E’ il modello medievale del Christus patiens, simbolo della
sofferenza provocata dalla Passione, quello che Simone Martini, il
grande maestro senese protagonista della storia dell’arte medievale
italiana, scelse per la raffigurazione del Crocifisso ligneo di San
Casciano Val di Pesa.
Adesso il capolavoro torna nella sede originaria della
trecentesca Chiesa di Santa Maria al Prato dopo un complesso restauro ad opera dell’Opificio delle Pietre Dure di
Firenze. L’opera restaurata sarà
inaugurata e presentata alla cittadinanza sabato 25 maggio 2019 alle ore 17,00
nella Chiesa di Santa Maria al Prato.
Ad illustrare il percorso e il lavoro di restauro conservativo saranno il professor Marco Poli, Governatore della Misericordia, il sindaco di San Casciano, il dottor Andrea Pessina e la dottoressa Maria Pia Zaccheddu della Soprintendenza (Sabap Firenze Prato Pistoia) e il dottor Marco Ciatti, la dottoressa Cecilia Frosinini e la restauratrice Alessandra Ramat dell’Opificio delle Pietre Dure. Il Cristo ligneo sarà collocato in corrispondenza del secondo altare sul lato destro della chiesa.
Ad illustrare il percorso e il lavoro di restauro conservativo saranno il professor Marco Poli, Governatore della Misericordia, il sindaco di San Casciano, il dottor Andrea Pessina e la dottoressa Maria Pia Zaccheddu della Soprintendenza (Sabap Firenze Prato Pistoia) e il dottor Marco Ciatti, la dottoressa Cecilia Frosinini e la restauratrice Alessandra Ramat dell’Opificio delle Pietre Dure. Il Cristo ligneo sarà collocato in corrispondenza del secondo altare sul lato destro della chiesa.
L’opera, attribuita a Simone Martini, è stata realizzata intorno
al 1330, prima della partenza dell’artista per Avignone.
La resa scrupolosa dei dettagli anatomici rimanda ad una conoscenza di
Giotto, da lui conosciuto durante il suo lavoro ad Assisi nella Cappella
di San Martino. Alcuni studiosi ipotizzano che il lavoro originale sia
stato commissionato dai domenicani di Santa Maria Novella, probabilmente
trasferito in questa chiesa nei secoli successivi in seguito al
cambiamento del gusto artistico.
Il restauro è stato finanziato
integralmente dall’Opificio delle Pietre Dure.
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