lunedì 30 settembre 2013

I Templari, dalla Sicilia alla Lombardia

I Cavalieri templari, soldati di uno dei più noti ordini religioso-cavallereschi della cristianità medioevale. Uomini che attraversavano tutta l’Europa per raggiungere la Terra Santa e difenderne i luoghi più sacri e i pellegrini viandanti. Un mito, quello dei Cavalieri Templari, in cui storia e leggenda si fondono nei segreti di un Ordine di Cavalieri dagli ideali incorruttibili e dal triste destino. Questa la premessa per l’affascinante esposizione dal titolo “I Templari, dalla Sicilia alla Lombardia” che accoglierà i visitatori della prestigiosa rassegna Antiquariato Nazionale, dal 19 al 27 ottobre in Villa Castelbarco a Vaprio d’Adda (MI).
Oltre sessanta preziosi oggetti appartenuti ai Cavalieri Templari dell'Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, che fu violentemente represso nel 1314 da Filippo il Bello, re di Francia. La collezione, selezionata in più di trent’anni di ricerche dall’Associazione Culturale Terza Esperide di Palermo, con la consulenza dell’antiquario e curatore dell’esposizione Giulio Torta, è parte del più ampio progetto museale “Federico II e il Medioevo” di Palermo e sarà eccezionalmente esposta a Vaprio d'Adda.

Amuleti, bracciali, anelli, medaglioni e altri oggetti, a cui si attribuivano forze sovrannaturali, erano fedeli compagni dei Templari che in occasione dei loro viaggi hanno spesso lasciato, donato o dimenticato. Sono queste le rilevanti tracce della loro presenza e del passaggio in Sicilia.
Pezzi di straordinario valore documentale - attribuibili al periodo tra il 1118 ed il 1314 - che, riuniti per la prima volta nella loro completezza, illustrano storie, tradizioni e superstizioni degli uomini protagonisti del Medioevo europeo.

mercoledì 11 settembre 2013

Da Donatello a Lippi. Officina Pratese

Dal 13 settembre 2013 al 13 gennaio 2014 Museo di Palazzo Pretorio, Prato
Una grande mostra fa rivivere uno dei momenti magici dell'intera storia dell'arte italiana, quello vissuto nel Quattrocento dalla città di Prato quando qui operarono molti tra i maggiori artisti italiani dell'epoca.
Per "Da Donatello a Lippi. Officina Pratese", curata da Andrea De Marchi e da Cristina Gnoni Mavarelli, tornano in città capolavori creati in quegli anni e oggi dispersi in musei di mezzo mondo. La mostra è promossa dal Comune di Prato, con il sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Prato, e la collaborazione di Mondo Mostre, tra i principali organizzatori di eventi culturali in Italia.

Intorno alla fabbrica della prepositura di Santo Stefano (poi cattedrale) presero forma imprese memorabili, da annoverare fra gli episodi più singolari ed affascinanti del primo Rinascimento. Per il pulpito destinato a mostrare la reliquia della Sacra Cintola, per gli affreschi della cappella dell'Assunta e della cappella maggiore, per altri arredi vennero chiamati artisti della grandezza di Donatello, Michelozzo, Maso di Bartolomeo, Paolo Uccello e Filippo Lippi. A loro va aggiunto il figlio di fra Filippo, Filippino, che da Prato prese le mosse e a Prato tornò a lavorare da anziano.

Su tutto domina la figura carismatica di Filippo Lippi, che fra anni '50 e '60 del Quattrocento tenne aperto il cantiere degli affreschi di Santo Stefano e del Battista, nella cappella maggiore del Duomo. Altre sue opere in mostra documentano la fantasia eccitata e le estenuate eleganze di questa splendida maturità. Intorno a lui si formarono pittori che meritano di essere meglio conosciuti, come il Maestro della Natività di Castello o Fra Diamante.
Prima di Lippi le figure di maggiore spicco che operarono per Prato furono Donatello e Paolo Uccello. Del primo è una Madonna col Bambino fra due angeli, del museo pratese, sottovalutato capolavoro giovanile. Anche Paolo Uccello, quando verso il 1433 affrescò nel Duomo di Prato, era un giovane in ricerca e la mostra sarà l'occasione storica per raccogliere per la prima volta al mondo praticamente tutte le opere di questa irrequieta giovinezza, fra anni '20 e '30 del Quattrocento, ancora in bilico tra fiammate goticheggianti e una narrazione più realistica e penetrante.

La mostra vuole offrire, attraverso una scelta di opere tutte di grande qualità, alcuni squarci di luce su queste personalità, per aiutare a capire meglio quanto a Prato di loro è rimasto. Al tempo stesso si prefigge alcune operazioni esemplari di ricostruzione di opere che erano a Prato e che sono state smembrate, riunendo predelle e pale ora divise fra i musei pratesi e le collezioni straniere (l'Assunta di Zanobi Strozzi dipinta per il Duomo, ora a Dublino, e la predella del Museo di Palazzo Pretorio; il capolavoro del Maestro della Natività di Castello, la pala di Faltugnano ora nel Museo dell'Opera del Duomo, la cui predella è spartita fra la National Gallery di Londra e la Johnson Collection di Philadelphia). Saranno così riportati a Prato capolavori che si trovano in importanti musei stranieri, come la pala di Budapest di Fra Diamante, proveniente dall'oratorio di San Lorenzo, con un doveroso omaggio al genio di Filippino Lippi, grazie alle opere della giovinezza e del suo ritorno a Prato nella piena maturità artistica.

Uno spettacolo per gli occhi ed i sensi, insomma. Ed insieme una ricognizione rigorosa di un momento artistico che ha ancora molti aspetti da svelare.

Tutte le info nel sito della mostra: www.officinapratese.com.
Dal 13 settembre al 13 gennaio apertura dalle 10 alle 19
Apertura notturna straordinaria
VENERDÌ 13 SETTEMBRE DALLE 21.30 A MEZZANOTTE
adulti prezzo ridotto, bambini sotto i 12 anni gratis

martedì 10 settembre 2013

“Mano nella mano: reperti di un amore oltre la morte

I corpi di due amanti sepolti insieme mano nella mano: la “Tomba degli amanti” risalente al VI secolo e tornata alla luce a Modena nel 2009, in una scoperta archeologica che fece il giro del mondo, sarà esposta al pubblico per la prima volta in occasione del Festival filosofia di Modena, da venerdì 13 settembre 2013. L'inaugurazione ufficiale della mostra “Mano nella mano: reperti di un amore oltre la morte”, promossa dal Museo civico archeologico di Modena assieme alla Soprintendenza per i Beni archeologici e all'Università di Bologna, è prevista per le 17 al Lapidario romano di Palazzo dei Musei (largo Porta Sant'Agostino 337). Durante il Festival il Lapidario sarà aperto a partire dalle 8.30: il venerdì fino alle 23, il sabato fino all'1 e la domenica fino alle 20.
La mostra ricostruisce la storia della sepoltura della giovane coppia. Le analisi condotte da una èquipe di archeologi e antropologi hanno fatto luce sulla loro storia e su quella di altri membri della loro comunità sepolti tra V e VI secolo alle porte di Mutina. L’uomo e la donna furono collocati insieme nel sepolcro dopo la morte, avvenuta per entrambi all’età di circa 30 anni. Al momento della deposizione le mani dei due defunti furono intrecciate, sovrapponendo la mano della donna a quella dell’uomo. I familiari, con questo gesto, simbolo di amore, vollero forse sigillare per sempre all’interno del sepolcro l’affetto che li aveva uniti in vita. Le analisi antropologiche non hanno restituito elementi in grado di chiarire le cause della morte. Dal momento che non sono state trovate evidenze che possano ricondurre a una morte violenta, si può pensare ad una malattia che colpì entrambi.
Il ritrovamento di due defunti sepolti contemporaneamente all’interno di un solo sepolcro, tuttavia, potrebbe essere anche indizio di pratiche rituali che comportavano il sacrificio della donna in seguito alla morte dell’uomo, attestate anche in epoca tardoantica. Il sepolcreto nel quale si trovava la tomba della coppia accoglieva anche altri membri della comunità. La parte principale della necropoli era riservata a sepolcri di uomini feriti a morte da colpi di spada, forse nel tentativo di difendere le loro case e le loro famiglie, e per questo onorarti come eroi. Non è ancora possibile precisare l’origine di questa comunità, che alcuni elementi, quali ad esempio il rituale funerario, farebbero supporre di origine germanica.

L’esposizione, aperta dal 13 settembre fino al 24 novembre 2013 al piano terra del Palazzo dei Musei, nello spazio del Lapidario Romano, è il frutto di un progetto sviluppato grazie alla collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena. Ricostruzioni virtuali dell’importante ritrovamento, inquadrato nello scenario di questo settore della città tardoantica, sono proposte in un video curato dal Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena in collaborazione con Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna. Un giornale di mostra sarà in vendita a 1 euro alla reception del palazzo dei Musei.