venerdì 17 dicembre 2021

Inaugurazione sezione medievale Torre del Marcangione del Museo “Pallottino” di Melfi

Venerdì 17 dicembre 2021
alle ore 12,00 nel Museo Archeologico Nazionale “Massimo Pallottino” di Melfi (PZ) è in programma l’inaugurazione della sezione medievale Torre del Marcangione a cura di Annamaria Mauro e Erminia Lapadula.
La sezione medievale del Museo, ospitata nella Torre del Marcangione, espone i reperti rinvenuti nel corso dei numerosi lavori di restauro del castello e in particolare quelli che hanno interessato la stessa torre.
Grazie all’intervento Opere di riqualificazione e valorizzazione funzionale del Castello di Melfi, inserito nel programma PON “Cultura e Sviluppo” FESR 2014-2020, avviato nel 2016 e portato avanti dal Segretariato Regionale insieme agli altri Istituti periferici del Ministero della Cultura, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e la Direzione Regionale Musei, si è potuto completare il restauro della torre e contestualmente procedere al suo allestimento. Le nuove sale ampliano il percorso del museo “Massimo Pallottino”.
La nuova sezione espone i reperti compresi tra il 1100 e il 1700 che documentano la storia del castello e la sua importanza. Grazie agli oggetti, ai colori e ai decori si viaggia attraverso seicento anni di storia, testimoniata anche dalla torre che conserva tra le sue mura le tracce di un passato importante.
I materiali esposti nei tre piani della Torre del Marcangione raccontano i cambiamenti nel gusto e negli usi alimentari, l’evoluzione della tecnologia nella produzione delle ceramiche, ma anche la ricchezza e la raffinatezza che hanno caratterizzato soprattutto l’età di Federico II di Svevia. È in questo periodo, infatti, che si assiste ad un fenomeno davvero significativo: la tangibile commistione tra la cultura islamica, retaggio della Sicilia arabo normanna, quella bizantina, cui l’imperatore era stato educato, e le tradizioni più radicate nei territori peninsulari dell’Italia meridionale.
L’ambiente centrale ospita il bacino da parata in protomaiolica policroma con la scena simbolica del grifone che aggredisce un cervo. Attraverso questa si accede alla sala delle ceramiche dove è esposto il vasellame da mensa: dalle prime produzioni con rivestimento vetroso, alle protomaioliche degli inizi del XIII secolo ed ancora alle invetriate policrome di età angioina. Il viaggio continua con i manufatti tecnologicamente più complessi, con decorazioni graffite su ingobbio, ed ancora con le ceramiche smaltate e le maioliche policrome cinquecentesche e seicentesche.
Scendendo di un piano, la sala dei bestiari ci introduce nella tradizione simbolica del Medioevo qui rappresentata attraverso le ceramiche con animali o scene di caccia.
La sala dei vetri, invece, ospita una raccolta di bicchieri, coppe e bottiglie con pregevoli decorazioni a smalto e iscrizioni pseudo cufiche.
Il percorso di visita si conclude nell’ambiente più alto della torre, pregevole per la sua architettura, dove si conservano parti dell’armatura, nonchè la spada dal fodero decorato con simboli cristiani, appartenute ad un soldato delle guarnigioni poste a difesa del castello. Siamo, ormai, agli inizi dell’Età moderna.

sabato 13 novembre 2021

Meraviglie nascoste al Museo Medievale di Bologna

Con le sue collezioni ricche di raffinati manufatti, preziosi capolavori e oggetti unici - tra statuaria, manufatti lapidei, codici miniati, bronzi, armi, avori e vetri - il Museo Civico Medievale di Bologna presenta una visione unica dell'arte e della storia di Bologna durante l'epoca medievale. Da oggi si potrà scegliere tra due modalità per varcarne la soglia e compiere un affascinante viaggio a ritroso nel tempo: percorrendo a piedi il portico di via Manzoni, nel cuore del centro storico della città, fino a raggiungere il numero civico 4 oppure entrando nella sua versione tridimensionale, immersiva e interattiva, attraverso il collegamento al sito web:
museocivicomedievalebologna.publicsicc.com.

Dalla partnership tecnica dell'Istituzione Bologna Musei con Publics ICC, start-up attiva nell'ambito della ideazione e realizzazione di software e soluzioni innovative volte alla fruizione del patrimonio artistico-culturale, nasce 3D ART XP, un nuovo percorso virtuale a libera accessibilità in grado di trasportare il visitatore direttamente all'interno degli spazi del museo, per un'esperienza di visita completa e dinamica grazie all'integrazione tra innovative tecnologie digitali 3D e contenuti audiovisivi.
Sfruttando le potenzialità della rappresentazione virtuale, il museo diventa fruibile online in una duplicazione digitale fedele allo spazio "reale": dalla configurazione architettonica dell'edificio dove ha sede dal 1985 - lo splendido Palazzo Ghisilardi, uno degli esempi più illustri di palazzo rinascimentale bolognese – all'ordinamento del complesso patrimonio che contribuisce a raccontare la storia di Bologna, a partire dagli antichi manufatti altomedievali del VII-IX secolo fino al XVI secolo. All'esperienza di visita fisica negli spazi del museo si affianca così, senza sostituirla, una diversa forma di fruizione che contribuisce ad ampliare l'offerta informativa sul patrimonio e rendere il pubblico più consapevole e desideroso di avvicinarsi, per la prima volta o per tornare ad esplorarne le collezioni da un diverso punto di vista.
L'utilizzo di tecnologia laser a luce strutturata ha permesso di realizzare scansioni reali in alta risoluzione di tutti gli ambienti espositivi nella loro interezza, liberamente percorribili su qualsiasi tipo di device. Muovendosi all'interno dei 4 piani in cui si articola la planimetria virtuale, l'utente può esplorare lo space 3D ruotando il modello con qualsiasi angolazione a 360° per apprezzare appieno il layout e il modo in cui ogni ambiente è correlato rispetto all'intero spazio. L'inserimento di punti di interesse dinamici tridimensionali (hotspot) consente inoltre un accesso veloce ad approfondimenti di carattere tecnico, storico e artistico attraverso contenuti audiovisivi di storytelling, realizzati con la consulenza scientifica dello staff del museo.
A dare il benvenuto e accogliere il visitatore nel cortile di Palazzo Ghisilardi è il direttore Massimo Medica, che ne ripercorre la complessa stratificazione storica, definendolo di per se stesso “un museo nel museo”, per il radicamento nel tessuto urbano e il sedimento di accumulo plurisecolare di cui porta testimonianza.
Fatto erigere tra il 1483 e il 1491 dal notaio Bartolomeo Ghisilardi come residenza di famiglia, l'edificio offre un punto di immediato interesse, visibile sul lato destro del cortile, nella casa-torre alta una ventina di metri, che ci riporta alla cruciale fase di grande ripresa della città dopo la crisi tardo antica e altomedievale. È detta “dei Conoscenti”, dal nome del facoltoso Alberto Conoscenti, capitano di milizie e poi tesoriere del Comune di Bologna, che fece erigere un pre-esistente edificio agli inizi del Trecento, ma più spesso “ritrovata”. Per secoli di essa si persero infatti le tracce fino a quando, durante i lavori compiuti negli anni Settanta in vista dell'apertura del museo, è tornata a esserne visibile la struttura inglobata all'interno della costruzione medievale, che costituisce una delle 20 torri gentilizie ancora esistenti nel centro di Bologna. Oltre alla tracce della precedente struttura medievale, sono visibili anche reperti di età romana e notevoli resti murari in selenìte della Rocca imperiale che i Bolognesi distrussero nel 1115 all'indomani della morte di Matilde di Canossa, durante il processo di affermazione dell'autonomia comunale.
L'esperienza di visita si articola in sette percorsi tematici introdotti da brevi contrappunti narrativi in forma di clip, visibili anche sul canale YouTube di Publics ICC, che illuminano alcuni dei principali aspetti storici e storico-artistici di Bologna durante il Medioevo. Un periodo pregiudizialmente percepito come buio, superstizioso e oscuro, dai quali emerge invece l'immagine di una città agli esordi delle sue istituzioni civili e culturali, in forte espansione urbanistica e demografica e aperta a vivaci relazioni internazionali in ambito europeo. Caratteri e valori identitari, in quei secoli in piena fase di elaborazione, che si ritrovano pressoché intatti nella città di oggi, con il loro inestimabile fascino.
Una bussola giuridica per l'Europa: la Scuola bolognese dei Glossatori; Bonifacio VIII e la lotta eterna tra Bologna e Ferrara; Fondere l'immaginazione: l'arte del bronzo;Un marchio per leggere la storia: i sigilli; La società dei tornei: l'aristocrazia che guerreggia; La micro scultura in avorio: lavori certosini e dettagli preziosi; La ceramica artistica nel Medioevo sono i capitoli che il visitatore può percorrere come in un avvincente romanzo storico, immergendosi nell'atmosfera di una cultura artistica di eccezionale vitalità espressiva, tra la sua cospicua popolazione di glossatori e di studenti provenienti da ogni parte della Cristianità latina per frequentare l'eccellente Studium, patria medievale del diritto, e dentro le botteghe artistiche e librarie, che affermarono la città come centro preminente della produzione di manoscritti a sud delle Alpi.
Ai percorsi tematici è collegato un catalogo tridimensionale di 45 manufatti artistici che permette di apprezzare dettagli e caratteristiche non visibili a occhio nudo, grazie a un processo di scansione con scanner mobili a luce strutturata, in grado di acquisire contemporaneamente forme e texture, e la riproduzione 3D con software di modellazione di ultima generazione.
I pezzi selezionati sono rappresentativi della varietà delle collezioni del museo, tra i più iconici e prestigiosi che ne identificano il patrimonio ma anche tra i meno noti.
La procedura di consultazione del modello prevede le principali modalità di interazione: movimento lineare, rotazione, variazione del punto di vista e la consultazione di una scheda descrittiva con le caratteristiche specifiche di ogni oggetto.
In linea con l'indirizzo assunto di integrare ed espandere la funzione espositiva reale dei musei con il contributo delle tecnologie digitali, questo nuovo progetto sperimentale di valorizzazione delle collezioni conferma l'attenzione dell'Istituzione Bologna Musei verso la qualità dei dispositivi di comunicazione e dei contenuti divulgativi come strumenti indispensabili per favorire la più ampia conoscenza del patrimonio anche da remoto.
Il Museo Civico Medievale identifica e riflette il valore universale della civiltà comunale e universitaria bolognese. Non è casuale che la presentazione della sua versione virtuale avvenga alla vigilia dell'apertura della mostra Medieval Bologna: Art for a University City visibile al Frist Art Museum di Nashville dal 5 novembre 2021 al 30 gennaio 2022, la più ampia finora organizzata negli Stati Uniti sull'arte medievale bolognese, di cui è unico museo italiano prestatore, accanto a biblioteche e musei americani tra cui J. Paul Getty Museum, Library of Congress, Metropolitan Museum of Art, National Gallery of Art, New York Public Library e Princeton University Library.
A ideale completamento del percorso virtuale 3D ART XP, rimane consultabile sul portale www.storiaememoriadibologna.it lo scenario tematico dedicato al Lapidario, che consente una passeggiata virtuale nella raccolta di 41 manufatti lapidei, 'fogli di pietra' in cui sono incise vicende pubbliche e private sullo sfondo della vita quotidiana bolognese tra Alto Medioevo e XVII secolo.

venerdì 12 novembre 2021

"Medioevo in Veste" a Cagliari

Un viaggio nel tempo alla scoperta degli abiti del Medioevo negli anni della dominazione pisana a Cagliari, dalla fondazione del Castellum Castri, l’odierno Castello, alla conquista catalana. È questo l’intento della mostra “Medioevo in Veste – Abiti e suggestioni nel cuore medievale di Cagliari”, che sarà ospitata dalla Città Metropolitana di Cagliari da venerdì 12 novembre a domenica 12 dicembre 2021 nel Palazzo Regio di Piazza Palazzo, un tempo la Platea Communis che fu centro e cuore pulsante della Cagliari medievale pisana.
Organizzata dall’associazione culturale Samarcanda in collaborazione con la Compagnia del Borgo di Sanluri, vuole aprire uno spiraglio su un’epoca storica di cui si conoscono vicende politiche, guerre e tradimenti, ma pochissimo è noto della vita quotidiana delle persone che popolavano la Cagliari pisana. Notabili, nobildonne, templari, monaci, medici, artigiani e popolani: quali abiti usavano e con quali tessuti venivano realizzati? C’era distinzione di forme e colori tra fasce sociali? La moda nel Medioevo aveva la stessa importanza che ha assunto oggi? Sono alcune tra le domande a cui la mostra intende dare risposta, con approccio storico-scientifico e grazie al rigoroso lavoro filologico e iconografico svolto da Lucia Laconi, studiosa del Medioevo promotrice dell’evento e presidente di Samarcanda, associazione che opera nel settore socio-culturale da oltre 20 anni.
Gli studi della professoressa Laconi hanno condotto alla creazione degli abiti secondo precisi criteri di verosimiglianza, con gli stessi materiali e tecniche utilizzati nel periodo storico oggetto della mostra. Indispensabile anche il contributo del costumista di fama internazionale Alessandro Lai, noto per le sue collaborazioni con i registi Ferzan Ozpetek e Francesca Archibugi, che ha trasformato gli abiti realizzati a mano dalle migliori sartorie toscane in manufatti carichi di un’aura vissuta agli occhi dello spettatore. La collezione di epoca pisana è integrata dalla veste di Eleonora d’Arborea, concessa dagli eredi del conte Villasanta di Sanluri, da un capitano a cavallo e due guardie messi a disposizione dalla Compagnya del Borgo di Sanluri, e da un abito da gendarme offerto in prestito dal Comune di Pisa. L’allestimento è curato dall’architetto Giorgia Origa.
I pisani fondarono ed edificarono il Castellum Castri nel 1217, a seguito di un accordo con il quale la giudicessa Benedetta concesse a Pisa il colle in cambio di una promessa di protezione che ben presto si tramutò in oppressione. Nel 1258 la città fu completamente distrutta e i suoi abitanti dispersi, segnando la fine del più antico stato della Sardegna medievale, il Giudicato di Calàri, e della sua capitale Santa Igia. Castel di Castro divenne la nuova capitale della Sardegna del sud e alla fine del Duecento uno dei più importanti centri commerciali del Mediterraneo occidentale. Una gloria che durò appena cento anni, fino a quando i nuovi conquistatori catalano-aragonesi, nel 1324, si insediarono trionfalmente in Castello scacciando i pisani e costringendoli ad abbandonare l’isola.
La mostra è realizzata con il patrocinio di Città Metropolitana di Cagliari, Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Cagliari, Comune di Pisa, Fondazione di Sardegna, Camera di Commercio Cagliari-Oristano, Ente Nazionale Attività Culturali, Comitato Italiano Associazioni Nazionali Storiche, e con il sostegno di Ecoserdiana, L’Orto di Eleonora, La Fucina del Drago, Myrsine, Taak Crative Agency e La.Ve.Al.
“Un’esposizione di straordinaria bellezza sulla nostra storia che ci auguriamo sia apprezzata dai cittadini e dai visitatori”, commenta il consigliere metropolitano delegato alla Cultura Franco Magi. “L’intento è quello di replicarla nella prossima primavera anche all’estero, per esempio in Spagna”, annuncia. “La mostra vuole avere un valore divulgativo per il grande pubblico, ma anche didattico per gli studenti di ogni ordine e grado, che avranno un’occasione per approfondire questo particolare aspetto del Medioevo nella nostra città”, spiega l’ideatrice Lucia Laconi.
L’esposizione sarà inaugurata venerdì 12 novembre 2021 alle ore 17,00 alla presenza dell’assessora alla Cultura del Comune di Cagliari Maria Dolores Picciau. Seguirà, alle 18.30 nella sala consiliare, un concerto del maestro, strumentista e compositore Nicola Agus, che presenterà il suo “Viaggio”, sonorità di strumenti nati nel Medioevo rivisitati in chiave moderna.

giovedì 4 novembre 2021

Bagliori Gotici. Dal Maestro del 1310 a Bartolomeo Vivarini

Bartolomeo Vivarini, Cristo in pietà, 1485-1490,
tempera su tavola, fondo oro, cm. 48 x 48
Quasi due anni di studio e recupero delle opere sono serviti a Matteo Salamon e agli studiosi che lo hanno affiancato per infine annunciare -  dall’11 novembre al 17 dicembre 2021 - la mostra Bagliori Gotici. Dal Maestro del 1310 a Bartolomeo Vivarini che sarà allestita al piano nobile di palazzo Cicogna a Milano, sede della Galleria Salamon.
La mostra proporrà un suggestivo percorso attraverso due secoli di pittura italiana, dalla fine del Duecento ai maestri del Tardo Gotico, e presenterà 20 dipinti su tavola di eccezionale valore. Per buona parte si parla di “nuove acquisizioni agli studi”, sebbene molte delle opere fossero già conosciute da Federico Zeri (1921 - 1998), che disponeva delle relative immagini nella sua fototeca. In alcuni casi – ad esempio l’incantevole Madonna col Bambino di Agnolo Gaddi, di certo uno dei vertici della mostra –, le tavole sono state riconosciute meritevoli di dichiarazione d’interesse culturale (notificate) da parte del Ministero della Cultura. Il provvedimento di notifica equivale a dichiarare i dipinti “come degni di far parte delle maggiori collezioni museali italiane”, e attribuisce loro la prerogativa di documenti imprescindibili del nostro patrimonio nazionale.
In buona sostanza: opere che il collezionista avveduto non dovrebbe farsi scappare.
La rassegna espositiva prenderà avvio da un’importante tavola dell’anonimo noto come ‘Maestro del 1310’, fondatore della scuola pistoiese. Il dipinto, ritenuto da Tartuferi una prova giovanile di questo geniale autore, è databile al 300-1305, ed è testimone di una persistente tradizione gotica in Italia, alternativa al classicismo di Giotto e segnata da evidenti influenze francesi. L’estrema rarità delle opere del maestro conservate in raccolte private – si conosceva finora solo una preziosa tavola, già nella villa chiantigiana della pop-star Madonna – attesta la straordinaria rilevanza di questo recupero.
Il Trecento italiano viene sondato attraverso l’analisi di un notevole dittico di Jacopo del Casentino, di un altarolo dell’inconsueto Giovanni Gaddi – fratello maggiore di Agnolo –, un Cristo in pietà fra Santi Margherita e Giovanni dell’anonimo artista senese noto come Maestro del Trittico Richardson, e di due tavole di scuola bolognese, una Madonna addolorata e un San Giovanni Evangelista, di Lippo di Dalmasio, raro Maestro Bolognese del Trecento.
Discorso a parte merita il dossale col Giudizio finale di Niccolò di Tommaso, chiara testimonianza del carattere retrospettivo e quasi ‘neobizantino’ della pittura in Toscana dopo la peste del 1348.
Alla lunga stagione del Gotico Internazionale, a cavallo fra i due secoli, appartengono uno splendido altarolo del fiorentino Cenni di Francesco di Ser Cenni, due delicate Madonne di Lorenzo di Bicci e una incisiva tavola con San Francesco che mostra le stimmate del senese Andrea di Bartolo; e ancora una Madonna col Bambino fra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista ad opera del pittore portoghese Álvaro Pires de Évora, attivo a lungo in Italia nel primo ‘400 e la cui vicenda personale risulta essere emblematica delle traiettorie culturali tracciate dagli artisti in questa fase.
Allievo di Gentile da Fabriano a Venezia era verosimilmente l’anonimo artista indicato da Zeri come il ‘Maestro dell’Annunciazione Ludlow’, del quale in mostra si presenta una raffinata Madonna in trono col Bambino. Questi in laguna incarna il trait d’union tra gli artisti del Tardogotico e i maestri del primo Rinascimento, a partire da Antonio Vivarini che nella prima attività pare prendere spunto dai suoi modelli. Il Cristo in pietà di Antonio Vivarini interpreta la cultura umanistica padovana in senso schiettamente lineare, mentre l’analogo soggetto realizzato successivamente da Bartolomeo mostra come pure a Venezia, nella seconda metà del XV secolo, avesse attecchito la concezione prospettica della forma dei maestri fiorentini. Chiudono la rassegna un’intensa Crocifissione del pesarese – ma di cultura felsinea – Giovanni Antonio Bellinzoni e una deliziosa Madonna col Bambino e quattro santi del fiorentino Ventura di Moro, tavola questa della metà del Quattrocento ma che pare ancora affermare, con ammirevole consapevolezza storica, l’attualità della tradizione del secolo precedente.

mercoledì 20 ottobre 2021

Esposizione straordinaria del Liber figurarum di Gioacchino da Fiore a Reggio Emilia

Drago dell'Apocalisse (draco magnus)
Il Liber figurarum, un rarissimo codice miniato medievale, sarà protagonista assoluto al Museo Diocesano di Reggio Emilia venerdì 22 ottobre 2021 dalle ore 17.30 alle ore 19, in via Vittorio Veneto 6. L’esposizione straordinaria al pubblico è promossa dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi e dall’Associazione Città di Reggio. L’ingresso e le visite guidate sono gratuiti. Sua Eccellenza il Vescovo Massimo Camisasca sarà presente e disponibile ad alcune domande sull’Abate Gioacchino da Fiore.
C’è chi crede che la storia umana sia percorsa da simmetrie ricorrenti, personalità e circostanze che si ripresentano nei secoli; il Liber figurarum ha la pretesa coraggiosa (e oltraggiosa) di fissarle sulla carta, varcando con l’inchiostro e un pensiero tanto originale quanto profondo la precarietà e i dolori di un’epoca per noi lontana, nel tentativo di intravedere l’eterno e il rinnovamento finale dell’umanità.
Dante lo tenne presente nello scrivere la Divina Commedia e cita nel Paradiso il suo autore come “il calavrese abate Gioacchino / di spirito profetico dotato”; Michelangelo si rifece alle stesse geometrie nell’affrescare la Cappella Sistina e Cristoforo Colombo lo ricorda nei suoi diari. Innumerevoli altri artisti, scultori e pensatori ne furono e sono tuttora influenzati.
Il Liber figurarum è la summa illustrata del pensiero di Gioacchino da Fiore, un teologo del dodicesimo secolo di enorme importanza nel pensiero occidentale. Convinto che la storia umana si potesse dividere in tre “regni” corrispondenti alle tre Persone della Trinità, tramite immagini enigmatiche e complesse tentò di intravedere i contorni della terza era, da lui ritenuta imminente, che avrebbe purificato l’umanità e portato termine a ogni dolore. La sua tensione profetica è ricca di sete di rinnovamento ed esercita un fascino immutato attraverso i secoli.
Questo codice, una delle tre copie esistenti al mondo (le altre sono a Oxford e Dresda), è una delle più belle e importanti raccolte della teologia medievale. Le immagini (figurae) furono disegnate da Gioacchino in tempi diversi e poi radunate nel Liber a cui diedero il nome.
In occasione di questa esposizione sarà possibile conoscere anche tutte le altre attività e proposte dell’Associazione Città di Reggio.

giovedì 14 ottobre 2021

Dante a Novara

Dante a Novara: in mostra codici e libri antichi alla Negroni Edizioni e personaggi della Commedia tra Sesia e Ticino Dall' 11 ottobre al 27 novembre 2021 la Biblioteca Civica Negroni di Novara ospita un percorso espositivo alla scoperta di libri preziosi e rari della collezione dantesca di Carlo Negroni, unica in Italia. Attraverso i versi della Divina Commedia questi antichi volumi sfidano i secoli e raccontano la storia del libro: dai manoscritti alla stampa a caratteri mobili, dalla nascita a Venezia del corsivo e del formato tascabile alla prima volta in cui nel titolo compare l'appellativo Divina. A cura dei giovani volontari del Centro Novarese di Studi Letterari con catalogo Educatt e aperture speciali per le scuole. Una collezione unica in Italia è al centro della mostra "Dante a Novara" nel VII centenario dantesco con codici manoscritti medievali, edizioni antiche e capolavori dell'arte tipografica, a cura di Roberto Cicala e Paolo Testori con la collaborazione di Alessandro Audisio, Federica Rossi e Valentina Zanon. L'esposizione, a palazzo Vochieri in corso Cavallotti 6 a Novara, e ad ingresso gratuito ma solo su prenotazione on line:  
Il progetto, di Centro Novarese di Studi Letterari e Comune di Novara con il coinvolgimento di molti enti locali e del Comitato dantesco novarese, propone una selezione della collezione che il senatore Carlo Negroni lasciò alla comunità cittadina e oggi conservata presso la Biblioteca che porta il suo nome. È una raccolta tra le più importanti tutt'oggi presenti in Italia sia per consistenza, con oltre 2200 esemplari, tra volumi e opuscoli, sia per il valore e rarità delle edizioni che abbracciano oltre tre secoli di storia della tradizione dantesca. L'esposizione si chiude con una comparazione tra edizioni di vari formati, da piccolissimi fino alla monumentale opera di Gustave Dorè, illustratore tra i più famosi in Europa nella seconda metà dell'Ottocento, per la quale ideò ben 136 xilografie di grande formato L'esposizione dei libri antichi, con un progetto di allestimento sotto la supervisione del dirigente Cultura del comune di Novara Davide Zanino, è autorizzata dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Piemonte e della Valle d'Aosta, con l'apporto del personale della Biblioteca e con vari enti coinvolti tra cui Archivio di Stato di Novara, Associazione di volontariato Amici Opera Pia Carlo Negroni, Biblioteca Gaudenziana della Diocesi di Novara, Biblioteca del liceo classico e linguistico Carlo Alberto, Biblioteca del liceo delle Scienze Umane ed Economico Sociale Contessa Tornielli Bellini, Laboratorio di editoria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ufficio Scolastico Provinciale.
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venerdì 8 ottobre 2021

La “Biblioteca” di Dante a Palazzo Corsini

La “Biblioteca” di Dante

a cura di Roberto Antonelli, Ebe Antetomaso, Marco Guardo, Lorenzo Mainini

8 ottobre 202116 gennaio 2022

Palazzo Corsini, Roma

Nell’opera dantesca, e nella Commedia in particolare, la tradizione della cultura classica, cristiana e medievale si ricapitola come in una summa: autori, libri, scuole di poeti e filosofi, enciclopedie, mitologie antiche e dogmi cristiani, scrittori canonici e autori più eccentrici vengono tutti riattraversati dallo sguardo di Dante, che scrivendo il suo testo ne riscrive simultaneamente la tradizione d’appartenenza. In tal senso sapere di quali letture, di quali libri, si sia materialmente nutrita la cultura e la fantasia poetica dell’Alighieri ha da sempre costituito un interrogativo profondo tanto per i critici che per i lettori per arrivare a una comprensione più profonda della Commedia. La ricerca tuttavia si scontra sull’evidenza che Dante non ebbe mai una vera e propria biblioteca, stabile e personale, come poi invece fu per Petrarca; non possediamo neppure autografi o libri sicuramente a lui appartenuti. Il dibattito su quali opere Dante abbia effettivamente letto e quali egli conoscesse solo per altrui citazioni o epitomi è pertanto ancora aperto e di grande rilevanza: il convegno e la mostra intendono offrire lo status quaestionis integrato con nuove ricerche mirate.
Nella mostra saranno per la prima volta esposte tutte le opere da Dante esplicitamente citate e presumibilmente lette, quindi parte d’una sua "biblioteca", secondo i più recenti accertamenti e secondo un percorso rappresentativo del suo iter intellettuale e poetico. Saranno esposti in larga prevalenza codici dei secoli XIII e XIV, ovvero libri che corrispondono alle tipologie manoscritte che Dante potrebbe aver praticato; saranno esposti inoltre alcuni codici provenienti dal fondo duecentesco della biblioteca di Santa Croce, il convento fiorentino che, secondo gli studi più recenti, potrebbe aver ospitato la prima formazione del poeta. I manoscritti saranno ordinati tematicamente e cronologicamente secondo lo sviluppo dell’opera dantesca, in base anche ai suoi possibili spostamenti prima e dopo l’esilio. Saranno invece escluse tutte le opere che dalla critica sono state a lui ricondotte in base ad ipotesi, allusioni o riscontri degli interpreti moderni, spesso discordi, privilegiando invece quei testi, coi loro antichi libri, che con maggiore sicurezza permetteranno al visitatore di conoscere e d’esplorare i “punti fermi” della “biblioteca” dantesca.
La mostra sarà articolata in sei grandi sezioni: 1) La “Bibbia” e la tradizione cristiana; 2) La tradizione classica: gli Auctores nella “Vita nuova”; 3) La tradizione romanza; 4) La tradizione classica dalla “Vita nuova”; 5) Retorica e trattatistica medievale; 6) Filosofia, scienza e teologia.
La partizione della mostra, che in più occasioni fa perno su un “prima” e un “dopo” la Vita nuova, vuole in tal modo distinguere due fasi della biografia dantesca e della sua “biblioteca”, quella riferibile alla vita fiorentina e quella, testimoniata nelle opere successive al “libello giovanile”, segnata invece dall’esilio.
Fra gli oltre 70 codici che saranno esposti, provenienti dalle maggiori collezioni italiane e internazionali – tutti libri fondamentali per la comprensione della poesia e della cultura dantesca – si segnalano il manoscritto della Biblioteca Nazionale di Roma Vitt. Emm. 1502, che raccoglie, riccamente illustrati, i testi profetici di Gioacchino da Fiore, «il calavrese abate Giovacchino /di spirito profetico dotato», immortalato in Pd XII; i diversi codici fiorentini provenienti dall’antica biblioteca di Santa Croce – il convento francescano che forse Dante frequentò prima del suo esilio –, tra i quali l’antichissimo codice di Servio, il commentatore virgiliano (Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 22 sin 1), o il manoscritto della Consolatio philosophiae di Boezio (Plut. 23 dex 11), glossata in volgare all’inizio del Trecento e ricordata dall’Alighieri come una delle sue letture fondamentali dopo la morte di Beatrice; o ancora il canzoniere della lirica trobadorica, raccolto nel codice laurenziano Plut. 41.42, libro per certi aspetti affine alla silloge di poesia provenzale che fu nota a Dante; il manoscritto corsiniano del Roman de la rose (Roma, Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, 55 K 4), sulla cui conoscenza dantesca si è sviluppato, e si svolge, un lungo e appassionato dibattito filologico-letterario; per continuare inoltre coi manoscritti filosofici e scolastici, che, coi loro testi, fondano la struttura mentale della visione dantesca, della sua morale e della sua teologia: l’Etica aristotelica della Biblioteca Nazionale di Napoli (VIII.G.25) o gli scritti di Sigieri di Brabante, il filosofo eterodosso che in Paradiso «silogizzò invidïosi veri» (X, 138), proveniente dalla Biblioteca Cathariniana di Pisa (ms. 17); per tornare poi ai libri letterari, fonti per l’Alighieri di stile e invenzione, come il Giovenale parigino (Paris, BnF, lat. 8073), o il Lancillotto della Marciana di Venezia (Fr. Z 11), dalle cui storie fuoriesce una delle immagini più durature della poesia dantesca, quella del bacio tra Paolo e Francesca, doppione infernale del bacio letterario fra Lancillotto e Ginevra.
A integrazione dell’esposizione, sempre dall’8 ottobre, Paesaggi e personaggi della Commedia. Un'iconografia digitale, una mostra che – prodotta in collaborazione con l'Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale e ideata da Roberto Andreotti, Federico De Melis, Francesco De Melis e Luca Ruzza - intende illustrare, con una speciale messa in scena digitale, alcuni aspetti della fortuna iconografica dantesca di luoghi, paesaggi e personaggi della Divina Commedia, fino alla Contemporaneità. Il visitatore potrà entrare, in uno scenario avvolgente, in “capsule” monografiche, “camere oscure” al cui interno si potrà vivere l'esperienza di un'immersione multisensoriale attraverso varie tecniche, non ultima il cosiddetto “fantasma di Pepper”, sorta di ologramma originato dal teatro del Seicento. I file visivi e sonori si basano sulle immagini delle opere che artisti di ogni epoca hanno dedicato al poema dantesco, in dialogo con le altre iniziative espositive dell’Accademia dei Lincei dedicate alla biblioteca letteraria, culturale, artistica e filosofica di Dante.
Con la mostra La Biblioteca di Dante si intende affrontare per la prima volta il problema di come è stato possibile il miracolo della Commedia; su quali basi culturali ha potuto contare Dante nella composizione del poema e quali siano le ragioni di un successo ancora così straordinario.
Un grande sforzo, dunque, probabilmente il più articolato e impegnativo dell'anno dantesco, reso possibile dall'impegno congiunto dell'Accademia Nazionale dei Lincei, di Intesa Sanpaolo, in particolare del Presidente emerito Giovanni Bazoli, del Presidente Gian Maria Gros-Pietro, di Stefano Lucchini, del presidente dell’Associazione “Amici dei Lincei” dott. Umberto Quadrino, ma anche dell'ENIT, dell'Istituto centrale per il patrimonio immateriale del Ministero della Cultura e delle tante istituzioni, musei e biblioteche, a cominciare dalle grandi biblioteche storiche romane, ma con sforzo generoso anche dalle biblioteche di tutta l’Italia e l’Europa, e, ultimi ma non ultimi, dai contributi assicurati dal Comitato Nazionale dantesco.

sabato 2 ottobre 2021

Multimediale al Complesso Museale di San Francesco a Montone

Nel corso del mese di Ottobre il Complesso Museale di San Francesco a Montone (PG) offre ai visitatori un nuovo e accattivante appuntamento per rendere più fruibile questo stupendo scrigno di opere d’arte proponendo, al suo interno, un percorso di visita guidata sensoriale ed evocativa.
La visita all’imponente Chiesa di San Francesco, sarà fruibile attraverso un percorso multimediale che ne valorizza la storia ed il patrimonio. Si tratta di un percorso di visita approfondito nel quale il visitatore si immergerà nel racconto della storia di Montone: i personaggi che l’hanno contraddistinta e le sue magnifiche opere d’arte.
La Chiesa sarà, attraverso un susseguirsi di luci, musiche e racconti di sottofondo, uno scenario affascinante per tutti coloro che assisteranno a questo “spettacolo” unico. In un contesto trecentesco, perfettamente conservato, un passato medievale incontrandosi con le nuove tecnologie, crea un connubio ideale che permette al visitatore di non lasciarsi sfuggire nessun prezioso particolare.
Ad arricchire la narrazione sarà il ricollocamento virtuale della Madonna della Misericordia di Bartolomeo Caporali e una suggestiva illuminazione delle opere della chiesa. Il percorso è in lingua italiana e inglese e percorre le mappe artistiche più significative all’interno della Chiesa, nucleo centrale del museo che conserva al suo interno numerosi lacerti di affreschi per gran parte a carattere votivo e realizzati prevalentemente tal la metà del 1300 e il tardo 1500. Raccontando la storia del borgo medievale, delle sue committenze, dei suoi personaggi e delle tante vicissitudini in cui Montone è stata protagonista, si percorrono alcuni aspetti di particolare importanza storico- artistica.
Una seconda parte prevede la visita in Pinacoteca, sede di numerosi opere mobili provenienti da edifici storici e religiosi di Montone: spicca tra essi la Madonna della Misericordia di Bartolomeo Caporali ed il gruppo ligneo di Deposizione dalla Croce del XIII secolo. Completa la visita la sezione ai paramenti sacri e una sezione archeologica riconducibile a testimonianze romane. 
Il tour multimediale è previsto tutti i venerdì, sabato e domenica alle ore 11 e alle ore 12 la mattina, mentre nel pomeriggio è alle ore 15.30 e alle ore 16.30. La durata del tour è di circa 45 minuti: la prenotazione è consigliata. 
Il costo del tour, comprensivo del biglietto di ingresso, è di €5,00, €4,00 per gruppi, €2,00 per ragazzi dai 6 ai 14, gratuito sotto i 6 anni.
Il progetto multimediale nella Chiesa di San Francesco è stato ideato e curato da Sistema Museo, realizzato con il contributo della Regione Umbria in collaborazione con il Comune di Montone (PG). Gli interventi multimediali sono stati progettati da Sound Studio Service, il progetto illuminotecnico è stato a cura di Maurizio Gianandrea.

giovedì 30 settembre 2021

Dante e il suo tempo nelle biblioteche fiorentine

Le celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri vedono unite
le tre storiche biblioteche fiorentine, la Biblioteca Medicea Laurenziana, la Biblioteca Nazionale Centrale e la Biblioteca Riccardiana, in una iniziativa espositiva congiunta dal titolo Dante e il suo tempo nelle biblioteche fiorentine, promossa dalla Società Dantesca Italiana.
 
La mostra, con il patrocinio e contributo del Comitato per le Celebrazioni del Centenario dantesco e il conferimento della Medaglia del Presidente della Repubblica, si svolgerà contemporaneamente nelle tre sedi dal 24 settembre 2021 al 14 gennaio 2022.
L’evento si propone di offrire un percorso originale che permetterà ai visitatori di ammirare un patrimonio librario rarissimo e di straordinaria importanza culturale, composto da manoscritti e antiche edizioni delle opere dantesche, facenti parte del prezioso patrimonio delle tre biblioteche fiorentine e per la prima volta integrati in un unico percorso espositivo.
In Biblioteca Riccardiana il percorso della mostra intende seguire Dante attraverso le sue opere. Di particolare importanza la sezione dedicata alla Commedia, che vede esposti il Ricc. 1005, parte riccardiana del famoso manoscritto Riccardiano-Braidense, uno dei manoscritti più antichi della Commedia e la Commedia Ricc. 1035, autografo di Giovanni Boccaccio. La sezione dedicata alle Rime è impreziosita da uno dei più antichi ritratti conosciuti di Dante (Ricc. 1040) e dal celebre Canzoniere Palatino (BNCF, Pal. 217), ove si trova la prima attestazione del nome di Dante. Per la prima volta, inoltre, sono esposti insieme due esemplari del Commento alla Commedia di Landino, quello di dedica alla Signoria, stampato su pergamena con miniature di Attavante e proveniente dalla BNCF, e quello su carta riccardiano, completo delle 21 illustrazioni attribuite a Botticelli.
La Mostra è curata dai professori Gabriella Albanese, Sandro BertelliSonia Gentili, Giorgio Inglese, Paolo Pontari.
L’accesso nella sede della Biblioteca Riccardiana è consentito su prenotazione nel rispetto del Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 ed esclusivamente alle persone munite di Green Pass o certificazione equipollente in corso di validità, da mostrare all’ingresso con un documento di identità (D.L. 23 luglio 2021).

domenica 19 settembre 2021

Codici friulani della Commedia

In occasione del suo 50° anniversario, la Fondazione de Claricini Dornpacher ha ideato il percorso "Tutte quelle vive luci", una ricca serie di iniziative per il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri. Un filo rosso lega infatti la famiglia de Claricini al Sommo Poeta: il letterato Nicolò de Claricini, nel 1466, trascrisse la Divina Commedia, l’unico codice dantesco editato e commentato in latino in Friuli. Il manoscritto è tra i pezzi pregiati esposti nella mostra Codici friulani della Commedia.

Un itinerario dantesco da Nicolò Claricini (1466) a Quirico Viviani (1823), che apre al pubblico domenica 19 settembre 2021 al Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Fiore all’occhiello delle manifestazioni dantesche organizzate dalla Fondazione, la mostra curata da Matteo Venier, docente di Letteratura italiana del Rinascimento, raduna per la prima volta tutti i codici danteschi attualmente conosciuti, prodotti o custoditi in Friuli, fra i quali proprio quello editato da Nicolò de Claricin, dal 1971 di proprietà, per lascito testamentario, della Biblioteca civica di Padova.
Oltre al prezioso codice Claricini, un manoscritto corredato di miniature di grande pregio, al Museo di Cividale saranno esposti altri quattro codici custoditi in Friuli: il Fontanini della Biblioteca civica guarneriana di San Daniele del Friuli, risalente alla fine del secolo XIV-inizi secolo XV; il codice Bartoliniano dell’omonima biblioteca udinese; il codice Florio della fine del secolo XIV, conservato nella biblioteca della Università degli Studi di Udine; il codice Sonnino, attualmente conservato a Roma, ma precedentemente proprietà della biblioteca del Seminario di Udine. Vi è poi il frammento del Paradiso conservato nella Biblioteca Civica ‘Joppi’ di Udine. Al nucleo dei codici danteschi sono affiancati alcuni manoscritti copiati in Friuli e connessi variamente con il poema dantesco che, seppure indirettamente, ne testimoniano la diffusione e la lettura.
“È la prima volta che l’antico codice Claricini ritorna nella nostra regione – sottolinea il presidente della Fondazione Claricini Dornpacher, Oldino Cernoia - e lo fa nel contesto di una mostra unica nel suo genere. L’esposizione offre a tutti la possibilità di ammirare queste importantissime testimonianze della nostra cultura e della nostra storia, beni dal valore inestimabile che in questo modo diventano patrimonio di tutti”.
“Obiettivo principale di questa mostra – spiega il curatore Matteo Venier – è documentare e far conoscere al pubblico la fortuna e l’incidenza che l’opera di Dante ebbe nella cultura friulana tardo medievale, moderna e contemporanea. Ed è anche l’occasione per ripercorrere, attraverso appositi pannelli espositivi, la diffusa leggenda del soggiorno di Dante in Friuli all’epoca del patriarca Pagano della Torre”.
A completare l’esposizione, un video che offre al pubblico la lettura di alcuni passi danteschi a cura di Angelo Floramo (Inferno), Antonella Sbuelz (Purgatorio) e Gian Mario Villalta (Paradiso). Codici friulani della Commedia. Un itinerario dantesco da Nicolò Claricini (1466) a Quirico Viviani (1823) è realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Udine – Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale, il Museo archeologico nazionale di Cividale del Friuli e i Comuni di Cividale, Moimacco, San Daniele del Friuli, Udine e Padova, e sarà visitabile fino al 7 novembre 2021.