sabato 20 aprile 2013

Stratificazioni: il Valdarno dalle terre di nuova fondazione alla contemporaneità

“La decisione da parte di Firenze di fondare o, in un caso, rifondare alcuni centri abitati nel Valdarno superiore alla fine del XIII secolo, innescò un mutamento degli equilibri politici, demografici, economici e sociali di tutta l’area. Le Terre Nuove fiorentine si inscrivevano in un fenomeno che aveva interessato da tempo l’Europa e l’Italia medievale”.
Prende il via il progetto “Stratificazioni: il Valdarno dalle terre di nuova fondazione alla contemporaneità”. Dal 13 aprile al 16 giugno 2013: conferenze, mostre, itinerari alla scoperta del Valdarno e della sua storia nei comuni di Bucine, Cavriglia, Castelfranco, Montevarchi, San Giovanni, Terranuova, Loro Ciuffenna, Pian di Scò e Figline.
Grazie al contributo della Regione Toscana e con il coordinamento tecnico-scientifico di Cooperativa Archeologia, le iniziative sono pensate per far conoscere ai giovani, agli abitanti e ai turisti il patrimonio architettonico, storico-artistico, paesaggistico e di alto artigianato del territorio. Un progetto di promozione culturale, sostenuto dagli enti locali e dalle istituzioni culturali del territorio, che permette di valorizzare un formidabile patrimonio, costituito da pievi, castelli, e musei disseminati nel paesaggio del Valdarno.
In programma attività didattiche per le scuole del territorio, sei mostre documentarieper un totale di 36 pannelli espositivi, con la storia della nascita dei singoli centri e il loro sviluppo nell’Italia medievale. PROGRAMMA MOSTRE
Dal 13 aprile, inoltre, al via il ciclo di conferenze a cura di Paolo Pirillo del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna – Centro Internazionale di Studi sugli Insediamenti Medievali CISIM (Cherasco), ospitato negli stessi luoghi delle mostre e  incentrato sul fenomeno delle terre di nuova fondazione in Valdarno. PROGRAMMA CONFERENZE 
Stratificazioni propone anche degli itinerari d’arte, pensati in maniera flessibile alla scoperta delle bellezze del territorio. Due le tipologie scelte: il primo, Itinerari nei paesaggi del valdarno medievale – tra pievi, castelli e terre nuove, consente di ripercorrere il filo conduttore di una storia plurisecolare che, nel corso dell’età medievale, trasformò tutta questa valle da area di poteri diffusi a parte di uno Stato regionale come quello costruito da Firenze; il secondo, Valdarno come terra di lavoro – manifatture, industria e attività estrattive, mostra la storia di un’altra trasformazione profonda e strutturale che avrebbe portato il Valdarno alle soglie della civiltà contemporanea. VEDI ITINERARI

mercoledì 17 aprile 2013

La Signoria dei Manfredi a Faenza (1313-1501)

TRACCE DEL TEMPO
La Signoria dei Manfredi a Faenza (1313-1501) settecento anni dopo

Una mostra per ricordare i 700 anni dell’inizio della Signoria dei Manfredi che ha segnato l’importante passaggio della città fra l’età comunale e il Rinascimento, fino alla venuta di Cesare Borgia.
La Signoria dei Manfredi a Faenza
La signoria manfreda s’insediò all’inizio del 1313 nel palazzo comunale faentino con Francesco Manfredi, in qualità di defensor populi. Egli apparteneva alla fazione guelfa e non aveva nulla da invidiare all’efferatezza che contraddistingueva gli uomini che diedero vita al clima politico delle Romagne ai tempi di Dante. Se Francesco fu lo spregiudicato politico che portò la famiglia al governo della città, è con Astorgio I (1377-1405) che la signoria si consolida, passando poi al figlio Gian Galeazzo nel 1410. Gian Galeazzo è il principe legislatore del suo casato, a lui sono dovuti gli Statuta Faventiae del 1414, noti come Statuta vetera, rispetto ai nuovi del 1527.
Dopo alterne vicende, nel 1466, Astorgio II continua la dinastia, godendo di un lungo periodo di governo, portando la signoria al suo massimo splendore, non certo eccelso ma degno di nota. Come in precedenza e negli anni successivi, Astorgio II, nel complesso e instabile scacchiere delle signorie italiane in perenne lotta tra loro per la supremazia, combatte al soldo dei fiorentini fino alla Pace di Lodi (1454). Gli anni immediatamente successivi a tale evento furono i più felici per Astorgio, che concepì un grande piano di opere pubbliche per il centro cittadino.
Astorgio muore nel 1468 e gli succede il figlio Carlo e,di seguito, nel 1477 l’altro figlio Galeotto, autentico cultore delle lettere e delle arti, assassinato, secondo la tradizione, dalla moglie Francesca Bentivoglio nel 1488. Di fatto, da questa data in poi la signoria decade: il piccolo Astorgio III, figlio di Galeotto, viene posto sotto tutela di un Consiglio di reggenza di novantasei membri, che non modifica il legame privilegiato coi Medici, fino alla calata di Carlo VIII su Firenze.
Nel 1495, Faenza cambiò le sue alleanze politiche, optando per la protezione di Venezia e rimase alleata della Serenissima fino a quando, nel 1499, il duca Valentino, su ordine di Alessandro VI Borgia, la cinse d’assedio, costringendola poi alla resa il 25 aprile del 1501. Astorgio III, insieme al fratello Giovanni Evangelista, nonostante le promesse del Valentino, fu imprigionato in Castel Sant’Angelo, strangolato e gettato nel Tevere. Terminò così nel sangue, allo stesso modo in cui si era affermata, la signoria Manfreda e la città venne annessa al governo della Chiesa. (ANNA ROSA GENTILINI)

Museo Diocesano di Faenza Modigliana
Piazza XI Febbraio, 10 - Faenza
Fino al 2 giugno 2013 

Orari di Apertura:
Sabato, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 18,00
Domenica e festivi, dalle 15,00 alle 18,00
Chiusura: Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 1° Maggio
Per prenotazioni scolaresche e gruppi: tel. 0546 21642

Pavimenti e rivestimenti ceramici tra Occidente e Oriente dal Medioevo all'età contemporanea

Mattonelle esagonali provenienti dalla cappella Gaetani d'Aragona nel duomo di Capua,maiolica, Napoli, seconda metà del XV secolo, inv. nn. 7040-7043, 18854-18855
"Pavimenti e rivestimenti ceramici tra Occidente e Oriente dal Medioevo all'età contemporanea", questo il titolo di una nuova e importante sezione permanente, ideata dal MIC, che sarà inaugurata al Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza (MIC) sabato 20 aprile 2013 alle ore 17.30.
Su un patrimonio di circa 15mila manufatti, i curatori, Carmen Ravanelli Guidotti e Valentina Mazzotti per la parte retrospettiva, Claudia Casali per il primo '900, Stefano Dirani per il '900 faentino, Rolando Giovannini per il secondo dopoguerra, hanno selezionato circa un migliaio di piastrelle e mattonelle da rivestimento dal Medioevo ai giorni nostri.
L'utilizzo della ceramica in architettura affonda le sue radici nell'Oriente antico, ma è soprattutto il mondo islamico a rivestire con mattonelle smaltate in vari colori le pareti di moschee, mausolei, scuole coraniche e palazzi, conseguendo esiti di raffinato decorativismo. Gli esemplari a lustro dell'Iran del XIII-XIV secolo, le mattonelle con ornati floreali di Iznik (antica Nicea) nella Turchia ottomana del XVI-XVII secolo e i manufatti tunisini del XVII-XVIII secolo forniscono una panoramica del Vicino e Medio Oriente islamico.
L'apprezzamento per i rivestimenti maiolicati e invetriati si diffonde poi in Occidente attraverso la mediazione della Spagna, dove matura quello stile ispano-moresco che incarna la perfetta fusione tra l'Oriente islamico e l'Occidente cristiano. Accanto ad interessanti esemplari della Spagna del XV-XVI secolo, della Francia medievale e rinascimentale e dell'Olanda del XVI-XVII secolo e ad una limitata ma rappresentativa selezione di mattonelle da stufa altoatesine, il contesto europeo è completato da un'estesa selezione di manufatti italiani dal Medioevo all'età contemporanea. Sulla scia emulativa degli esemplari spagnoli anche in Italia si radica la produzione di mattonelle e mattoni smaltati che nel XV-XVI secolo rivestono i pavimenti di cappelle, studioli e i soffitti di chiese, per poi conquistare nel corso del '600 e soprattutto del '700 porzioni sempre più estese di superfici pavimentali e parietali con elaborate composizioni "a tappeto", specie in ambito campano e siciliano. Tale fenomeno subisce un notevolissimo incremento con l'introduzione dei mezzi meccanici e dei processi industriali: dopo la brillante stagione Liberty di inizio '900 la mattonella supera il discorso strettamente decorativo per divenire mezzo e supporto artistico (come nel caso di Arturo Martini o degli stessi futuristi); ma è nel secondo dopoguerra che si registra una vera e propria esplosione della produzione industriale, per cui la piastrella diviene strumento della ricostruzione ed elemento di diffusione popolare.
Il MIC comprende nel suo ricco patrimonio una raccolta di oltre 10.000 piastrelle industriali raccolte negli ultimi trent'anni da Rolando Giovannini, con un paziente lavoro di selezione che ha coinvolto i principali produttori e designers non solo italiani. È un campionario vasto con famose firme da Sottsass alla Campi, da Mari a Munari, da Scanavino a Zauli, solo per citare alcuni nomi.
La sezione si compone di mattonelle smaltate e invetriate da rivestimento parietale e pavimentale, con un ristretto numero di ceramiche ad altro uso architettonico (tegole, mattonelle da stufa, mattoni) o decorativo anche con fini devozionali (pannelli con figure e vedute). Oltre ai singoli manufatti sono allestite, ove possibile, composizioni di mattonelle di un medesimo contesto per fornire un'idea degli impiantiti originari, in molti casi deteriorati dall'usura e sostituiti da materiali più durevoli come il marmo. La scelta in taluni casi di affiancare alle mattonelle esemplari di vasellame testimonia la condivisione di medesimi motivi decorativi e stilistici su differenti supporti ceramici. Il duplice ordinamento geografico e cronologico dell'esposizione consente di focalizzare l'evoluzione tecnico-stilistica delle mattonelle attraverso i secoli e di cogliere le reciproche affinità e influenze tra Occidente e Oriente.  
La sezione è stata allestita grazie al contributo del Sistema Museale della Provincia di Ravenna, CERSAIE e DM Materie Plastiche.

venerdì 12 aprile 2013

A la luz del Calixtino: el códice de Santiago

L’esposizione  A la luz del Calixtino: el códice de Santiago, viene in Italia per la prima volta, grazie alla collaborazione della Xunta de Galicia e del Xacobeo con l'Instituto Cervantes di Napoli. Essa offre una mostra le cui motivazioni vanno di pari passo con la biografia del codice e della storia dei pellegrinaggi a Santiago de Compostela. Si tratta, dunque, di un viaggio nel tempo che fa da filo conduttore della mostra e che presenta i contenuti dell’opera sottratta e poi ritrovata, i riferimenti al cammino del pellegrinaggio, alla città di Santiago ed alla cattedrale nel cui archivio è custodito il codice. La mostra è un racconto fatto attraverso testi, fotografie, il facsimile del documento, della sua visione completa in verione digitale, una serie di opere in facsimile o originali e diverse creazioni audiovisive basate su dati del Libro V del codice, come pure un programma di visita virtuale alla Basilica del giacobeo denominato Libro de Pedra. Il progetto include anche la creatività contemporanea: oltre a varie lamine originali dell’ artista Francisco Leiro, che fanno parte della prima versione completa del Calixtino in lingua galega, l’esposizione mostra una serie di fotografie attuali del Cammino di Santiago, di artisti come Luis Gabú, Santy López, Manuel Valcárcel, Margen Fotografía, Eutropio Rodríguez e Silvia Steinbach, che illustrano la validità di una serie di testi originali del Liber Sancti Iacobi.
Aperta fino a mercoledì 15 maggio 2013
lunes-viernes: 14.00 h - 20.30, h sábado: 10.00 h - 13.30 h
Instituto Cervantes - Sala de exposiciones
Napoli Via Nazario Sauro, 23
Tlf: 39 081 195 633 11
Fax: 39 081 195 633 16
cennap@cervantes.es  

giovedì 4 aprile 2013

Il Duomo di Siena come non l'avete mai visto

Porta del Cielo

Dopo lunghi restauri, a partire dal 6 aprile, sarà possibile ammirare il 'cielo' del Duomo, una serie di locali mai aperti al pubblico.

Siena, Cattedrale
6 aprile27 ottobre 2013
Il Duomo di Siena non finisce di sorprendere. Dopo la scopertura del pavimento che ha fatto conoscere a un pubblico numeroso di visitatori italiani e stranieri le tarsie disegnate dagli antichi maestri raffiguranti un percorso di sapienza e di fede, la cattedrale apre ora la sua porta alle sommità della fabbrica. Dopo lunghi restauri, a partire dal 6 aprile, sarà possibile ammirare il 'cielo' del Duomo, una serie di locali mai aperti al pubblico, in cui per secoli nessuno è potuto accedere, se si eccettuano le maestranze dirette dai grandi architetti che si sono avvicendati nei secoli, di cui recano testimonianza progetti e schizzi effigiati talvolta direttamente sui muri.
Leggi l'approfondimento
L'iniziativa, fortemente voluta dall’Opera della Metropolitana di Siena, è organizzata da Opera – Civita Group.
Opera Civita Group gestisce il servizio prenotazioni, informazioni e visite guidate per il Complesso del Duomo di Siena e, in occasione delle aperture straordinarie Porta del cielo, propone pacchetti culturali che arricchiscono l’offerta turistica della città.
SCHEDA TECNICA
6 aprile - 27 ottobre 2013
Biglietti (solo su prenotazione)
Intero €25.00
Gruppo €400.00 (max 17 pax)
Informazioni e Prenotazioni
T. +39 0577 286300 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17)
Email: opasiena@operalaboratori.com

Il Monte prima del Monte

Venerdì 5 aprile 2013 alle ore 16.30 sarà inaugurata la mostra permanente “Il monte prima del monte”, nel Palazzo del Monte di Pietà di Forlì. E’ la storia di un quartiere cittadino “catturata” tra Medioevo e Rinascimento.
La mostra rimarrà aperta nelle giornate di sabato 6 e domenica 7 aprile e a seguire, tutti i giorni dal lunedì al venerdì su appuntamento.
Grazie al progetto di realizzazione di vani cantinati nell’ex Monte di Pietà si sono svolte delle indagini archeologiche su tutta l’area. Queste indagini hanno permesso di portare alla luce la storia di una parte importante della città.
Una parte dei ritrovamenti archeologici sono stati esposti in una mostra permanente situata all’interno dell’edificio. Chiara Guarnieri, archeologa della soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e direttrice degli scavi, ha curato il libro della mostra mentre gli scavi archeologici sono stati svolti dalla ditta Akhantos, grazie al contributo della cassa di risparmio di Forlì.
La mostra è stata suddivisa in tre ambienti: Nella prima stanza, troviamo le case medievali con due fondazioni di larghi muri medievali costituiti in ciottoli e mattoni.
Nella seconda stanza, vi troviamo le fondazioni dei muri di una torre composta in grossi ciottoli, fu poi abbassata avendo perso la necessità di una funzione difensiva, dal 1283 in poi e riadattata a colombaia presumibilmente dagli Orsi.
E’ altresì possibile notare in questa stanza delle vasche, chiamate “vasche di scarico” diffuse durante il tardo medioevo, erano strutture che servivano a disfarsi dei rifiuti ma anche di oggetti giudicati fuorimoda o non più utilizzabili. Questi ambienti erano voltati e dotati di piccole aperture che sbucavano sui pavimenti degli ambienti sovrastanti, in modo da rendere più facile il passaggio dei rifiuti.
Nella terza stanza infine possiamo entrare in una “ghiacciaia“, le ghiacciaie infatti servivano in questo caso alle macellerie della zona nel periodo rinascimentale, per conservare appunto la carne, tramite ghiaccio o neve poste al suo interno.
Nel medioevo vi troviamo la prima frequentazione dell’area. Sono state ritrovate delle grosse buche di forma circolare riconducibili ad attività artigianali, forse concerie data la vicinanza a al fiume Rivaldino, e alla predisposizione a un attività che utilizzasse l’acqua. La probabile conseguenza a queste attività fu un livellamento della pendenza del terreno.