione tocca il cuore della missione del MEIS: testimoniare il dialogo complesso ma possibile, talvolta fruttuoso, pur non privo di ombre, tra minoranza e maggioranza. Una lezione preziosa che l’Italia raccoglie dalla sua storia per offrirla al presente, a un’Europa sempre più multiculturale e chiamata a interrogarsi sulle proprie radici.
Il Rinascimento parla ebraico è organizzato dal MEIS, con il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Ferrara, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - UCEI e della Comunità ebraica di Ferrara.
Sponsor: Intesa Sanpaolo, Fondazione Ebraica Marchese Cav. Guglielmo De Levy, TPER, Leonardo, Coop Alleanza 3.0, Bonifiche Ferraresi.
La mostra può essere visitata fino a domenica 15 settembre 2019, dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00. Negli stessi orari sono attivi il bookshop e i laboratori didattici.Biglietto intero: € 10,00; ridotto: € 8,00 (dai 6 ai 18 anni compresi, studenti universitari e possessori di MyFE Card); gruppi da minimo 15 persone: € 6,00 (ogni 20 paganti, un accompagnatore entra gratis); famiglie composte da almeno 1 adulto e 1 minore tra i 6 e i 14 anni: € 6,00; università e scuole (minimo 15 persone, da lunedì a venerdì): € 5,00 (2 docenti o accompagnatori gratuiti per ogni gruppo); ingresso gratuito: bambini sotto i 6 anni, diversamente abili al 100% con un accompagnatore, giornalisti e guide turistiche con tesserino, membri ICOM e militari in divisa.
Il biglietto è valido per tutto il percorso espositivo (mostre sui primi mille anni di ebraismo italiano e sul Rinascimento), per lo spettacolo multimediale Con gli occhi degli ebrei italiani, per Lo Spazio delle Domande, il Giardino delle Domande e il docufilm Eravamo Italiani sui sopravvissuti italiani alla Shoah.
Catalogo bilingue Silvana Editoriale.

mercoledì 20 marzo 2019

Iste liber est. Codici miniati da Polirone alla Teresiana

Le sale monumentali della Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova da giovedì 21 marzo a venerdì 3 maggio 2019 ospitano una raffinata esposizione dedicata ai codici miniati polironiani dall’XI al XV secolo. Focus della mostra sono le miniature contenute nei manoscritti provenienti dallo scriptorium e dalla biblioteca del monastero di S. Benedetto in Polirone e dal 1797, a seguito delle soppressioni monastiche napoleoniche, conservati presso la storica Biblioteca di Mantova.
Il progetto prevede l’esposizione di 34 codici miniati, tutti appartenenti al Fondo di manoscritti medievali della Biblioteca Teresiana. Si tratta di un nucleo di manoscritti di valore inestimabile per organicità, antichità, aspetti testuali e artistici e oggetto di profondo e sistematico interesse da parte di studiosi italiani e stranieri. Il percorso espositivo si articolerà in tre sezioni che, partendo dalla nascita dello scriptorium benedettino, guideranno il visitatore attraverso le varie fasi del suo sviluppo nei secoli, ricostruendo gli scambi di codici e il contesto in cui si sono verificati, per ripercorrere la memoria della straordinaria storia culturale e spirituale di quello che fu, dall’XI al XVIII secolo, uno dei più prestigiosi monasteri europei.
Tra i capolavori esposti si potranno ammirare le ricche illustrazioni dello Psalterium Davidicum (ms. 340), che risale agli anni tra l’XI e il XII secolo; le sfarzose miniature del Missale (ms. 441) risalente al XII secolo, a testimonianza della grandezza della comunità religiosa; l’importante Breviarium polironianum (ms. 142), realizzato nel 1449, che contiene la prima versione ufficiale del nuovo breviario della Congregazione di Santa Giustina, dal complesso programma iconografico.
La cura scientifica della mostra è affidata alla prof.ssa Giuseppa Z. Zanichelli, docente di Storia della Miniatura e dell’Arte Medievale presso l’Università di Salerno, che da oltre trent’anni studia il fondo polironiano con specifica attenzione alle miniature. La mostra verrà corredata da un catalogo illustrato, a cura della Biblioteca Teresiana all’interno della collana “Teche”. Il catalogo, pubblicato da Publi Paolini editore, presenterà un percorso di ricerca sulla miniatura polironiana con saggi introduttivi di Giuseppa Z. Zanichelli, Paolo Golinelli e Corrado Corradini e schede di catalogo di Roberta Benedusi.
La contemporanea conclusione dei complessi lavori di catalogazione scientifica dell’intero Fondo dei manoscritti polironiani della Biblioteca Teresiana permetterà di presentare al pubblico e agli studiosi interessati anche la pubblicazione del terzo e ultimo volume del catalogo dei manoscritti polironiani a cura di Corrado Corradini, Paolo Golinelli e Giuseppa Z. Zanichelli, per le edizioni Pàtron di Bologna.
Per il programma completo della mostra in formato PDF clicca qui !

sabato 13 ottobre 2018

Vesperbild alle origini della Pietà di Michelangelo

Da sabato 13 ottobre 2018 a domenica 13 gennaio 2019, le Sale dell’Antico Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco di Milano ospiteranno la mostra ‘Vesperbild. Alle origini delle Pietà di Michelangelo’.
Il percorso si propone di illustrare la fortuna italiana del tema del Vesperbild, immagine del vespro, che in Italia prende il nome di Pietà, e i diversi snodi e gradi dello sviluppo di questa iconografia, a partire dai primi esempi nordici fino ad arrivare all’interpretazione classicheggiante fornita da Michelangelo nella Pietà vaticana, di cui in mostra sarà presente il calco, e destinata a condizionare la percezione del tema nei secoli a venire.
La mostra curata da Antonio Mazzotta, Università degli Studi di Milano, e Claudio Salsi, Direttore Area Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici del Comune di Milano, con la collaborazione di Agostino Allegri, Università degli Studi di Milano, e Giovanna Mori, Conservatore responsabile Museo della Pietà Rondanini – Michelangelo, propone una raccolta di ventiquattro opere d’arte di differenti tipologie, sculture, dipinti, disegni, incisioni, miniature, provenienti da importanti istituzioni internazionali, come il Musée du Louvre, il British Museum, il Victoria and Albert Museum e la Liebieghaus di Francoforte sul Meno; oltre che da rilevanti istituzioni italiane e milanesi quali la Biblioteca Trivulziana e il Museo Poldi Pezzoli.
Il percorso espositivo progettato da Andrea Perin è articolato in tre sezioni e intende raccontare la storia del Vesperbild attraverso quasi due secoli, dalle sculture lignee della valle del Reno del ‘300 fino alla Pietà vaticana di Michelangelo (1497-1499): un’interpretazione del Vesperbild in grado di segnare in modo determinante le declinazioni future del tema iconografico, a cui i posteri faranno riferimento in modo assoluto, nei caratteri e nelle fattezze.
In mostra sono presenti opere di grandi artisti italiani quali Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Cosmé Tura, Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti, Giovanni Bellini, Perugino e, per la prima volta, viene esposta al pubblico la Pietà di Vittore Carpaccio, oggi in collezione privata.
Interessante è il tema del “ritorno alle origini” testimoniato dalla presenza della ‘Pietà Rondanini’ nel Museo a lei dedicato adiacente alla mostra: con quest’opera di Michelangelo si assiste alla volontà del maestro di tornare, sul finire della sua vita, all’espressività delle più antiche forme del Vesperbild.
Tutte le informazioni sul sito ufficiale della mostra.

mercoledì 7 marzo 2018

Carlo Magno va alla guerra

La mostra Carlo Magno va alla guerra, allestita nella Corte Medievale di Palazzo Madama dal 29 marzo al 16 luglio 2018, presenta per la prima volta in Italia il rarissimo ciclo di pitture medievali del Castello di Cruet (Val d’Isère, Francia), una testimonianza unica della pittura del Trecento in Savoia.
Dopo una prima tappa a Ginevra nel 2017, l’esposizione giunge con importanti novità a Torino grazie alla collaborazione tra il Museo Civico d’Arte Antica di Torino e il Musée Savoisien di Chambery, nell’ambito delle iniziative della Rete internazionale di musei appartenenti ai territori originariamente parte del ducato di Savoia.
A Torino la mostra, grazie alla curatela di Simonetta Castronovo, conservatore di Palazzo Madama, rivolge particolare attenzione all’arredo e alla vita di corte nei castelli di Piemonte e Valle d’Aosta nel 1300, con opere provenienti da Torino, Moncalieri, Montaldo di Mondovì (Cuneo), San Vittoria d’Alba (Cuneo) e Quart (Aosta).
Le pitture murali provengono dal castello di Cruet, proprietà dei signori de la Rive, vassalli di Amedeo V di Savoia (1285-1323). Lunghe complessivamente oltre 40 metri, sono state staccate dalle pareti della dimora savoiarda nel 1985 per ragioni conservative e, dopo un restauro concluso nel 1988, sono da allora esposte presso il Musée Savoisien di Chambery.
Il ciclo rappresenta episodi tratti da una celebre chanson de geste, il Girart de Vienne di Bertrand de Bar-sur-Aube, composta nel 1180 e dedicata alle vicende di un cavaliere della corte di Carlo Magno. Raffigura pertanto scene di caccia nella foresta, battaglie, duelli, l’assedio a un castello, l’investitura feudale, la raffigurazione di un banchetto, accanto ad episodi narrativi specifici di questo poema cavalleresco.
Presentate in sequenza in Corte Medievale, le pitture ricostruiscono idealmente la decorazione della sala aulica del castello di Cruet grazie a uno scenografico allestimento realizzato dall’architetto Matteo Patriarca con Gabriele Iasi e Studio Vairano.
Accanto a queste straordinarie pitture, la mostra presenta una cinquantina di opere provenienti dalle collezioni di Palazzo Madama e da altre istituzioni, con pezzi mai esposti prima al pubblico. Essi arricchiscono il percorso consentendo di immaginare la vita nei castelli medievali della contea di Savoia tra 1200 e 1300. Sculture, mobili, armi, avori, oreficerie, codici miniati, ceramiche, vasellame da tavola, cofanetti preziosi, monete e sigilli documentano i tanti aspetti dell’arte di corte e della cultura materiale dell’epoca.
Il percorso espositivo si articola in dieci sezioni tematiche: Le pitture murali di Cruet, che racconta la storia dell’edificio e la delicata operazione di stacco degli affreschi; I committenti attivi all’epoca, come Amedeo V conte di Savoia e Filippo principe d’Acaia, attraverso l’esposizione di preziosi documenti duecenteschi; La guerra, i tornei e la caccia,  con spade, speroni, punte di freccia e di lancia, ad evocare le armature dei cavalieri medievali, mentre un rarissimo corno in avorio (olifante) richiama le battute di caccia al cervo e al cinghiale, passatempo preferito dell’aristocrazia; Interni gotici, con testimonianze di mobilio medievale; Poemi e romanzi cavallereschi, con codici e pagine miniate; Le spese di corte illustrate da un rotolo pergamenaceo con la contabilità dei conti di Savoia, affiancato ad alcune monete d’argento emesse durante il regno di Amedeo V e Aimone di Savoia; Gli oggetti preziosi e i giochi,  con cofanetti in cuoio e legno dipinto, pettini e specchi figurati in avorio e alcuni giochi da tavola per adulti (gli scacchi, il tris) e bambini (le bambole in terracotta); La tavola del principe, con oggetti in uso nella mensa dei castelli; La devozione privata con sculture sacre provenienti dalle cappelle dei castelli della Valle d’Aosta; I santi cavalieri, con sculture lignee e avori raffiguranti i santi venerati nel Medioevo, come san Vittore e sant’Eustachio.
L’esposizione rafforza quella sinergia tra Palazzo Madama e i musei francesi, che ha già consentito nel 2016 di realizzare la mostra dedicata agli smalti del Cardinale Guala Bicchieri in collaborazione con il Musée de Cluny di Parigi.
La mostra è, infatti, frutto dell’importante collaborazione con il Musée Savoisien di Chambéry, col quale Palazzo Madama lavora stabilmente dal 2001. I due musei appartengono entrambi alla Rete Sculpture dans les Alpes, circuito internazionale di istituzioni accomunate dall’appartenenza ai territori facenti originariamente parte del ducato sabaudo, costituitasi quindici anni fa per promuovere progetti di ricerca condivisi. Della rete fanno parte anche il Museo del Tesoro della Cattedrale di Aosta, la Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, il Museo Diocesano di Arte Sacra di Susa, il Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra, il Musée d’Histoire du Valais di Sion, il Musée-Château di Annecy, il Musée–Monastère di Brou a Bourg-en-Bresse e la Conservation du Patrimoine della Savoie.  Un progetto volto a rafforzare le relazioni istituzionali in una Europa unita dalla cultura, della quale Carlo Magno è stato un precursore.
In occasione di questa esposizione Palazzo Madama si avvale inoltre del supporto dell’Alliance Française di Torino, che ha curato la traduzione francese dei testi in mostra.
Per tutto il periodo della mostra sono previsti vari incontri e conferenze per approfondire il tema del Medioevo cavalleresco tra Italia e Francia. Per i visitatori inoltre ci sarà la possibilità di partecipare a visite guidate, corsi di lingua francese a cura dell’Alliance Française e attività per le famiglie dedicate alla mostra.
Accompagna la mostra un catalogo scientifico edito da Libreria Geografica.

martedì 27 febbraio 2018

Tutta l'Umbria una mostra

Nel 2018 si celebrano i cento anni della Galleria Nazionale dell’Umbria, uno dei più importanti musei della nazione – fondato il 17 gennaio 1918 – che vanta una straordinaria collezione di capolavori di artisti come Duccio, Beato Angelico, Piero della Francesca, Pintoricchio, Perugino e Pietro da Cortona.
Molte sono le iniziative in programma per celebrare l’evento pensate per promuovere e valorizzare l’arte della regione, con una particolare attenzione alla raccolta della Galleria, vera e propria antologia dei vertici della scuola umbra.
La prima in ordine di tempo è l’esposizione dal titolo "Tutta l’Umbria una mostra. La mostra del 1907 e l’arte umbra tra Medioevo e Rinascimento" in programma alla Galleria Nazionale dell'Umbria da domenica 11 marzo a domenica 10 giugno 2018.
La rassegna, curata da Cristina Galassi e Marco Pierini, prende spunto dalla storica “Mostra d’antica arte umbra” del 1907, la più imponente esposizione mai organizzata nella regione, che attraverso poco meno di mille pezzi (170 dipinti, più di 30 sculture e arredi lignei e in pietra, un centinaio di manufatti di oreficeria, 300 oggetti tra paramenti sacri, tessuti e merletti antichi, 160 codici miniati e circa 200 ceramiche), contribuì a definire per la prima volta le caratteristiche della scuola umbra e i suoi tratti originali.
La mostra presenterà circa 130 opere di autori quali Arnolfo di Cambio, Gentile da Fabriano, Niccolò di Liberatore, Benozzo Gozzoli, Matteo da Gualdo, Pintoricchio e Perugino, e riproporrà, con grande impatto visivo grazie all’allestimento progettato da Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici, la sorprendente ricchezza dell’arte che fiorì in Umbria tra Medioevo e Rinascimento, mettendo parallelamente in evidenza l’evoluzione degli studi storico-critici condotti nel lasso di tempo che va dal 1907 a oggi.
L’iniziativa coinvolgerà l’intera regione, chiamata in causa per il patrimonio artistico dei musei comunali, per quello delle istituzioni ecclesiastiche e per quello di proprietà privata. Ed è proprio per questo motivo che si è deciso di riproporre, come titolo, lo slogan che fu allora efficacemente coniato: “Tutta l’Umbria una Mostra”.

lunedì 19 giugno 2017

1143: la croce ritrovata di Santa Maria Maggiore

I Musei Civici d’Arte Antica, in collaborazione con l'Arcidiocesi di Bologna, organizzano presso il Museo Civico Medievale una mostra dedicata alla croce di Santa Maria Maggiore, ritrovata nell'ottobre 2013, durante i lavori di pavimentazione del portico della chiesa. L'esposizione,  in calendario da giovedì 22 giugno 2017 a domenica 7 gennaio 2018, è curata da Massimo Medica e nasce dall'occasione di esporre per la prima volta al pubblico la croce viaria dopo il restauro eseguito da Giovanni Giannelli (Laboratorio di restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l.).
L'opera rientra nella tipologia di croci poste su colonne che venivano collocate nei punti focali della città a segnalare spazi sacri come chiese e cimiteri, o di particolare aggregazione come i trivi o i crocicchi e le piazze. Stando alla tradizione tale uso si diffuse già in epoca tardo antica a partire dalle "leggendarie" quattro croci poste a protezione della città retratta romana da sant'Ambrogio o san Petronio e oggi conservate nella basilica petroniana. È però soprattutto a paritre della nascita del Comune (1116) e con l'espansione urbanistica della città del XII e XIII secolo che si venne a sviluppare tale fenomeno. Talvolta le croci venivano protette da piccole cappelle e corredate di reliquie, di altari per la preghiera, e di tutto il necessario per la celebrazione della messa. Segno distintivo e identificativo per la città le croci segnarono lo spazio urbano fino al 1796, quando l’arrivo delle truppe napoleoniche e l’instaurazione della nuova Repubbilica, trasformarono la città e suoi simboli.
La croce ritrovata di Santa Maria Maggiore è di notevole interesse sia perché rientra tra i molti esemplari andati dispersi, sia perchè è possibile datarla
1143, grazie all’iscrizione presente nel braccio destro. L’opera si viene così a collocare tra i più antichi modelli a noi pervenuti, come quella di poco successiva degli Apostoli ed Evangelisti, detta anche di piazza di Porta Ravegnana che risale al 1159. Scolpita su entrambe le facce, la croce ritrovata presenta sul recto la figura del Cristo dal modellato assai contenuto, caratterizzato da incisivi grafismi che rilevano le fisionomie del volto e il gioco delle pieghe del panneggio.
Sul verso invece la scultura è mpreziosita da sinuosi ed eleganti tralci d’acanto, intervallati da fiori e da elementi vitinei posti a cornice della mano di Dio benedicente, ormai non più leggibile. Tali motivi decorativi richiamano modelli antichi o tardoantichi, reinterpretati con una verve esecutiva che trova un suo riscontro in certi repertori decorativi della coeva miniatura come dimostrano i codici miniati dell'XI e XII secolo, esposti in mostra accanto a tavolette d'avorio E preziose opere di oreficeria esempi della cultura artistica diffusa nella città felsinea.

L'inaugurazione al pubblico si terrà giovedì 22 giugno 2017 alle ore 18,00.

mercoledì 21 settembre 2016

"Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini" mostra a Venezia

Si intitola Mindful Hands. I capolavori miniati della Fondazione Giorgio Cini la grande mostra in programma sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia dal 17 settembre 2016 all’8 gennaio 2017, prodotta da Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con Studio Michele De Lucchi e Factum Arte, realizzata grazie al supporto di Helen Hamlyn Trust e con il contributo di Pirelli. Verrà esposta per la prima volta dopo oltre 35 anni più della metà di una delle collezioni più importanti e preziose custodite dalla Fondazione Cini: la raccolta di 236 miniature acquisita dal conte Vittorio Cini tra il 1939 e il 1940 dalla Libreria Antiquaria Hoepli di Milano e donata alla Fondazione nel 1962. In mostra il pubblico potrà ammirare una selezione di oltre 120 delle miniature più significative e importanti della collezione, e un nucleo scelto di pregevoli codici miniati. Curatori scientifici del progetto sono Federica Toniolo, docente di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di Padova, Massimo Medica, direttore del Museo Civico Medievale di Bologna, e Alessandro Martoni, Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, che hanno curato anche la catalogazione scientifica dell’intera raccolta
La collezione di miniature di Vittorio Cini rappresenta una delle più importanti raccolte al mondo di questo genere, formata da pagine e iniziali miniate ritagliate, per lo più provenienti da libri liturgici (graduali e antifonari), paragonabile sia per tipologia che per qualità a collezioni come la Wildenstein custodita al Musée Marmottan di Parigi o quella di Robert Owen Lehman Senior, fino a pochi anni depositata al Metropolitan Museum di New York. La collezione Cini è rappresentativa delle principali scuole italiane di miniatura e raccoglie le creazioni di alcuni dei più importanti miniatori attivi tra XII e XVI secolo.

lunedì 23 maggio 2016

"Vivere La Misericordia nel Trecento" mostra a Roma

L'Archivio di Stato di Roma presenta in mostra, nella Sala Alessandrina del Complesso di S. Ivo alla Sapienza, fino al 17 giugno 2016 le carte miniate del Liber regulae, il codice trecentesco che contiene la regola dell’ordine di Santo Spirito.
Grazie al sostegno offerto da ITALKALI, Società Italiana Sali alcalini, è stato possibile affrontare una serie interventi di restauro del codice volti a restituire ai fogli membranacei di cui è composto, la primitiva distensione. L’occasione di smontare la legatura dei fogli del codice offre l’opportunità unica di mostrare ai visitatori una selezione dei 105 fogli miniati che compongono il Liber Regulae permettendo così di apprezzare la incredibile varietà delle scene e delle decorazioni marginali rappresentate nel prezioso manoscritto miniato, capostipite dell’enorme e ricchissimo archivio dell’ospedale romano del S. Spirito in Sassia, conservato presso l’Archivio di Stato di Roma. Il progetto di restauro, predisposto da Orietta Verdi (Archivio di Stato Roma), viene realizzato da Restauro San Giorgio di Adriano Pandimiglio.
La mostra, allestita e curata con la consulenza di Philine Helas (Biblioteca Hertziana di Roma) e Francesca Manzari (Università di Roma La Sapienza), da Giovanna Mentonelli e Letizia Leli dell’Archivio di Stato, intende focalizzare l’attenzione sugli albori delle politiche assistenziali che si concretizzano con l’istituzione dell’Ordine di Santo Spirito. Il Liber Regulae dell’Ospedale romano ebbe il compito di illustrare attraverso una sorprendente serie di “quadri” miniati e di figure fantastiche istoriate nei margini del codice, la fondazione dell’ospedale, la vita comunitaria, l’accoglienza dei pellegrini e dei neonati abbandonati, aprendo uno spiraglio straordinario sulla vita quotidiana a Roma nel Trecento.
Per informazioni:
Archivio di Stato di Roma. Servizio manifestazioni culturali
06/67235600; Fax 06/68190871
e-mail:
as-rm.mostre@beniculturali.it; web: www.archiviodistatoroma.beniculturali.it
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