Visioni inquietanti,
scene convulse, paesaggi allucinati con città incendiate sullo sfondo,
mostriciattoli e creature oniriche dalle forme più bizzarre: è questo
l’universo di Jheronimus Bosch affascinante ed enigmatico pittore
vissuto tra il 1450 circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch (Boscoducale) in
Olanda, ricordato in occasione dei 500 anni dalla morte con due grandi
mostre monografiche, rispettivamente nella città natale e al Prado di
Madrid.
A questo straordinario artista, Venezia, unica città in Italia a
conservare suoi capolavori, dedica a Palazzo Ducale fino a domenica 4
giugno 2017 una mostra di grande fascino per il pubblico e di notevole
rilevanza per gli studi, il cui punto focale sono proprio le tre grandi
opere di Bosch custodite in laguna alle Gallerie dell’Accademia – due
trittici e quattro tavole – riportate all’antico splendore grazie a una
importante campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and
Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles: Il
martirio di santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi
eremiti e Paradiso e Inferno (Visioni dell’Aldilà).
“Jheronimus Bosch e Venezia” co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici
di Venezia e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con
il patrocinio del Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di
Verona, grazie agli spettacolari capolavori boschiani e alle quasi 50
opere di contesto provenienti da importanti collezioni internazionali
pubbliche e private – dipinti tra gli altri di Jacopo Palma Il Giovane,
Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini
straordinari di Dürer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi
antichi, preziosi e rari manoscritti e volumi a stampa – condurrà i
visitatori a scoprire una città che accanto al classicismo tizianesco e
al lirismo tonale inseguiva una passione dotta per il tema del sogno e
le visioni oniriche; chiarirà i collegamenti tra le Fiandre e uno dei
più raffinati e colti protagonisti della scena veneziana, il Cardinale
Domenico Grimani che volle i capolavori dell’artista; mostrerà le
connessioni di questo ambiente culturale con la cabala ebraica e la
cultura giudaica in generale; rievocherà i salotti e le straordinarie
collezioni che a Venezia diventavano luogo e occasione di discussioni e
scambi d’opinione, di natura filosofica e morale.
L’intervento conservativo non ha solo consentito infatti una migliore
leggibilità delle opere ma ha portato anche alla luce una serie di
indizi fondamentali per ripensare le molte questioni sospese: sulle
origini e il significato dei lavori dell’artista, sulla presenza di tali
opere a Venezia ma anche sull’impatto di Bosch sull’arte italiana.
Bosch e Venezia risulta dunque un capitolo chiave nell’iter ancor pieno
di punti interrogativi del grande pittore fiammingo, come è spiegato con
dati nuovi e inediti nel catalogo e nella mostra, curata da Bernard
Aikema con il coordinamento scientifico di Gabriella Belli e Paola
Marini. Una mostra emozionante, che tra visioni infernali, “chimere e
stregozzi”, per usare le parole di Anton Maria Zanetti, ci porta a
riscoprire un’arte volutamente enigmatica e una cultura figurativa
assolutamente ambigua che non smette di incuriosire, di far discutere,
di meravigliare.
Così come sarà emozionante, alla fine del percorso, entrare virtualmente
nell’opera, immergersi negli anfratti dell’Inferno e nelle luci del
Paradiso grazie a un’innovativa tecnologia che permetterà – indossando
gli Oculus – una visione emozionale, di grande impatto e totalmente
immersiva delle Visioni dell’Aldilà di Jheronimus Bosch. In una app,
tanti contributi di realtà aumentata fruibili grazie al WiFi.
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