sabato 30 giugno 2018
Frammenti di storia dei "da Romano" a San Zenone degli Ezzelini (TV)
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martedì 26 giugno 2018
Ivrea. Estate all'insegna del Medioevo
Ivrea, Campanile di Santo Stefano |
Per il quarto anno consecutivo, l’Ecomuseo dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea (A.M.I.), con il sostegno della
Fondazione Guelpa, apre al pubblico dodici siti romanici per tutta
l’estate.
Gli edifici, costruiti in quel periodo
dell’arte medievale compreso tra l’XI e la metà del XII secolo che
prende il nome di ‘romanico’, sono distribuiti su tutto il territorio
canavesano e saranno visitabili a partire dal 17 giugno fino al 30
settembre 2018.
Tra i siti che hanno aderito al progetto
vi sono la Chiesa di Santa Maria ad Andrate, la Chiesa di Santo Stefano
di Sessano a Chiaverano, peculiare per la presenza del campanile in
facciata e per il più importante ciclo di affreschi romanici dell’Alto
Canavese, la Chiesa di Santa Maria Maddalena a Burolo, la Chiesa dei
Santi Pietro e Paolo di Pessano a Bollengo e il Campanile di San Martino
di Paerno, meglio noto come ‘Ciucarun’; ancora, a Pavone, saranno
fruibili la Cappella e il Romitorio di San Grato sulla collina della
Paraj Auta, a Moncrivello il Santuario della Madonna di Miralta e a
Vialfrè la Chiesa di S. Pietro con il suo splendido campanile.
Per quanto riguarda la zona di Candia
Canavese invece, si potranno visitare la Chiesa Priorato di Santo
Stefano del Monte e la Chiesa di San Michele Arcangelo, normalmente
fruibile al pubblico.
Infine, ad Ivrea, oltre al celebre
Campanile di Santo Stefano, sarà possibile vedere il Duomo (Cattedrale
di Santa Maria Assunta), regolarmente aperto tutto l’anno per le
funzioni liturgiche.
Per agevolare la visita dei siti,
l’Ecomuseo AMI ha selezionato alcuni operatori culturali che si
occuperanno di soddisfare eventuali curiosità dei turisti; saranno
presenti anche alcuni volontari messi a disposizione dai comuni
coinvolti nel progetto.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di
valorizzare il territorio con le sue bellezze tramite un circuito
culturale e turistico, nonché di rendere consapevoli i cittadini del
valore storico e artistico dei monumenti che li circondano.
In linea con questo progetto, saranno
contemporaneamente accessibili gli undici musei della ‘Rete museale
dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea’: dall’Ecomuseo della Castagna a
Nomaglio, al Museo della Civiltà Contadina di Andrate, passando per
l’Ecomuseo l’Impronta del ghiacciaio di Caravino e il Museo all’Aperto
Arte e Poesia “Giulia Avetta” di Cossano; e ancora, da rimarcare il
Museo La Bötega del Frèr di Chiaverano, il Museo Dalla Saggina alla
Scopa di Foglizzo, come anche il Museum Vischorum di Vische, il Museo
Civico Nòssi Ràis di San Giorgio Canavese e il Museo Didattico Memorie
del Tempo di Perosa Canavese. Infine, nella provincia di Biella, saranno
aperti anche la Casa della Resistenza di Sala Biellese e l’Ecomuseo
Storie di Carri e Carradori di Zimone.
L’ingresso a tutte le chiese e ai musei sarà gratuito. Per informazioni più dettagliate sui giorni e gli orari di apertura delle chiese e dei musei, sarà utile consultare il sito www.ecomuseoami.it.
Ubicazione:
10015 Ivrea TO, Italia
lunedì 25 giugno 2018
A cavallo del tempo. L’arte di cavalcare dall’Antichità al Medioevo
Dal 26 giugno al 14 ottobre 2018 nella Limonaia Grande del Giardino di Boboli sarà allestita la mostra "A cavallo del tempo. L’arte di cavalcare dall’Antichità al Medioevo", curata da Lorenza Camin e Fabrizio Paolucci.
L’esposizione intende rendere noto al pubblico il forte legame che esiste tra uomo e cavallo fin dalla Preistoria.
L’esposizione intende rendere noto al pubblico il forte legame che esiste tra uomo e cavallo fin dalla Preistoria.
Saranno esposte riproduzioni di quattro reperti d’arte paleolitica
scoperti a Grotta Paglicci (Rignano Garganico, Foggia); sarà presente
inoltre un’ampia varietà di oggetti provenienti dai principali musei
archeologici italiani ed esteri risalenti al periodo compreso tra il X
secolo a.C. e il XV secolo d.C: statue, urne, rilievi, vasi, terrecotte
che raffigurano l’impiego del cavallo nel corso dei secoli.
Orari: Da lunedì a domenica dalle 8.15 alle 19.30 nei mesi di giugno,
luglio e agosto; dalle 8.15 alle 18.30 nei mesi di settembre e ottobre.
Chiuso il primo e l’ultimo lunedì del mese.
Per maggiori informazioni: www.uffizi.it.
giovedì 21 giugno 2018
Viaggio nel tempo con M4
Un ponte tra passato e futuro, dove ingegneria e archeologia
viaggiano in parallelo per realizzare un’opera pubblica fondamentale e
per valorizzare il patrimonio storico e culturale di Milano. È il
significato di “Viaggio nel tempo con M4”, un progetto dedicato
ai ritrovamenti archeologici rinvenuti nel corso degli scavi per la
realizzazione della Blu.
Così, dal 20 giugno al 23 settembre 2018 al Museo Archeologico di corso Magenta 15 (aperto da martedì a domenica dalle ore 9alle ore 17:30. La
biglietteria chiude alle ore 16:30. Ingresso gratuito il primo e il
terzo martedì del mese dalle ore 14) è possibile visitare una mostra
originale: reperti inediti e un percorso informativo ci
raccontano tasselli importanti della storia della nostra città. Ma
questo racconto dei ritrovamenti è possibile leggerlo anche su pannelli speciali posizionati sulle cesate di alcuni cantieri
(Stazione S.Babila, Manufatto di Largo Augusto, Stazione Vetra,
Manufatto S.Calimero – via S.Sofia, angolo Corso di Porta Romana -,
Stazione De Amicis e Manufatto De Amicis, in via De Amicis). E una
sezione speciale del sito www.metro4milano.it è dedicata al progetto.
“Costruire un’opera fondamentale per il futuro di Milano non è in
contrasto con la riscoperta e la tutela della storia della nostra città –
hanno dichiarato gli assessori alla Mobilità e Cultura del Comune di
Milano Marco Granelli e Filippo Del Corno -. Questa mostra è
un’occasione unica per vedere le tracce della Milano romana e medievale che emergono
dagli scavi delle gallerie della M4. Ingegneri e archeologi hanno
sempre lavorato fianco a fianco per mappare e conservare i ritrovamenti
archeologici senza compromettere la costruzione della nuova linea
metropolitana che percorre un lungo tratto entro le mura di Mediolanum”.
Secondo la Soprintendente Antonella Ranaldi “si tratta di capire come
coniugare modernità e passato. I lavori in corso, compiuti con
l’assistenza degli archeologi, offrono un’occasione di metodo per
esplorare un passato nascosto nella terra”.
“Viaggio nel tempo con M4” è promosso dall’Assessorato alla Mobilità
del Comune di Milano, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
per la Città Metropolitana di Milano, M4 spa e MM spa. Un
ringraziamento particolare ai consorzi dei costruttori CMM4 e MetroBlu
scrl che hanno reso possibile la realizzazione del progetto.
Qui una sintesi dei principali ritrovamenti: Scheda.
sabato 16 giugno 2018
Gubbio al tempo di Giotto
Per maggiori infromazioni e programma completo visita il sito ufficiale della mostra !
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scultura
Ubicazione:
06024 Gubbio PG, Italia
domenica 10 giugno 2018
Capolavori del Trecento
L‘Umbria celebra l’arte del Trecento con una mostra diffusa visitabile dal 24 giugno al 4 novembre 2018.
70 dipinti a fondo oro su tavola, sculture
lignee policrome e miniature, che raccontano la meraviglia ambientale
dell’Appennino centrale e la civiltà storico-artistica, civile e
socio-religiosa nell’Italia di primo Trecento. Quattro sedi espositive:
Trevi, Montefalco, Spoleto e Scheggino, e una trama di itinerari che si
dipanano in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, per scoprire il valore di
una straordinaria unità di cultura, nelle terre ferite dal sisma che ha
colpito l’Italia centrale.
Il successo, nel cuore verde d’Italia, della lezione rivoluzionaria di Giotto
e dello stupefacente virtuosismo dei caposcuola senesi Pietro
Lorenzetti e Simone Martini, è raccontata in mostra attraverso una
costellazione di artisti, spesso anonimi, che si fecero interpreti
dell’anima più profonda e vera dell’Appennino, declinando emozioni di
fede e dolcezza, dipinte con un linguaggio pittorico intenso, ed un
magistero tecnico sorprendente. Fino alla meraviglia che nasce dalla
visione di capolavori conservati in musei e raccolte di grande
prestigio, come la Fondazione Cini di Venezia, il Museo Poldi Pezzoli di
Milano, l’Alana Collection di Newark (USA).
Da non perdere due stupefacenti dossali esposti nell’appartamento di rappresentanza di Sua Santità il Pontefice, entrambi provenienti da Montefalco, restaurati per l’occasione dai magistrali laboratori dei Musei Vaticani; oppure lo straordinario riavvicinamento del Trittico con l’Incoronazione della Vergine del Maestro di Cesi e il Crocifisso con Christus triumphans dipinti entrambi per il monastero di Santa Maria della Stella di Spoleto, oggi separati tra il Musée Marmottan Monet di Parigi e il Museo del Ducato di Spoleto. Per la prima volta, dall’inizio dell’Ottocento, torneranno insieme.
Per maggiori informazioni a breve sarà attivo il sito ufficiale della mostra: www.capolavorideltrecento.it.
Da non perdere due stupefacenti dossali esposti nell’appartamento di rappresentanza di Sua Santità il Pontefice, entrambi provenienti da Montefalco, restaurati per l’occasione dai magistrali laboratori dei Musei Vaticani; oppure lo straordinario riavvicinamento del Trittico con l’Incoronazione della Vergine del Maestro di Cesi e il Crocifisso con Christus triumphans dipinti entrambi per il monastero di Santa Maria della Stella di Spoleto, oggi separati tra il Musée Marmottan Monet di Parigi e il Museo del Ducato di Spoleto. Per la prima volta, dall’inizio dell’Ottocento, torneranno insieme.
Per maggiori informazioni a breve sarà attivo il sito ufficiale della mostra: www.capolavorideltrecento.it.
venerdì 8 giugno 2018
Le stoffe di un sogno
Come si veste un sogno? Con quali stoffe? E di quali colori?
Non sempre la ‘materia di cui sono fatti i sogni’ è impalpabile ed evanescente: se il sogno è il medioevo, e il medioevo del Mercato delle Gaite, essa si fa concreta e tattile nelle morbide lane, nelle sete preziose, nelle umili canape, profumata degli odori delle salde, e perfino musicale nell’elegante fruscio dei tessuti come nel cadenzato ritmo delle forbici che alacremente risuona sulle tavole da lavoro. È stata questa la scommessa del Mercato delle Gaite, una delle tante scommesse sulle quali si è giocata la credibilità di gente che, quasi trenta anni fa, ha coltivato il sogno di risvegliare un Medioevo assopito ma ancora vivo nelle pietre dei preziosi monumenti o delle nascoste viuzze.
Nascono così i primi vestiti delle Gaite, tagliati e cuciti dalle donne di Bevagna, che hanno cercato consigli e direttive in costumisti esperti, individuato modelli negli abiti indossati dai personaggi dei cicli di Giotto e Simone Martini ad Assisi (come non pensare, infatti, che questi dipinti – al di là di ogni significato dottrinario o devozionale – siano stati guardati dagli uomini e dalle donne del tempo con lo stesso malcelato desiderio con cui noi sfogliamo le riviste di moda?), ma anche interpretato, senza tradimenti beninteso, quei modelli per renderli unici e assolutamente bevanati e, infine, in qualche modo moderni.
Per questo l’Accademia di Bevagna, l’Associazione Mercato delle Gaite e Sistema Museo, con il patrocinio del Comune di Bevagna, hanno pensato di rintracciare quei costumi per metterli in mostra (9 giugno - 26 agosto 2018). Con questo si è voluto rendere omaggio a tanto lavoro e passione e contemporaneamente fornire, a chi vorrà interessarsene, materia di studio e valutazione per le scelte presenti. Si ringraziano per la collaborazione: le Gaite, le attività commerciali Novità 2000, Les Chics, Garçon & Femme e tutti coloro che hanno messo a disposizione i loro vestiti.
Info e prenotazioni:
Corso Matteotti 70 – Bevagna
bevagna@sistemamuseo.it
tel 0742.360081
Non sempre la ‘materia di cui sono fatti i sogni’ è impalpabile ed evanescente: se il sogno è il medioevo, e il medioevo del Mercato delle Gaite, essa si fa concreta e tattile nelle morbide lane, nelle sete preziose, nelle umili canape, profumata degli odori delle salde, e perfino musicale nell’elegante fruscio dei tessuti come nel cadenzato ritmo delle forbici che alacremente risuona sulle tavole da lavoro. È stata questa la scommessa del Mercato delle Gaite, una delle tante scommesse sulle quali si è giocata la credibilità di gente che, quasi trenta anni fa, ha coltivato il sogno di risvegliare un Medioevo assopito ma ancora vivo nelle pietre dei preziosi monumenti o delle nascoste viuzze.
Nascono così i primi vestiti delle Gaite, tagliati e cuciti dalle donne di Bevagna, che hanno cercato consigli e direttive in costumisti esperti, individuato modelli negli abiti indossati dai personaggi dei cicli di Giotto e Simone Martini ad Assisi (come non pensare, infatti, che questi dipinti – al di là di ogni significato dottrinario o devozionale – siano stati guardati dagli uomini e dalle donne del tempo con lo stesso malcelato desiderio con cui noi sfogliamo le riviste di moda?), ma anche interpretato, senza tradimenti beninteso, quei modelli per renderli unici e assolutamente bevanati e, infine, in qualche modo moderni.
Per questo l’Accademia di Bevagna, l’Associazione Mercato delle Gaite e Sistema Museo, con il patrocinio del Comune di Bevagna, hanno pensato di rintracciare quei costumi per metterli in mostra (9 giugno - 26 agosto 2018). Con questo si è voluto rendere omaggio a tanto lavoro e passione e contemporaneamente fornire, a chi vorrà interessarsene, materia di studio e valutazione per le scelte presenti. Si ringraziano per la collaborazione: le Gaite, le attività commerciali Novità 2000, Les Chics, Garçon & Femme e tutti coloro che hanno messo a disposizione i loro vestiti.
Info e prenotazioni:
Corso Matteotti 70 – Bevagna
bevagna@sistemamuseo.it
tel 0742.360081
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giovedì 7 giugno 2018
Milleduecento. Civiltà figurative tra l'Umbria e le Marche al tramonto del Romanico
Milleduecento. Civiltà figurative tra l'Umbria e le Marche al tramonto del Romanico.
8 giugno - 4 novembre 2018
Museo Piersanti di Matelica (MC)
Una mostra preziosa, un atto di storia dell’arte, un percorso che spiega perché intorno al 1200, tra Umbria e Marche, il linguaggio figurativo si trasforma così sensibilmente verso un naturalismo di grande potenza plastica, e l’arte guida diviene la scultura in legno policromo. Un’arte che propone un concerto tra le arti, ponendosi come crocevia tra scultura, pittura, arti preziose.
Una mostra preziosa, un atto di storia dell’arte, un percorso che spiega perché intorno al 1200, tra Umbria e Marche, il linguaggio figurativo si trasforma così sensibilmente verso un naturalismo di grande potenza plastica, e l’arte guida diviene la scultura in legno policromo. Un’arte che propone un concerto tra le arti, ponendosi come crocevia tra scultura, pittura, arti preziose.
Il percorso espositivo si sviluppa intorno a cinque nuclei tematici: il primo, Un crocifisso modello,
presenta il crocifisso di Matelica come testimone d’eccellenza di una
tipologia molto ben rappresentata nelle Marche nell’autunno del XII
secolo: vi si affiancheranno tra gli altri gli esemplari di Ancona e del
duomo di Camerino, come pure i crocifissi del Museo di Sant’Agostino a
Genova e della collezione Salini.
Il secondo nucleo, Sculture come oreficerie e oreficerie come sculture, punta
invece a mettere in luce gli incroci fra le arti all’insegna della
preziosità, reale o simulata, dei manufatti: si tratti di opere in
metallo ovvero di sculture che volevano sembrare oreficerie monumentali,
e che proprio verso il 1200 si volgono a policromie più naturalistiche.
I crocifissi di Arezzo e di Certaldo vengono messi a confronto con le
piccole croci bronzee di Cortona e di Fabriano, con la spettacolare
croce del Tesoro di San Francesco ad Assisi, e con il formidabile piatto
di legatura, smaltato a Limoges, del Museo Civico d’Arte Antica di
Torino.
La terza sezione, Pittura a tre dimensioni,
si apre con il singolare crocifisso di Arquata del Tronto, che si
dichiara a tutti gli effetti come una pittura a rilievo: le intersezioni
tra scultura e pittura sono evidenziate dalla croce di Petrus,
proveniente da San Salvatore a Campi di Norcia, dalle Madonne
troneggianti di Cesi, Castelli, Foligno e l’Aquila, dal frammento di
Brera e dalle tavole del Museo Nazionale dell’Aquila e di Santa Maria in
Via a Camerino.
Questo nucleo confluisce direttamente nel successivo, che si propone di intitolare Un nuovo senso della natura nell’incontro fra le arti. Qui si intende mostrare come l’osmosi tra pittura, scultura e arti suntuaria generi un rinnovato senso della realtà che ispira una rivoluzione formale tra le più alte e decisive della civiltà occidentale. Vi troveranno spazio i Cristi di Jesi, Montemonaco, San Gimignano e della Galleria Nazionale dell’Umbria, mentre la bella testa di Gesù del Museo del Duomo di Prato troverà un ideale corrispettivo in pietra nella testa virile nel Museo del Ducato di Spoleto.Vi si potrà inoltre ammirare, dopo il restauro, la croce dipinta delle Clarisse di Matelica, normalmente invisibile al pubblico. L’ultima, piccola sezione, Sculture in miniatura, torna al mondo delle arti suntuarie per mettere in risalto altre e succose interferenze: le arti del metallo ispirano formule che pittura e scultura traducono nella scala grande, ma a loro volta riprendono nel minimo formato certe soluzioni statuarie. Lo provano alcuni turiboli, provenienti da Cortona, Arezzo e Firenze e una significativa selezione di matrici per sigilli umbri e marchigiani del Duecento, conservati al Museo del Bargello, tra cui, appunto, la matrice del Comune di Matelica. Qui sarà inoltre presentato uno dei codici miniati del XII secolo conservati nella Biblioteca Vallicelliana di Roma ma provenienti dall’abbazia di Sant’Eutizio in val Castoriana, luogo devastato dal terremoto da cui dipendeva la chiesa del territorio matelicese ove si trovava il crocifisso del Museo Piersanti.
Questo nucleo confluisce direttamente nel successivo, che si propone di intitolare Un nuovo senso della natura nell’incontro fra le arti. Qui si intende mostrare come l’osmosi tra pittura, scultura e arti suntuaria generi un rinnovato senso della realtà che ispira una rivoluzione formale tra le più alte e decisive della civiltà occidentale. Vi troveranno spazio i Cristi di Jesi, Montemonaco, San Gimignano e della Galleria Nazionale dell’Umbria, mentre la bella testa di Gesù del Museo del Duomo di Prato troverà un ideale corrispettivo in pietra nella testa virile nel Museo del Ducato di Spoleto.Vi si potrà inoltre ammirare, dopo il restauro, la croce dipinta delle Clarisse di Matelica, normalmente invisibile al pubblico. L’ultima, piccola sezione, Sculture in miniatura, torna al mondo delle arti suntuarie per mettere in risalto altre e succose interferenze: le arti del metallo ispirano formule che pittura e scultura traducono nella scala grande, ma a loro volta riprendono nel minimo formato certe soluzioni statuarie. Lo provano alcuni turiboli, provenienti da Cortona, Arezzo e Firenze e una significativa selezione di matrici per sigilli umbri e marchigiani del Duecento, conservati al Museo del Bargello, tra cui, appunto, la matrice del Comune di Matelica. Qui sarà inoltre presentato uno dei codici miniati del XII secolo conservati nella Biblioteca Vallicelliana di Roma ma provenienti dall’abbazia di Sant’Eutizio in val Castoriana, luogo devastato dal terremoto da cui dipendeva la chiesa del territorio matelicese ove si trovava il crocifisso del Museo Piersanti.
mercoledì 6 giugno 2018
Il potere dell’armonia. Federico II e il De Arte venandi cum avibus
“Il potere dell’armonia. Federico II e il De Arte venandi cum avibus”
è il titolo della mostra che si articolerà nei maestosi castelli di
Castel del Monte, Bari e Trani.
La mostra, nata da un’idea di Lorenzo Zichichi e Tommaso Morciano, si articola in tre sedi ed è realizzata da “Il Cigno GG Edizioni” e “Novapulia”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum” e il Centro Studi Normanno-Svevo.
“La figura di Federico II, mitica nella storia della Puglia - dichiara Mariastella Margozzi, direttrice del Polo Museale della Puglia -, è il comune denominatore che lega i tre siti di Castel del Monte, Castello di Bari e Castello di Trani, tutti afferenti al Polo museale della Puglia. Questa mostra, con la sua tematica artistica e scientifica del trattato dell'arte venatoria, permette ai tre siti di fare sistema, rinnovando ad ogni tappa l'interesse per il contenitore, per il tema e per la cultura federiciana in Puglia”.
Un’iniziativa di straordinario spessore culturale che vuol far conoscere al grande pubblico l’opera di Federico II e la sua attualità. Il De Arte venandi cum avibus è un trattato di circa 600 pagine scritto dal più potente e illustre sovrano dell’Europa Occidentale del XIII secolo. Denota la grande attenzione per la cultura e il sapere da parte di Federico II e di tutta la sua corte. Il trattato non ha avuto la fortuna che meritava, in parte per la damnatio memoriae che colpì il casato svevo dopo l’aggressione angioina, in parte per la mole stessa del testo, che anticipava di secoli l’osservazione e lo studio del comportamento degli animali, rimanendo insuperato, per molti aspetti, fino a Konrad Lorenz (1903-1989), fondatore dell’etologia.
“Il sovrano svevo – afferma Ortensio Zecchino, curatore della mostra e autore delle fotografie in esposizione che attualizzano il Trattato - amava andare coi suoi falchi nella splendida natura del Tavoliere e della Murgia, e i tre castelli in cui si svolge la mostra sono tre luoghi di straordinaria memoria federiciana”. Nell’iniziativa sono stati coinvolti, ognuno per l’eccellenza che rappresenta nel proprio campo, quattro personalità di primissimo piano. Il Maestro Riccardo Muti, originario dei luoghi dove si erge Castel del Monte, ha scelto le musiche per accompagnare il visitatore nella visione e nella lettura del Trattato. Ortensio Zecchino, presidente dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani, oltre ad aver svolto in questa mostra la duplice veste di consulente scientifico del percorso e di autore delle fotografie che attualizzano il Trattato, ha realizzato buona parte degli scatti proprio nei luoghi in cui Federico II era uso andare a caccia. Anna Laura Trombetti Budriesi, ordinaria di storia medievale all’Università di Bologna e massima specialista del Trattato, avendone curato l’edizione critica e la prima traduzione completa in italiano, ha realizzato l’apparato scientifico su cui si snoda la mostra (gli allestimenti e i prodotti multimediali sono progettati e realizzati dall’architetto Elena Giangiulio della “Syremont Spa”, coadiuvata dalla direzione artistica de Il Cigno). Piero Pizzi Cannella, fondatore della Nuova Scuola Romana e uno dei maggiori esponenti dell’arte figurativa ha dipinto le pagine del manoscritto e una monumentale scenografia (allestita a Castel del Monte), oltre ad esporre le “opere veggenti”, ossia quelle tele che mantengono viva la tradizione federiciana anche nella pittura contemporanea.
Il visitatore potrà visionare la nuova edizione in italiano del Trattato federiciano. Ci si potrà immergere nella vita e nelle passioni di Federico II, usufruendo di un originale percorso iconografico che alterna miniature medievali a fotografie e dipinti, nell’ambito di un’esperienza accompagnata dalla musica.
“Il trattato fridericiano – prosegue Ortensio Zecchino - è frutto non solo di studi approfonditi (comprensivi della traduzione in latino di importanti trattati arabi sulla falconeria), ma anche di una di una lunga e appassionata pratica diretta. L’elevazione di Foggia a ‘città imperiale’ e la Puglia a terra prediletta – notorio il suo appellativo di Puer Apuliae – è dovuta al fatto che quella regione offriva habitat ineguagliabili per le prede, soprattutto animali acquatici, e falchi. Al di là delle tante e varie suggestioni e della sua utilità pedagogica per chiunque voglia praticare ancor’oggi la falconeria, il trattato di Federico va riconosciuto come un’opera di scienza ‘moderna’”.
“La falconeria - afferma Anna Laura Trombetti Budriesi - occupò gran parte del tempo di Federico II, tutto quello che poteva strappare agli affari di Stato: la considerò una scienza e volle elevarla al rango di ars venandi, perfetta sintesi di conoscenze teoriche e abilità pratiche. Nell'opera scrive che si tratta di una disciplina elaborata e complessa e per questo assolutamente riservata ai nobili che ne potranno trarre ampi vantaggi nella loro vita. Per le difficoltà presentate rispetto alle altre venationes (i rapaci sono difficilissimi da addestrare) la caccia con i rapaci è, secondo Federico II, un’attività molto utile all’arte di governo, perché richiede la capacità di domesticazione e la conoscenza del territorio”.
In una lettera di Federico II al figlio Corrado IV si legge: “Ai signori del mondo e ai re non basta la sola discendenza nobile, se la nobiltà d’animo non aiuta la stirpe elevata e un’attività onorevole non dà lustro al principato. […] Smettiamo immediatamente di essere re se, privandoci della cautela dei re ci comportiamo come dei privati cittadini, piuttosto che governare”.
“La caccia coi rapaci, dunque, non è solo un passatempo di alto livello, è un'attività altamente formativa, che conferma la nobiltà di chi la insegna ed esalta quella di chi la apprende”, conclude Trombetti Budriesi.
La mostra si articola in tre tappe: Castel del Monte accoglierà il visitatore e lo proietterà nel Trattato federiciano privilegiando le pitture di Pizzi Cannella; a Bari sarà fruibile la straordinaria campagna fotografica condotta da Ortensio Zecchino, in buona parte nella Murgia e nel Tavoliere; Trani privilegerà la multimedialità, con i video che consentiranno di passare dalle pagine originali del Trattato alla traduzione e lettura delle pagine del Trattato. Saranno presentate anche le traduzioni del Trattato in arabo (per la prima volta in forma integrale) e in italiano.
Le cerimonie di inaugurazione si terranno mercoledì 6 giugno 2018 alle ore 19.00 a Castel del Monte, mercoledì 13 giugno al Castello di Bari e lunedì 18 giugno al Castello di Trani alle ore 17.30. Interverranno la direttrice del Polo Museale della Puglia, Mariastella Margozzi, la direttrice di Castel del Monte, Elena Saponaro, la direttrice dei castelli di Bari e di Trani, Rosa Mezzina, i curatori della mostra Anna Laura Trombetti Budriesi e Ortensio Zecchino, i gestori della concessione Tommaso Morciano e Lorenzo Zichichi.
La mostra, nata da un’idea di Lorenzo Zichichi e Tommaso Morciano, si articola in tre sedi ed è realizzata da “Il Cigno GG Edizioni” e “Novapulia”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum” e il Centro Studi Normanno-Svevo.
“La figura di Federico II, mitica nella storia della Puglia - dichiara Mariastella Margozzi, direttrice del Polo Museale della Puglia -, è il comune denominatore che lega i tre siti di Castel del Monte, Castello di Bari e Castello di Trani, tutti afferenti al Polo museale della Puglia. Questa mostra, con la sua tematica artistica e scientifica del trattato dell'arte venatoria, permette ai tre siti di fare sistema, rinnovando ad ogni tappa l'interesse per il contenitore, per il tema e per la cultura federiciana in Puglia”.
Un’iniziativa di straordinario spessore culturale che vuol far conoscere al grande pubblico l’opera di Federico II e la sua attualità. Il De Arte venandi cum avibus è un trattato di circa 600 pagine scritto dal più potente e illustre sovrano dell’Europa Occidentale del XIII secolo. Denota la grande attenzione per la cultura e il sapere da parte di Federico II e di tutta la sua corte. Il trattato non ha avuto la fortuna che meritava, in parte per la damnatio memoriae che colpì il casato svevo dopo l’aggressione angioina, in parte per la mole stessa del testo, che anticipava di secoli l’osservazione e lo studio del comportamento degli animali, rimanendo insuperato, per molti aspetti, fino a Konrad Lorenz (1903-1989), fondatore dell’etologia.
“Il sovrano svevo – afferma Ortensio Zecchino, curatore della mostra e autore delle fotografie in esposizione che attualizzano il Trattato - amava andare coi suoi falchi nella splendida natura del Tavoliere e della Murgia, e i tre castelli in cui si svolge la mostra sono tre luoghi di straordinaria memoria federiciana”. Nell’iniziativa sono stati coinvolti, ognuno per l’eccellenza che rappresenta nel proprio campo, quattro personalità di primissimo piano. Il Maestro Riccardo Muti, originario dei luoghi dove si erge Castel del Monte, ha scelto le musiche per accompagnare il visitatore nella visione e nella lettura del Trattato. Ortensio Zecchino, presidente dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani, oltre ad aver svolto in questa mostra la duplice veste di consulente scientifico del percorso e di autore delle fotografie che attualizzano il Trattato, ha realizzato buona parte degli scatti proprio nei luoghi in cui Federico II era uso andare a caccia. Anna Laura Trombetti Budriesi, ordinaria di storia medievale all’Università di Bologna e massima specialista del Trattato, avendone curato l’edizione critica e la prima traduzione completa in italiano, ha realizzato l’apparato scientifico su cui si snoda la mostra (gli allestimenti e i prodotti multimediali sono progettati e realizzati dall’architetto Elena Giangiulio della “Syremont Spa”, coadiuvata dalla direzione artistica de Il Cigno). Piero Pizzi Cannella, fondatore della Nuova Scuola Romana e uno dei maggiori esponenti dell’arte figurativa ha dipinto le pagine del manoscritto e una monumentale scenografia (allestita a Castel del Monte), oltre ad esporre le “opere veggenti”, ossia quelle tele che mantengono viva la tradizione federiciana anche nella pittura contemporanea.
Il visitatore potrà visionare la nuova edizione in italiano del Trattato federiciano. Ci si potrà immergere nella vita e nelle passioni di Federico II, usufruendo di un originale percorso iconografico che alterna miniature medievali a fotografie e dipinti, nell’ambito di un’esperienza accompagnata dalla musica.
“Il trattato fridericiano – prosegue Ortensio Zecchino - è frutto non solo di studi approfonditi (comprensivi della traduzione in latino di importanti trattati arabi sulla falconeria), ma anche di una di una lunga e appassionata pratica diretta. L’elevazione di Foggia a ‘città imperiale’ e la Puglia a terra prediletta – notorio il suo appellativo di Puer Apuliae – è dovuta al fatto che quella regione offriva habitat ineguagliabili per le prede, soprattutto animali acquatici, e falchi. Al di là delle tante e varie suggestioni e della sua utilità pedagogica per chiunque voglia praticare ancor’oggi la falconeria, il trattato di Federico va riconosciuto come un’opera di scienza ‘moderna’”.
“La falconeria - afferma Anna Laura Trombetti Budriesi - occupò gran parte del tempo di Federico II, tutto quello che poteva strappare agli affari di Stato: la considerò una scienza e volle elevarla al rango di ars venandi, perfetta sintesi di conoscenze teoriche e abilità pratiche. Nell'opera scrive che si tratta di una disciplina elaborata e complessa e per questo assolutamente riservata ai nobili che ne potranno trarre ampi vantaggi nella loro vita. Per le difficoltà presentate rispetto alle altre venationes (i rapaci sono difficilissimi da addestrare) la caccia con i rapaci è, secondo Federico II, un’attività molto utile all’arte di governo, perché richiede la capacità di domesticazione e la conoscenza del territorio”.
In una lettera di Federico II al figlio Corrado IV si legge: “Ai signori del mondo e ai re non basta la sola discendenza nobile, se la nobiltà d’animo non aiuta la stirpe elevata e un’attività onorevole non dà lustro al principato. […] Smettiamo immediatamente di essere re se, privandoci della cautela dei re ci comportiamo come dei privati cittadini, piuttosto che governare”.
“La caccia coi rapaci, dunque, non è solo un passatempo di alto livello, è un'attività altamente formativa, che conferma la nobiltà di chi la insegna ed esalta quella di chi la apprende”, conclude Trombetti Budriesi.
La mostra si articola in tre tappe: Castel del Monte accoglierà il visitatore e lo proietterà nel Trattato federiciano privilegiando le pitture di Pizzi Cannella; a Bari sarà fruibile la straordinaria campagna fotografica condotta da Ortensio Zecchino, in buona parte nella Murgia e nel Tavoliere; Trani privilegerà la multimedialità, con i video che consentiranno di passare dalle pagine originali del Trattato alla traduzione e lettura delle pagine del Trattato. Saranno presentate anche le traduzioni del Trattato in arabo (per la prima volta in forma integrale) e in italiano.
Le cerimonie di inaugurazione si terranno mercoledì 6 giugno 2018 alle ore 19.00 a Castel del Monte, mercoledì 13 giugno al Castello di Bari e lunedì 18 giugno al Castello di Trani alle ore 17.30. Interverranno la direttrice del Polo Museale della Puglia, Mariastella Margozzi, la direttrice di Castel del Monte, Elena Saponaro, la direttrice dei castelli di Bari e di Trani, Rosa Mezzina, i curatori della mostra Anna Laura Trombetti Budriesi e Ortensio Zecchino, i gestori della concessione Tommaso Morciano e Lorenzo Zichichi.
lunedì 4 giugno 2018
Ambrogio Lorenzetti in Maremma
La prima grande mostra sul maestro senese nella città che custodisce uno
dei suoi massimi capolavori, la “Maestà”. Complesso Museale di San
Pietro all’Orto.
Sono undici le opere di Ambrogio Lorenzetti, uno dei più grandi pittori europei del XIV secolo, che saranno esposte da sabato 2 giugno a domenica 16 settembre 2018 nelle sale del Complesso Museale di San Pietro all'Orto, Corso Diaz n.36, a Massa Marittima (GR).
La mostra dal titolo: “Ambrogio Lorenzetti in Maremma. I capolavori dei territori di Grosseto e Siena”, è promossa dal Comune di Massa Marittima, Comune di Siena, Complesso Museale Santa Maria della Scala, Università di Siena, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Siena e con il Patrocinio di Musei di Maremma e Parco Nazionale Colline Metallifere grossetane. Lorenzetti, noto come il pittore del “Buon Governo”, il ciclo di dipinti allegorici e dalle visione urbane e agresti nel Palazzo Pubblico di Siena, è stato un pittore dall'incontenibile creatività che ha rinnovato profondamente molte tradizioni iconografiche. Un innovatore dei dipinti d'altare, di storie sacre e che ha allargato lo sguardo della pittura alla narrazione del paesaggio e della pittura d'ambiente, artista fino a poco tempo fa paradossalmente poco conosciuto. C'è voluta la grande mostra che si è tenuta recentemente al Santa Maria della Scala di Siena per ridare a Lorenzetti una giusta visibilità e considerazione.
Questo evento espositivo rappresenta l'ideale prosecuzione di quell'evento ma anche e soprattutto, un omaggio alla città di Massa Marittima dove è conservato uno dei grandi capolavori del pittore trecentesco la Maestà realizzata intorno al 1335. Un'opera dipinta dal Lorenzetti per gli eremiti agostiniani della chiesa di San Pietro all’Orto che da nome all’attuale museo situato accanto alla chiesa. In questo dipinto Ambrogio elaborò un’iconografia complessa, una grande opera che raffigura le tre virtù teologali sedute sui gradini che conducono al trono della Madonna. A partire da questo importante dipinto si sviluppa la mostra che si propone di offrire una visione d’insieme delle varie stagioni conosciute dal pittore nel corso della propria carriera, anche al fine di contestualizzare meglio la stessa Maestà nell’ambito di quella che era considerata la Maremma senese con opere provenienti dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi, Roccalbegna, Montenero d’Orcia e poi Siena. Tra le opere esposte con la figura del Re Salomone (1320 / 1325), frammento che faceva in origine parte di una delle cornici di raccordo tra le scene che Ambrogio, assieme al fratello Pietro, eseguì per la Sala Capitolare del convento senese di San Francesco. Risalenti al 1340 il Polittico di San Pietro in Castelvecchio e il Polittico della Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo dipinto per la Chiesa di Roccalbegna. Tra queste due date si collocano le altre opere in mostra: la Croce dipinta della Pieve di Montenero d’Orcia, la vetrata raffigurante il San Michele Arcangelo vittorioso sul demonio, le sinopie dell’Annunciazione della cappella di San Galgano a Montesiepi, i Quattro Santi del Museo dell’Opera della Metropolitana di Siena, le scene affrescate lungo il lato orientale del Chiostro di San Francesco, sempre a Siena, e l’Allegoria della Redenzione della Pinacoteca di Siena. Il percorso della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, o i Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese. Il percorso espositivo della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, oggi Museo degli Organi Meccanici Antichi dove sarà presente un frammento di affresco, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese. “Con questa grande mostra dedicata a Lorenzetti - ha spiegato il sindaco Marcello Giuntini - vogliamo dimostrare che Massa Marittima può ospitare un evento espositivo di altissimo livello. Si rafforza in questo modo la nostra proposta nell’ambito del turismo culturale che si somma alla nostra già importante proposta museale”. “Organizzare questa mostra è stata una sfida che c’eravamo posti quando il Comune di Siena ci aveva proposto di esporre la Maesta al Santa Maria della Scala - ha aggiunto l’assessore Marco Paperini - in questo modo abbiamo avviato una importante collaborazione con Siena che darà frutti anche nel futuro e che ci ha permesso di portare a Massa Marittima opere di altissimo livello. Altro aspetto importante - ha sottolineato - è quello di offrire ai visitatori la possibilità di ammirare le opere di Ambrogio nella sede dove la Maestà è stata concepita e realizzata”.
La mostra “Ambrogio Lorenzetti in Maremma. Capolavori dei territori di Grosseto e Siena”, è aperta con i seguenti orari: dal 2 giugno al 30 giugno da martedì a domenica 10 – 13/ 16- 19, dal 1 luglio al 16 settembre tutti i giorni dalle 10 allei 12 e dalle 16 alle 20. Ingresso intero 7 euro, ridotto 5 euro.
Un’altra importante iniziativa prevede riduzioni per i turisti ospiti nelle strutture ricettive del Comune di Massa Marittima mentre per luglio, agosto e settembre saranno organizzate visite gratuite per i residenti.
Informazioni: Ufficio turistico Comune di Massa Marittima/ Musei di Massa Marittima, Musei di Maremma, tel. 0566901954.
Sono undici le opere di Ambrogio Lorenzetti, uno dei più grandi pittori europei del XIV secolo, che saranno esposte da sabato 2 giugno a domenica 16 settembre 2018 nelle sale del Complesso Museale di San Pietro all'Orto, Corso Diaz n.36, a Massa Marittima (GR).
La mostra dal titolo: “Ambrogio Lorenzetti in Maremma. I capolavori dei territori di Grosseto e Siena”, è promossa dal Comune di Massa Marittima, Comune di Siena, Complesso Museale Santa Maria della Scala, Università di Siena, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Siena e con il Patrocinio di Musei di Maremma e Parco Nazionale Colline Metallifere grossetane. Lorenzetti, noto come il pittore del “Buon Governo”, il ciclo di dipinti allegorici e dalle visione urbane e agresti nel Palazzo Pubblico di Siena, è stato un pittore dall'incontenibile creatività che ha rinnovato profondamente molte tradizioni iconografiche. Un innovatore dei dipinti d'altare, di storie sacre e che ha allargato lo sguardo della pittura alla narrazione del paesaggio e della pittura d'ambiente, artista fino a poco tempo fa paradossalmente poco conosciuto. C'è voluta la grande mostra che si è tenuta recentemente al Santa Maria della Scala di Siena per ridare a Lorenzetti una giusta visibilità e considerazione.
Questo evento espositivo rappresenta l'ideale prosecuzione di quell'evento ma anche e soprattutto, un omaggio alla città di Massa Marittima dove è conservato uno dei grandi capolavori del pittore trecentesco la Maestà realizzata intorno al 1335. Un'opera dipinta dal Lorenzetti per gli eremiti agostiniani della chiesa di San Pietro all’Orto che da nome all’attuale museo situato accanto alla chiesa. In questo dipinto Ambrogio elaborò un’iconografia complessa, una grande opera che raffigura le tre virtù teologali sedute sui gradini che conducono al trono della Madonna. A partire da questo importante dipinto si sviluppa la mostra che si propone di offrire una visione d’insieme delle varie stagioni conosciute dal pittore nel corso della propria carriera, anche al fine di contestualizzare meglio la stessa Maestà nell’ambito di quella che era considerata la Maremma senese con opere provenienti dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi, Roccalbegna, Montenero d’Orcia e poi Siena. Tra le opere esposte con la figura del Re Salomone (1320 / 1325), frammento che faceva in origine parte di una delle cornici di raccordo tra le scene che Ambrogio, assieme al fratello Pietro, eseguì per la Sala Capitolare del convento senese di San Francesco. Risalenti al 1340 il Polittico di San Pietro in Castelvecchio e il Polittico della Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo dipinto per la Chiesa di Roccalbegna. Tra queste due date si collocano le altre opere in mostra: la Croce dipinta della Pieve di Montenero d’Orcia, la vetrata raffigurante il San Michele Arcangelo vittorioso sul demonio, le sinopie dell’Annunciazione della cappella di San Galgano a Montesiepi, i Quattro Santi del Museo dell’Opera della Metropolitana di Siena, le scene affrescate lungo il lato orientale del Chiostro di San Francesco, sempre a Siena, e l’Allegoria della Redenzione della Pinacoteca di Siena. Il percorso della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, o i Museo degli Organi Meccanici Antichi, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese. Il percorso espositivo della mostra si completa con la visita ad altri due importanti luoghi della città, dove Lorenzetti lavorò: la Chiesa di San Pietro all’Orto, oggi Museo degli Organi Meccanici Antichi dove sarà presente un frammento di affresco, e la Cattedrale di San Cerbone, dove sono presenti affreschi recentemente attribuiti al grande artista senese. “Con questa grande mostra dedicata a Lorenzetti - ha spiegato il sindaco Marcello Giuntini - vogliamo dimostrare che Massa Marittima può ospitare un evento espositivo di altissimo livello. Si rafforza in questo modo la nostra proposta nell’ambito del turismo culturale che si somma alla nostra già importante proposta museale”. “Organizzare questa mostra è stata una sfida che c’eravamo posti quando il Comune di Siena ci aveva proposto di esporre la Maesta al Santa Maria della Scala - ha aggiunto l’assessore Marco Paperini - in questo modo abbiamo avviato una importante collaborazione con Siena che darà frutti anche nel futuro e che ci ha permesso di portare a Massa Marittima opere di altissimo livello. Altro aspetto importante - ha sottolineato - è quello di offrire ai visitatori la possibilità di ammirare le opere di Ambrogio nella sede dove la Maestà è stata concepita e realizzata”.
La mostra “Ambrogio Lorenzetti in Maremma. Capolavori dei territori di Grosseto e Siena”, è aperta con i seguenti orari: dal 2 giugno al 30 giugno da martedì a domenica 10 – 13/ 16- 19, dal 1 luglio al 16 settembre tutti i giorni dalle 10 allei 12 e dalle 16 alle 20. Ingresso intero 7 euro, ridotto 5 euro.
Un’altra importante iniziativa prevede riduzioni per i turisti ospiti nelle strutture ricettive del Comune di Massa Marittima mentre per luglio, agosto e settembre saranno organizzate visite gratuite per i residenti.
Informazioni: Ufficio turistico Comune di Massa Marittima/ Musei di Massa Marittima, Musei di Maremma, tel. 0566901954.
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