La città cambia volto, e lo fa guardandosi indietro, ovvero riscoprendo e
valorizzando un patrimonio artistico di rilevanza e prestigio
internazionali, che sino ad anni recentissimi passavano a torto in
secondo piano. Il dinamico distretto tessile, con la sua cultura del
lavoro, lasciava poco tempo e poco spazio ai pratesi, perché questi
potessero attentamente osservare la loro città.
A sedici anni dalla chiusura per lavori di restauro, sabato 12 aprile 2014 segnerà la riapertura del Museo Civico di Palazzo Pretorio, uno dei simboli dell’identità cittadina, nonché scrigno di preziosi tesori artistici che datano dal Medioevo al Novecento. Un traguardo fortemente voluto dall’attuale Giunta, e che viene raggiunto in un momento in cui la città mostra anche altri segnali positivi, quali il primo posto fra le città d’Italia per il numero di imprese gestite da donne, e ancora l’alto livello di attenzione all’ambiente e alle politiche giovanili. Adesso, con l’apertura del nuovo Museo Civico, si tratta d’intraprendere una convinta ed efficace politica culturale che possa far conoscere Prato sui circuiti turistici, e attrarre visitatori da ogni dove, sviluppando sinergie fra la cultura storico-artistica e quella eno-gastronomica, e coinvolgendo tutte le associazioni di categoria per creare una rete appetibile ai potenziali turisti. La cultura, porta con sé le premesse per un progresso economico, ma anche civile. Riaprire un Museo Civico, e rendere visibili, ad esempio, i capolavori di Filippo Lippi, Giovanni da Milano, Fra’ Bartolomeo, significa anche ricordare ai pratesi quel lungo e proficuo legame fra la città e l’arte che si creò sin dal Medioevo per proseguire fino al primo Novecento, con la cosiddetta Scuola di Prato. Aggirarsi fra quelli che saranno i saloni riaperti, e ammirarvi le Storie della Cintola di Bernardo Daddi, così come il Polittico di Giovanni da Milano, la Madonna del Ceppo di Filippo Lippi, il Tabernacolo del figlio Filippino, passando per l’Annunciazione del Bilivert, i gessi di Lorenzo Bartolini, per giungere alla Scuola di Prato, significa compiere un ideale viaggio nella storia artistica della città, che si interseca con quella del Paese. Il Rinascimento, ha infatti prese le mosse dalle invenzioni stilistiche di Filippo Lippi, che affrescando le pareti del Duomo gettò le basi di quella maniera secca che rappresenta il primo superamento dello stile degli antichi. Un secolo, il Quattrocento, che vide fiorire numerose committenze pubbliche e private, capaci di dar slancio alla produzione pittorica di quegli artisti, fra cui lo stesso Lippi, Fra’ Diamante, e Zanobi Strozzi, che compongono l’ideale Officina Pratese. Anche nei secoli successivi le committenze, in particolare quelle religiose, continuarono, lasciando inalterato quel proficuo rapporto con l’arte che la città si era creata. Recuperarlo dopo quasi un secolo di pressoché totale cultura tessile, significa riscoprire le nostre radici, e aprire nuove strade per un futuro di sviluppo economico.
A sedici anni dalla chiusura per lavori di restauro, sabato 12 aprile 2014 segnerà la riapertura del Museo Civico di Palazzo Pretorio, uno dei simboli dell’identità cittadina, nonché scrigno di preziosi tesori artistici che datano dal Medioevo al Novecento. Un traguardo fortemente voluto dall’attuale Giunta, e che viene raggiunto in un momento in cui la città mostra anche altri segnali positivi, quali il primo posto fra le città d’Italia per il numero di imprese gestite da donne, e ancora l’alto livello di attenzione all’ambiente e alle politiche giovanili. Adesso, con l’apertura del nuovo Museo Civico, si tratta d’intraprendere una convinta ed efficace politica culturale che possa far conoscere Prato sui circuiti turistici, e attrarre visitatori da ogni dove, sviluppando sinergie fra la cultura storico-artistica e quella eno-gastronomica, e coinvolgendo tutte le associazioni di categoria per creare una rete appetibile ai potenziali turisti. La cultura, porta con sé le premesse per un progresso economico, ma anche civile. Riaprire un Museo Civico, e rendere visibili, ad esempio, i capolavori di Filippo Lippi, Giovanni da Milano, Fra’ Bartolomeo, significa anche ricordare ai pratesi quel lungo e proficuo legame fra la città e l’arte che si creò sin dal Medioevo per proseguire fino al primo Novecento, con la cosiddetta Scuola di Prato. Aggirarsi fra quelli che saranno i saloni riaperti, e ammirarvi le Storie della Cintola di Bernardo Daddi, così come il Polittico di Giovanni da Milano, la Madonna del Ceppo di Filippo Lippi, il Tabernacolo del figlio Filippino, passando per l’Annunciazione del Bilivert, i gessi di Lorenzo Bartolini, per giungere alla Scuola di Prato, significa compiere un ideale viaggio nella storia artistica della città, che si interseca con quella del Paese. Il Rinascimento, ha infatti prese le mosse dalle invenzioni stilistiche di Filippo Lippi, che affrescando le pareti del Duomo gettò le basi di quella maniera secca che rappresenta il primo superamento dello stile degli antichi. Un secolo, il Quattrocento, che vide fiorire numerose committenze pubbliche e private, capaci di dar slancio alla produzione pittorica di quegli artisti, fra cui lo stesso Lippi, Fra’ Diamante, e Zanobi Strozzi, che compongono l’ideale Officina Pratese. Anche nei secoli successivi le committenze, in particolare quelle religiose, continuarono, lasciando inalterato quel proficuo rapporto con l’arte che la città si era creata. Recuperarlo dopo quasi un secolo di pressoché totale cultura tessile, significa riscoprire le nostre radici, e aprire nuove strade per un futuro di sviluppo economico.
Adesso il Museo ritorna alla città, caratterizzato da uno splendido
restauro conservativo, e da un allestimento non particolarmente
importante da un punto di vista estetico, che però ha il pregio di avere
flessibilità di utilizzo, oltre a non sopraffare visivamente le opere
d’arte.
L’invito del Sindaco è rivolto a tutti i pratesi, affinché vengano a conoscere il loro Museo, la cui attività sarà continuativa per tutto il 2014, grazie alla mostra con i capolavori della Banca popolare di Vicenza in programma a settembre. Soddisfazione espressa anche dagli assessori Beltrame e Caverni per il raggiunto obbiettivo.
Non passa in secondo piano lo splendore di Palazzo Pretorio, considerato fra i più belli edifici medievali dell’Italia Centrale. La sua storia ha inizio negli anni Ottanta del XIII Secolo, quando era adibito a residenza dei magistrati stranieri in servizio a Prato. Sede di mandamento nel Trecento, a partire dal Settecento il palazzo ospitò uffici governativi lorenesi, per divenire, nel 1788, Pinacoteca Civica. Un progetto che decollerà solo nel 1858, per iniziativa di Cesare Guasti, un’attività che prosegue con l’arricchimento della collezione - in particolare con il nucleo di opere appartenuto alla famiglia Martini -, fino alla chiusura a causa della Seconda Guerra Mondiale. Riaperto nel ‘54, sarà ancora il Museo della città fino al 1997, anno della chiusura per restauri, mentre la collezioni viene esposta attraverso mostre temporanee, dedicate di volta in volta alla scultura del Trecento, a Bartolini, fino all’appena acquisita donazione Lipchitz lo scorso marzo, che completa quel percorso che si apre con l’Età Medievale, e giunge quindi all’arte contemporanea.
L’invito del Sindaco è rivolto a tutti i pratesi, affinché vengano a conoscere il loro Museo, la cui attività sarà continuativa per tutto il 2014, grazie alla mostra con i capolavori della Banca popolare di Vicenza in programma a settembre. Soddisfazione espressa anche dagli assessori Beltrame e Caverni per il raggiunto obbiettivo.
Non passa in secondo piano lo splendore di Palazzo Pretorio, considerato fra i più belli edifici medievali dell’Italia Centrale. La sua storia ha inizio negli anni Ottanta del XIII Secolo, quando era adibito a residenza dei magistrati stranieri in servizio a Prato. Sede di mandamento nel Trecento, a partire dal Settecento il palazzo ospitò uffici governativi lorenesi, per divenire, nel 1788, Pinacoteca Civica. Un progetto che decollerà solo nel 1858, per iniziativa di Cesare Guasti, un’attività che prosegue con l’arricchimento della collezione - in particolare con il nucleo di opere appartenuto alla famiglia Martini -, fino alla chiusura a causa della Seconda Guerra Mondiale. Riaperto nel ‘54, sarà ancora il Museo della città fino al 1997, anno della chiusura per restauri, mentre la collezioni viene esposta attraverso mostre temporanee, dedicate di volta in volta alla scultura del Trecento, a Bartolini, fino all’appena acquisita donazione Lipchitz lo scorso marzo, che completa quel percorso che si apre con l’Età Medievale, e giunge quindi all’arte contemporanea.
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