mercoledì 18 gennaio 2012

Francesco, il santo

"Francesco, il santo. Capolavori nei secoli e dal territorio reatino" è il titolo della mostra che, ideata da Anna Imponente, soprintendente per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, e da Gianfranco Formichetti, assessore alla cultura del Comune di Rieti, dal 31 marzo al 2 settembre 2012 proporrà alcuni fra i più importanti protagonisti della storia dell’arte italiana, allo scopo di promuovere la conoscenza, sul piano biografico e iconografico, del Santo di Assisi, una delle figure chiave del misticismo occidentale, e di valorizzare il territorio reatino nella storia del francescanesimo.
La città di Rieti è il centro della bellissima e incontaminata Valle Santa che, frequentata da Francesco con assiduità dal 1209 al 1225, è testimonianza viva dei momenti fondamentali del Francescanesimo: la scrittura della Regola bollata nel Santuario di Fonte Colombo (definito Il Sinai francescano), la rappresentazione del primo presepe vivente nel Santuario di Greccio, nella notte di Natale del 1223, l'austera ed essenziale sacralità dello Speco di Poggio Bustone, la pace mistica del santuario di S. Maria della Foresta.
Realizzata con la fattiva collaborazione del Museo e Archivio Diocesano di Rieti, della Provincia e Camera di Commercio di Rieti, della Fondazione Varrone, del Centro Europeo di Studi Agiografici, dell’Ordine dei Frati Minori di Roma e del Comitato Amici del Cammino di Francesco, la mostra si articolerà in tre sedi espositive.
Nella prima, negli spazi del Museo Civico di Rieti, saranno esposti alcuni degli esempi più significativi dell’immagine di San Francesco nelle sue diverse declinazioni iconografiche con un nucleo di capolavori provenienti da diversi musei nazionali: opere di artisti tra i più celebri, come le tavole di Cimabue e Margaritone d’Arezzo per il Medioevo, Antoniazzo Romano (un capolavoro presente nel Museo ospitante la mostra) per il Rinascimento, Correggio e Tiziano, Annibale Carracci e Pietro da Cortona, Tiepolo e Alessandro Magnasco rispettivamente per il Cinque, Sei, Settecento e Francesco Podesti e Domenico Morelli per l’Ottocento, per il Novecento Duilio Cambellotti e Adolfo Wildt, per giungere all’originale interpretazione fornitane ai nostri giorni da Norberto e Mimmo Paladino. Si è scelto di individuare capolavori in grado di illustrare i principali episodi della biografia di Francesco, interpretati nelle diverse declinazioni stilistiche che segnano l’evoluzione del linguaggio artistico, accomunati dalla intensità espressiva e spirituale cui la figura del Santo risulta inscindibilmente connessa.
Nel Salone del Palazzo Papale della Curia reatina che ospita il Museo Diocesano saranno esposte le opere provenienti dal territorio, alcune, conservate in luoghi non visitabili e restaurate per l’occasione, momento importante di valorizzazione e di studio scientifico, selezionate a Rieti e provincia tra quanto di più interessante è stato espresso nell’arte sacra in onore di San Francesco: dipinti, sculture e preziosi paramenti sacri che testimoniano l’alta qualità della produzione artistica della zona. Tra le più notevoli si segnalano: la preziosa Croce di Posta del XIV secolo, le tele di Vincenzo Manenti e Alessandro Turchi detto l’Orbetto - dalla chiesa di Santa Maria della Misericordia di Accumoli - del XVII secolo e il dipinto recentemente restituito al caravaggesco Bartolomeo Manfredi, proveniente da Leonessa.
Infine, negli spazi che la Fondazione Varrone ha predisposto presso il Complesso San Giorgio, sono raccolti i documenti più importanti riferiti a San Francesco e al Francescanesimo nel territorio reatino dal Duecento ad oggi.
Tutte le info nel sito dedicato: www.francescoilsanto.it.

mercoledì 11 gennaio 2012

Splendori del Medioevo a Venafro (IS)

"Splendori del Medioevo. L’abbazia di San Vincenzo al Volturno al tempo di Carlo Magno" è il titolo della mostra che si aprirà questo mese a Venafro (IS), presso il Museo Archeologico, nell'ex Convento di Santa Chiara, per iniziativa della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise che ha così ritenuto importante illustrare l’arte, la vita e gli elevati valori spirituali che attraverso il cenobio benedettino di San Vincenzo al Volturno si sono diffusi nel Medioevo in vasti territori dell’Italia centro-meridionale.
L’inaugurazione è stata fissata, in modo simbolico, il 22 gennaio 2012 data coincidente con la festività di San Vincenzo martire di Saragozza.
La mostra, che sarà aperta al pubblico sino al 4 novembre 2012, si articola in sei sezioni nelle quali viene ripercorso il cammino storico dell’Abbazia attraverso i reperti e le fonti storiche, iniziando dalle fasi più antiche (La fondazione del monastero e il luogo sacro), che ha tra i reperti più importanti l’altare affrescato di tardo VIII secolo proveniente dalla Chiesa Sud.
Il percorso prosegue poi con La rinascita carolingia, che presenta l’abbazia al massimo del suo splendore: già celebre in età longobarda, il monastero di San Vincenzo alla fine dell’VIII secolo si trovò al confine delle terre italiane conquistate da Carlo Magno e, in virtù di ciò, venne incluso dal sovrano franco nel novero delle abbazie direttamente poste sotto la sua protezione.
Durante il IX secolo il monastero raggiunse la sua massima espansione: gli abati Giosué, Talarico ed Epifanio trasformarono il cenobio in una vera e propria città monastica avviando imponenti progetti di costruzione. L’abate Giosuè (792-817) che, secondo il Chronicon Vulturnense (XII secolo d.C.), era imparentato con la famiglia regnante carolingia, trasformò San Vincenzo in uno dei più grandi monasteri d’Europa. Le ingenti risorse economiche a disposizione accrebbero lo splendore dell’abbazia, che giunse ad annoverare, a metà del IX secolo, ben nove chiese, tra cui la basilica maior, una colossale costruzione di oltre sessanta metri di lunghezza e quasi trenta di larghezza, con trenta colonne di granito egizio, in grado di gareggiare con le più splendide chiese abbaziali dell’Europa carolingia. Di questa fase verranno esposte le vetrate multicolori, le suppellettili in vetro di cui si illustreranno le tecniche di produzione. Degli splendidi affreschi originali sarà esposta la sequenza dei profeti, dei santi, degli abati.
La mostra prosegue con l’illustrazione dei modelli pittorici e delle scuole di provenienza degli artisti, con le sculture e con i pavimenti in opus sectile. Sino all’epilogo: dopo il saccheggio dell’abbazia da parte di predoni arabi nell’881, la comunità dei monaci fu costretta a trasferirsi, ma alla fine del X secolo il monastero ebbe una fase di rinascita, con la ricostruzione della basilica maggiore e il recupero di altri edifici del grande chiostro carolingio. Alla fine dell’XI secolo, però, di fronte alla comparsa dei Normanni, la comunità decise di trasferirsi a poche centinaia di metri di distanza, sulla riva opposta del Volturno, per edificare un monastero interamente nuovo e fortificato.
Il percorso espositivo si conclude con la VI sezione: La presenza araba a Venafro e in Molise tra IX e X secolo. Il gioco degli scacchi e la simbologia, che approfondisce la fase tra IX e XI secolo nel territorio dell’Alto Volturno. Testimonianza significativa del periodo sono gli scacchi rinvenuti nel 1932 in una sepoltura di Venafro, che saranno esposti per la prima volta in Molise, prestati per l’occasione dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Museo Archeologico di Venafro:
Corso Garibaldi, 8 – Venafro (IS), Tel. 0865.900742.

lunedì 2 gennaio 2012

Anteprima delle armi in asta


Dalle ore 18,00 del 2 gennaio 2012 sarà aperta al pubblico - in attesa dell'inaugurazione ufficiale fissata per il prossimo 11 febbraio - una nuova sala del Museo della Civiltà Normanna ospitato nel Castello normanno di Ariano Irpino. La sala conterrà la collezione di armi in asta "Mario Troso", recentemente acquisita dal Centro Europeo di Studi Normanni (CESN), ed altre armi di fondi diversi anch'essi donati al CESN. Il Museo della Civiltà Normanna, realizzato dal CESN, si arricchisce così, di una raccolta di armi che - con reperti compresi in un arco di oltre duemila anni, dal V sec. a.C. al XVIII sec. d.C. - costituisce un unicum nel panorama museale non solo nazionale.
"Nell'annunciare l'evento di grande rilievo dal punto di vista culturale e della valorizzazione anche turistica del nostro patrimonio storico – afferma il Sindaco Antonio Mainiero – desidero rivolgere pubblicamente il più vivo plauso e il più sentito ringraziamento al CESN, ed al suo presidente Senatore Ortensio Zecchino, per aver offerto questa ulteriore grande risorsa alla nostra comunità".

mercoledì 21 dicembre 2011

Nuovo museo medievale ad Arcidosso

Nuovo museo medievale ad Arcidosso (GR), con la collaborazione dei ricercatori di Archeologia medievale dell’Ateneo fiorentino che stanno realizzando il progetto insieme al Comune del paese alle pendici del Monte Amiata.
Il Museo, che sarà ospitato nella rocca aldobrandesca, aprirà alla fine del 2012 con un percorso di visita del palazzo e una galleria dedicata al paesaggio medievale. Ma già da mercoledì 21 dicembre 2011 è possibile averne una preziosa “anteprima” grazie alla mostra “I nostri antenati/Our ancestors” che presenta i bassorilievi in cera scultorea che verranno fusi per l’esecuzione delle placche in bronzo, previste per accompagnare il percorso di visita della Rocca. Le opere, create dall’artista e designer internazionale Riccardo Polveroni, rappresentano in gran parte personaggi medievali legati al territorio grossetano, fra cui i conti Aldobrandeschi, il condottiero Guidoriccio da Fogliano (che conquistò il castello amiatino per conto di Siena) e Ugo il Grande, marchese di Toscana.
Le opere sono il risultato di un’intensa collaborazione tra l’artista e gli archeologi medievisti dell’Università di Firenze, che hanno curato anche il ricco apparato della mostra che ha fra i suoi obiettivi quello di coinvolgere il visitatore nella progettazione dell’allestimento, secondo gli innovativi principi dell’archeologia pubblica, promossa in campo nazionale e internazionale dagli studiosi dell’ateneo.

I dati e i materiali che saranno esposti nel futuro Museo, cofinanziato dalla Regione Toscana, sono frutto del progetto “Produzione edilizia e gestione del potere nell’Amiata medievale”, condotto dal 2000, con il supporto del Comune di Arcidosso, dai ricercatori di Archeologia medievale dell’Ateneo, guidati da Michele Nucciotti.

L’esposizione “I nostri antenati” - curata da Marianna De Falco sotto la direzione scientifica di Michele Nucciotti - rimarrà aperta presso il Palazzo Comunale di Arcidosso (piazza Indipendenza, 30) fino al 31 gennaio 2012, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 14.

lunedì 19 dicembre 2011

I Signori di Ocre: dai Vestini ai Normanni

Presso il Monastero-Fortezza di Santo Spirito del Comune di Ocre in provincia dell’Aquila si è inugurata la mostra archeologica "I Signori di Ocre: dai Vestini ai Normanni", organizzata dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Abruzzo e il Dipartimento di Storia e Metodologie Comparate dell’Università degli Studi dell’Aquila.
E’ la prima mostra che espone le ricerche archeologici più recenti (anni 2000-2010) provenienti dall’area anticamente occupata dalle popolazioni Vestine nel versante aquilano del Gran Sasso e anche la prima che si inaugura nel territorio del cratere dopo il terremoto del 2009. Il Comitato Scientifico della mostra è composto da Fabio Redi e Alfonso Forgione, docenti dell’Università degli Studi dell’Aquila; Vincenzo d’Ercole e Alberta Martellone, archeologi del Ministero per i beni e le attività culturali. La mostra si articola in due sezioni: nella prima, curata dal Dipartimento di Storia e Metodologie Comparate, sono raccolte e ordinate le testimonianze della vita nel castello e negli annessi; quei reperti, cioè, che tematicamente consentono la ricostruzione dell’immagine storica del castello di Ocre e dei suoi abitanti, dal popolamento del rilievo collinare a partire dall’arrivo dei Normanni conquistatori, al suo abbandono nel corso del XVI secolo, attraverso le distruzioni effettate dagli Aquilani nel 1293 e da Braccio da Montone nel 1423, come ci narra Buccio di Ranallo nella sua Cronaca. Nella seconda sezione, curata dalla Soprintedenza per i beni archeologici dell’Abruzzo, sono esposti 5 corredi funerari provenienti dalla vicina necropoli di Fossa, partendo dalla tomba femminile 135 riferibile alla prima età del ferro, nel cui corredo è presente una caratteristica tazza in bronzo da “sommelier” utilizzata dalle donne Vestine per insaporire ed assaggiare il vino.
Il modo di combattere in linea di fanti armati di lance e pugnali corti è ben espresso dalla tomba maschile 64 riferibile al VII sec.a.C.: nella stessa tomba sono conservati punte in ferro tipiche dei “bastoni da sci” e ganci ad omega che servivano ad allacciare alti scarponi adatti alla guerra in montagna. Il cambiamento avvenuto nel corso dell’età arcaica (VI sec.a.C.) delle tattiche belliche, ben si evince dal corredo maschile della tomba 273 in cui è presente una lunga spada in ferro,del tipo “Capestrano”, funzionale a colpi di taglio fra guerrieri a piedi o a cavallo disposti in ordine sparso. Il costume funerario esclusivo del popolo dei Vestini Cismontani, coloro cioè che abitavano fra L’Aquila e Capestrano nel I millennio a.C., era di seppellire tra 2 coppi sovrapposti, che fungevano da sarcofago, i bambini defunti entro 100 giorni di vita. L’uso dei coppi nelle sepolture dei neonatali, ci testimonia il loro utilizzo come elementi dei tetti delle case, ormai realizzate in muratura. La sepoltura più recente della necropoli di Fossa esposta in mostra è quella della tomba a camera 430 in cui venne deposto un individuo di sesso maschile defunto agli inizi del I secolo d.C. all’età di 62-66 anni.
In una fossa di riduzione scavata ai piedi dell’inumato erano sepolti, ammucchiati, i resti di altri 3 individui (2 donne e 1 uomo) due dei quali deposti sopra altrettanti letti funerari rivestiti in osso. In uno dei due letti, quello più antico, sono ritratti sul “fulcrum” (cuscino) delle lici e dei volti femminili, mentre il cilindro delle gambe raffigura scene di danza fra un giovane eros nudo e figure femminili. L’altro letto, quello più recente, rappresenta nel “fulcrum” il mito di Ercole e leone Nemeo, mentre nelle gambe vi è il volto di una divinità, forse Apollo con un copricapo particolare. In un’altra vetrina sono esposti i reperti provenienti da S.Panfilo d’Ocre e rinvenuti dopo il terremoto del 2009 durante la realizzazione dei moduli abitativi provvisori (MAP) e di una scuola. I materiali testimoniano di una necropoli finora sconosciuta in uso fra il VI e il II sec.a.C.: di grande interesse la lama piegata di una spada in ferro a “codolo” di tipo celtico. Purtroppo le circostanze del rinvenimento e l’assenza di ogni verifica archeologica nel corso dei lavori effettuati dalla Protezione Civile rendono impossibile ulteriori elementi di comprensione storica del sito. L’ultima vetrina del percorso è dedicata a un luogo di culto investigato nel novembre 2008 in località Piè di Colle a Poggio Picenze. Qui sono stati recuperati numerosi reperti archeologici fra cui un volto in pietra di “Attis” , lucerne e ceramica in terra sigillata in uso tra la tarda età repubblicana e la prima età imperiale (I sec.a.C- I sec d.C.).
La mostra contribuisce a qualificare e valorizzare uno dei monumenti più belli significativi della provincia dell’Aquila, il Monastero-Fortezza di Santo Spirito d’Ocre, che può rappresentare un polo di attrazione per il turismo culturale dell’Abruzzo.
La visita è possibile su prenotazione (info Comune di Ocre: 0862751413; Monastero di Santo Spirito: 08621965538) e la mostra resterà aperta fino a dicembre 2012.

lunedì 5 dicembre 2011

Dal Medioevo a oggi: la storia imolese finalmente esposta

Non solo dipinti, ma anche ceramiche, lapidi, monete. Grazie al nuovo percorso espositivo “Collezioni d’arte della città”, il museo di San Domenico può finalmente mettere in mostra centinaia di pezzi inediti. L’apertura alla cittadinanza, prevista per sabato 17 dicembre 2011, consentirà anche di vedere come sono stati recuperati parti importanti dello storico ex convento.
Il recupero. La storia della città raccontata in 600 pezzi che vanno dal Medioevo agli artisti contemporanei. Questo il primo elemento caratterizzante del nuovo spazio espositivo allestito al primo piano del primo chiostro, uno spazio questo rimasto diviso per più di due secoli dal resto del complesso da un muro eretto durante l’occupazione francese. Dal 2000 in poi, a seguito dell’acquisto del Comune dalla Curia, quei locali sono stati sistemati per ospitare in futuro le tante opere d’arte che “gridavano vendetta” nascoste nei depositi. I lavori di riadeguamento architettonico e del nuovo allestimento sono iniziati a febbraio e sono stati preceduti dai lavori di studio e riorganizzazione delle collezioni, con catalogazioni, manutenzioni e restauri condotti dallo staff tecnico-scientifico del museo con l’ausilio di alcuni specialisti esterni.
«Con l’apertura di questo percorso espositivo si chiude il cerchio della triade culturale fondamentale per una città: la biblioteca-archivio, il teatro e il museo - esordisce l’assessore Valter Galavotti -. Più che avere grandi eventi seguiti dai media nazionali, abbiamo preferito concentrarci nel recupero di queste tre funzioni basilari per una città, allocate in due luoghi carichi di storia così vicini tra loro come gli ex conventi di San Francesco e San Domenico».
Il percorso. Rispetto agli anni della Pinacoteca aperta nel 1988, che esponeva circa 100 dipinti, il nuovo percorso è decisamente più vario e ricco e comprende dipinti, sculture, ceramiche, disegni, arredi liturgici, monete e medaglie. Il percorso di visita si snoda all’interno dell’ex convento domenicano, che conserva punti di grande interesse come aperti per la prima volta al pubblico come l’antica sala del capitolo con affreschi del primo ’300, l’ex biblioteca cinquecentesca, il grande dormitorio e i granai. Il nuovo allestimento, costato circa 200mila euro, è stato realizzato dal Comune di Imola, con la collaborazione di Regione, Provincia, Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola, e con il sostegno delle ditte imolesi Sacmi e 3Elle.
Per il pubblico l’appuntamento con il nuovo San Domenico è fissato per le 17 di sabato 17. Fino all’8 gennaio l’ingresso sarà gratuito.
Museo di San Domenico
Via Sacchi, 4
40026 Imola
Tel: 0542602609

venerdì 18 novembre 2011

Gli affreschi "giotteschi" di Sant'Orsola

Tornano a splendere gli affreschi “giotteschi” della chiesa di Sant’Orsola in viale Lecco 125, a Como, e sono visitabili fino al prossimo 11 dicembre 2011 al primo piano della Pinacoteca civica di Palazzo Volpi, in via Diaz 84.
La chiesa di Sant’Orsola, dall’interno barocco, ha un’origine ben più antica. Se oggi si varca l’accesso laterale alla facciata, si scopre parte di ciò che rimane della sua fase più remota e che, da poco restaurata, è stata salvata dallo stato di degrado in cui versava.
Negli anni sessanta del Novecento, dalle pareti dell’antica chiesa furono staccate e strappate alcune porzioni di affresco – delle quali è da poco terminato il restauro – rivelatesi, con il susseguirsi degli studi, pregevoli testimonianze artistiche del XIV secolo.
In Pinacoteca, in questi giorni, a far bella mostra di sé sono un Giudizio Universale e un Compianto sul Cristo deposto dalla Croce, opere, come detto, staccate dalla parete occidentale dell’antico oratorio del monastero delle benedettine Umiliate di Sant’Orsola.
Gli affreschi - che rimandano a una bottega dal sapore giottesco riminese, nota nelle nostre zone per i cantieri di Santa Maria dei Ghirli a Campione d’Italia, di Santa Maria Assunta a Brione Verzasca, sempre in Canton Ticino, e della chiesa ora evangelica di Stuls, nel Cantone dei Grigioni - hanno potuto vedere una nuova luce, grazie al contributo dell’Inner Wheel International Club di Como.
Per festeggiare i suoi primi 25 anni di vita, il sodalizio comasco ha stanziato i fondi per concludere un lavoro, iniziato oltre 40 anni fa, quando il pittore Torildo Conconi ricevette l’incarico di staccare gli affreschi di Sant’Orsola. Il lavoro fu, però, svolto dal suo collaboratore Folco Canova che, visti i ristretti spazi in cui operare, frazionò il dipinto in sette parti di varie dimensioni.
I quattro frammenti di superficie maggiore vennero tolti con la metodologia dello strappo, gli altri con la tecnica dello stacco.
I primi furono poi rimontati su un supporto di tela, gli altri ricomposti in casse lignee e annegati in una colata di gesso.
Un successivo intervento di restauro, promosso nel 1993 dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici della provincia di Como, richiese, dopo l’esecuzione di un rilievo grafico del mosaico d’insieme, la completa rimozione dei frammenti dal letto di gesso.
Dopo varie fasi di lavorazione, i frammenti furono ricomposti su un sopporto in vetroresina, costituito da tre pannelli componibili.
L’ultima fase del restauro ha visto la stesura di un intonaco neutro nelle lacune tra i frammenti, al fine di portarli allo stesso livello, prima dell’integrazione pittorica con la tecnica dell’acquerello.
Il risultato, sapientemente ottenuto nel laboratorio di restauro di Leonardo Camporini - sotto la direzione di Daniele Pescarmona, direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Lombardia - permette di apprezzare un’opera dall’indubbio valore artistico.
Come scrive, infatti, don Fausto Sangiani, parroco di Sant’Orsola, in una pagina del giornalino parrocchiale in distribuzione proprio in questi giorni, citando una segnalazione dell’ingegner Alberto Giussani di inizio Novecento, si tratta di «un affresco interessante per l’iconografia, rappresentando un giudizio universale, e anche per lo stile, risalendo ai primi anni del ’400, nonostante l’opera conservi ancora tradizioni trecentesche».
Fino all’11 dicembre 2011, come detto, gli affreschi saranno esposti a Palazzo Volpi (orari: da martedì a sabato 9.30-12.30/14-17; domenica 10-13).
Poi troveranno una futura collocazione, come spiega lo stesso parroco don Fausto Sangiani, a Sant’Orsola, visto che sono di proprietà della parrocchia che, nel frattempo, ha ultimato il restauro della ex cappella medievale delle monache.
L’intervento di restauro della chiesa ha infatti riguardato l’ex chiesa di un fiorente convento di agostiniane, attraverso la ricostruzione della volumetria dell’edificio sacro, mediante una volta in legno lamellare, trasparente alla luce artificiale.
Gli affreschi saranno collocati in uno spazio già predisposto, unitamente ad altri dipinti già restaurati in parete e ad altri che, invece, necessitano ancora di un intervento di restauro.
«Si tratta, in questo caso, di affreschi più tardi - spiega sempre don Fausto - databili alla fine del ’400 e, per i quali, ci si auspica un intervento finanziario».