sabato 20 ottobre 2018

"Madonna di San Luca" in mostra a Roma

Cambia 'padre' la Madonna di San Luca, l'icona di Santa Maria del Popolo di Roma ritenuta dalla tradizione popolare sin dal tardo Medioevo opera di San Luca. Il restauro dell'icona raffigurante la Madonna con il Bambino, realizzato dai tecnici della soprintendenza speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, infatti, ha permesso di cambiare l'attribuzione del capolavoro medievale. L'opera, quindi, che la critica ha assegnato a un pittore ignoto, definito maestro di San Saba, sarebbe stata creata da Filippo Rusuti, uno dei più importanti mosaicisti e pittori romani attivo tra gli ultimi decenni del Duecento e i primi del Trecento, che firma l'opera verosimilmente entro 1297.
Il restauro ha portato alla luce un'iscrizione occultata con una spessa vernice nera. Malgrado lo stato frammentario in cui si trova, l'iscrizione può essere riconosciuta come la firma proprio di Filippo Rusuti. L'opera restaurata sarà esposta fino a domenica 18 novembre 2018 nel museo Nazionale di Castel Sant'Angelo di Roma, nella mostra 'Filippo Rusuti e la Madonna di San Luca in Santa Maria del Popolo. Il restauro e la nuova attribuzione di un capolavoro medievale romano'. L'esposizione è allestita nell'ambito del progetto ArtCity Estate 2018, in collaborazione con il Fondo Edificio di Culto (Fec), cui il dipinto appartiene, e con la soprintendenza speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, diretta da Francesco Prosperetti che ha curato il restauro.
A parlare di una scoperta "sensazionale" è stata la direttrice del Polo Museale del Lazio Edith Gabrielli che ha ricordato: "Le opere medievali firmate sono pochissime. In questo caso, invece, troviamo la firma di uno dei grandi artisti che calcarono la scena di Roma a cavallo tra il Duecento e Trecento su un'opera famosissima". La novità, per Gabrielli, è il frutto del lavoro di tutela che "mette insieme tre parole che non possono essere disgiunte: ricerca, conservazione e valorizzazione".
"Il lavoro che ha consentito il restauro - ha aggiunto il soprintendente Prosperetti - ha degli aspetti 'miracolosi'. Primo tra tutti quello di portare l'opera fuori dalla chiesa in cui è conservata. Il restauro ristabilisce la verità storica con un colpo di fortuna che non capita di frequente e ci consente oggi di aggiornare la storiografia dell'opera con sicura certezza". A dirigere il restauro è stata Simonetta Antellini della soprintendenza che ha anche curato la mostra insieme ad Alessandro Tomei, ordinario di storia dell'arte medievale all'Università Gabriele D'Annunzio di Chieti.

"Conoscevamo Rusuti - ha spiegato Tomei - dal momento che ha lasciato la sua firma sul mosaico della facciata di Santa Maria Maggiore che fu parzialmente occultata da un portico del XVIII progettato dal'architetto Ferdinando Fuga. La Madonna di San Luca fu riferita all'ignoto maestro di San Saba, autore di affreschi della Chiesa di San Saba all'Aventino. Penso che le due opere, la Madonna di San Luca e gli affreschi della chiesa di San Saba, siano da attribuire alla stessa mano, quella di Rusuti".
Tomei ha inoltre ricordato che Rusuti "è stato messo di lato rispetto ai due grandi artisti attivi a Roma alla fine del Duecento, Pietro Cavallini e Jacopo Torriti. Ma questa scoperta aumenta il debito di riconoscenza nei confronti di Rusuti e ci consente di fare una riflessione più ampia su tutta la storia della pittura a Roma nella seconda parte del Duecento". La città "è sempre stata un po' sottovalutata rispetto alla scuola fiorentina ed era considerata una sorta di provincia bizantina dell'Italia Centrale", aggiunge lo studioso. Un ruolo di punta, quello di Roma in quel periodo: "Credo che, anche nella formazione di Giotto, Roma sia stata molto più importante di quanto sia stato l'ambiente fiorentino", conclude Tomei.

venerdì 19 ottobre 2018

Cronotassi degli arcipreti e parroci delle chiese di Sipicciano dal sec. XIII

La Proloco di Sipicciano (VT) ha organizzato la mostra “Cronotassi degli arcipreti e parroci delle chiese di Sipicciano dal sec. XIII al sec. XXI”, ideata e curata dallo storico Claudio Mancini, che si inaugurerà sabato 20 ottobre 2018 alle ore 16.00 nei locali della ex chiesa Santa Maria Assunta in cielo.
La raccolta documentaria rappresenta un excursus di oltre nove secoli di vita religiosa e di impegno apostolico di oltre quaranta prelati che hanno officiato nelle chiese dislocate sul territorio di Sipicciano, ed ha originato una cronotassi delle figure ecclesiastiche che si sono succedute nelle diverse cariche e officianti nelle varie chiese del piccolo borgo rurale.
Il materiale raccolto, ordinato per schede, è frutto del lavoro di una ricerca minuziosa e paziente di oltre trent’anni, nel tentativo di trovare anche poche righe, su documenti spesso illeggibili, che testimoniassero la presenza di preti, arcipreti, parroci, priori, rettori, cappellani e frati che hanno operato per la crescita spirituale e culturale di Sipicciano.
La mostra sarà arricchita dalla pubblicazione “CRONOTASSI. Preti, arcipreti, parroci, priori, rettori, cappellani, frati di Sipicciano dal sec. XIII al sec. XXI”, dove sarà possibile ripercorrere cronologicamente l’operato dei parroci di Sipicciano con i materiali presentati nella mostra documentaria.

lunedì 15 ottobre 2018

Di Terra e di fuoco. Il San Sebastiano di Andrea Riccio

A dieci anni esatti dall’importante rassegna monografica che il Castello del Buonconsiglio dedicò al grande scultore rinascimentale Andrea Briosco, detto il Riccio per la sua capigliatura, il museo proporrà da sabato 20 ottobre 2018 a domenica 24 febbraio 2019 una nuova mostra che permetterà di ammirare una scultura inedita del famoso artista, nato a Trento nel 1470, raffigurante San Sebastiano.
Si tratta di un'opera in terracotta realizzata sul finire del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento che, nella tensione del volto, nella modellazione incisiva e grafica dei capelli, nella resa anatomica serrata e precisa del corpo evidenzia i tratti più tipici del fare del Riccio artista formatosi come orafo ma divenuto ben presto famoso plasticatore e bronzista, vero protagonista della scultura rinascimentale. L’opera, che fino ad oggi aveva avuto diverse attribuzioni, da chi la riteneva un lavoro di Antonio o Giovanni Minelli, altri di Giovanni de Fondulis, fino a Domenico Boccaloro, tutti scultori attivi nel padovano agli inizi del Cinquecento, oggi grazie agli studi e alle scoperte di Giancarlo Gentilini e Luciana Giacomelli, viene alla luce la corretta paternità.
La nuova attribuzione si è resa evidente dopo la massiccia campagna di pulitura alla quale è stata recentemente sottoposta la scultura. E’ stato infatti rimosso il pesante strato di patina bruna che copriva completamente il San Sebastiano, vernice stesa per far sembrare di bronzo la scultura, ed è stata tolta anche la pesante base di gesso che venne aggiunta nel secolo scorso. Sono ben visibili i fori nelle braccia, nel torace e nelle gambe dove in origine erano inserite una quindicina di frecce che conferivano una nota ancor più drammatica all’opera. Della vivida policromia, oggi scomparsa, che ricopriva il San Sebastiano rimangono solo alcuni tratti in oro che decoravano i capelli, incisi nell’argilla con una perizia da orafo.
La carriera di Riccio, autore del magnifico Candelabro pasquale bronzeo della Basilica del Santo a Padova e del Monumento della Torre della chiesa di San Fermo a Verona, tanto per citare due tra le opere che lo resero subito celebre, si svolse tutta all'insegna di una committenza, tra le più sofisticate ed erudite del tempo, che si esplicava in oggetti dai temi complessi e misteriosi che attingevano sia a soggetti pagani sia a soggetti cristiani. I primi anni lavorativi dell'artista furono certo, secondo la tradizione, accanto al padre: inizi da orafo come conferma la sua tecnica che utilizza dorature preziose su bronzi e terracotte e sapientemente gioca con la luce grazie ai fondi puntinati, ottenuti con l'ausilio del martelletto da orefice. La sua produzione migliore si colloca agli inizi del Cinquecento allorché ricevette dapprima, nel 1506, la commissione dei due rilievi bronzei per il coro della basilica raffiguranti Giuditta ed Oloferne e il Trasporto della Sacra Arca e quindi, l'anno seguente, quella voluta dal filosofo Giovanni Battista de Leone, per il Candelabro pasquale della Basilica del Santo dove è insuperabile l'invenzione di figure fantastiche impensabili senza la conoscenza dell'antico fino all'eccezionalità degli otto rilievi eseguiti per il Monumento della Torre in San Fermo a Verona forse realizzato ancora in collaborazione con i Grandi le cui vicende artistiche avrebbero poi trovato sede ideale proprio a Trento. La sua creatività e capacità esecutiva si evidenziano nei piccoli bronzi ispirati all'antico ma resi estremamente moderni nella reinterpretazione della scultura classica con finalità di pratico utilizzo, come lucerne a forma di satiro o a forma di acrobata, calamai dalle forme di granchio.
L’inaugurazione, aperta a tutti, si terrà venerdì 19 ottobre 2018 alle ore 17,00 al Castello del Buonconsiglio.
INFO La mostra è aperta tutti i giorni tranne i lunedì non festivi e il 25 dicembre. Aperture straordinarie: 1 gennaio dalle 11 alle 17, 24 dicembre, 31 dicembre. Biglietto di ingresso (Castello del Buonconsiglio e mostra): 10 euro, ridotto 8 euro.

sabato 13 ottobre 2018

Vesperbild alle origini della Pietà di Michelangelo

Da sabato 13 ottobre 2018 a domenica 13 gennaio 2019, le Sale dell’Antico Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco di Milano ospiteranno la mostra ‘Vesperbild. Alle origini delle Pietà di Michelangelo’.
Il percorso si propone di illustrare la fortuna italiana del tema del Vesperbild, immagine del vespro, che in Italia prende il nome di Pietà, e i diversi snodi e gradi dello sviluppo di questa iconografia, a partire dai primi esempi nordici fino ad arrivare all’interpretazione classicheggiante fornita da Michelangelo nella Pietà vaticana, di cui in mostra sarà presente il calco, e destinata a condizionare la percezione del tema nei secoli a venire.
La mostra curata da Antonio Mazzotta, Università degli Studi di Milano, e Claudio Salsi, Direttore Area Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici del Comune di Milano, con la collaborazione di Agostino Allegri, Università degli Studi di Milano, e Giovanna Mori, Conservatore responsabile Museo della Pietà Rondanini – Michelangelo, propone una raccolta di ventiquattro opere d’arte di differenti tipologie, sculture, dipinti, disegni, incisioni, miniature, provenienti da importanti istituzioni internazionali, come il Musée du Louvre, il British Museum, il Victoria and Albert Museum e la Liebieghaus di Francoforte sul Meno; oltre che da rilevanti istituzioni italiane e milanesi quali la Biblioteca Trivulziana e il Museo Poldi Pezzoli.
Il percorso espositivo progettato da Andrea Perin è articolato in tre sezioni e intende raccontare la storia del Vesperbild attraverso quasi due secoli, dalle sculture lignee della valle del Reno del ‘300 fino alla Pietà vaticana di Michelangelo (1497-1499): un’interpretazione del Vesperbild in grado di segnare in modo determinante le declinazioni future del tema iconografico, a cui i posteri faranno riferimento in modo assoluto, nei caratteri e nelle fattezze.
In mostra sono presenti opere di grandi artisti italiani quali Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Cosmé Tura, Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti, Giovanni Bellini, Perugino e, per la prima volta, viene esposta al pubblico la Pietà di Vittore Carpaccio, oggi in collezione privata.
Interessante è il tema del “ritorno alle origini” testimoniato dalla presenza della ‘Pietà Rondanini’ nel Museo a lei dedicato adiacente alla mostra: con quest’opera di Michelangelo si assiste alla volontà del maestro di tornare, sul finire della sua vita, all’espressività delle più antiche forme del Vesperbild.
Tutte le informazioni sul sito ufficiale della mostra.

lunedì 8 ottobre 2018

"Le cose di Sigismondo" a Rimini

Al Museo della Città a Rimini è di scena la mostra "Le cose di Sigismondo", nell'ambito della XX edizione del Festival del Mondo Antico.
A cura di Elisa Tosi Brandi. In collaborazione con l’Archivio di Stato di Rimini la mostra è in programma da martedì 9 ottobre a domenica 25 novembre 2018. L’inventario dei beni del castello redatto da Isotta il 13 ottobre 1468.
Dopo la morte di Sigismondo, sua moglie Isotta degli Atti adempì a una legge riminese che imponeva alle vedove di redigere l’elenco dei beni del defunto entro 5 giorni dal decesso.
Il 13 ottobre 1468, con uno stato d’animo che possiamo solo immaginare, Isotta accompagnò il notaio di fiducia in una ricognizione dell’ultima dimora del marito, Castel Sismondo.
L’«inventario di Isotta» è una preziosa e unica testimonianza sulla corte malatestiana raccontata attraverso le cose di Sigismondo.
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