Un insolito percorso di opere nato dopo la visita delle terre Matildiane da parte dell’artista giapponese Makiko Asada; la partecipazione a una mostra a Reggio Emilia fece nascere nell’artista il desiderio di approfondire un elemento che caratterizzasse fortemente la storia di quel territorio. Durante la sua ricerca trovò nella figura grande e immortale di una donna guerriera e pacificatrice, carnale e spirituale, dedita agli ideali e talvolta machiavellica, uno dei più fulgenti esempi di potere femminile del medioevo italiano: Matilde di Canossa.
A tutti è nota l’espressione Andare a Canossa, simbolo dell’umiliazione e del pentimento: infatti, questo detto affonda le proprie radici nella vicenda dell’atto di contrizione di Enrico IV dopo la scomunica di Gregorio VII, l’evento in cui, più di ogni altro, Matilde è passata alla storia in qualità di mediatrice tra papato e impero. All’inizio della propria vita pubblica, Matilde fu dunque una pacificatrice nei rapporti tra il papa e l’imperatore, in quanto la famiglia dei Canossa era parente della casa imperiale, ma era anche tradizionalmente legata agli affari della chiesa, avendo un certo peso nella scelta dei pontefici. Quando lo scontro tra papa e imperatore divenne inevitabile, diede il proprio appoggio alle riforme di Gregorio VII, anche se andavano spesso contro i propri interessi materiali e i doveri del proprio rango. Sacrificò se stessa, sposando uomini che non amava, per salvare le sue terre dall’egemonia imperiale in Italia: si consacrò per un’idea, per una fede politica, per salvare la chiesa e l’Italia dalle spregiudicata condotta di Enrico IV. Alla fine della propria vita, ormai stanca e malata, scese a compromessi col nuovo imperatore Enrico V, riacquistando i territori persi e divenendo vicaria imperiale in Italia. Dopo la sua morte, la sua vicenda umana è stata stravolta da racconti esagerati e di tendenze opposte.
Chiaramente la verità sta nel mezzo: probabilmente non era colei che fece uccidere a tradimento suo marito e non fu l’amante di Gregorio VII come vollero i suoi nemici, ma non fu neanche la contessa-monaca, completamente dedita alla fede disinteressata e alla contemplazione, come la dipingevano i miti agiografici fioriti dopo la sua morte. La statura del personaggio, la sua forza d’animo e la sua non-conformità agli stereotipi femminili dell’epoca si possono apprezzare anche dalle parole che rivolge al suo futuro sposo Guelfo V, tramandate dal Chronicon Boemorum di Cosma di Praga:
“Non per leggerezza femminile o per tracotanza, ma per il bene di tutte le mie terre, ti invio questa lettera; accogliendola, tu accogli me e tutto il governo della Longobardia. Ti darò tante città, tanti castelli, tanti nobili palazzi, oro ed argento a profusione e soprattutto tu avrai un nome famoso, se ti renderai a me caro; e non biasimarmi per l’audacia perché per prima mi rivolgo a te con questo discorso. Sia al sesso maschile sia al sesso femminile è lecito aspirare ad una legitta unione ed è indifferente se sia l’uomo o la donna a toccare la prima linea dell’amore, basta solo che si raggiunga un matrimonio indissolubile”.
L’artista Makiko Asada, ispirandosi a due note miniature, tratte dalla Vita Mathildis di Donizone, e lasciandosi guidare dalla narrazione dello storico Paolo Golinelli, ci restituisce l’immagine di una donna in quanto essere e non in quanto ruolo sociale o politico. La vicenda terrena di Matilde viene affrontata attraverso l’uso di simboli tratti dall’immaginario cristiano e dai segni metaforici di alcuni elementi che hanno segnato la vita di questa donna. L’immagine di Matilde è cangiante come i moti dell’animo, le sue forme sono quelle della maschera sociale e politica che la storia ci tramanda, ma i colori e i simboli cambiano, gettando luce su alcuni aspetti privati della vita della contessa. L’artista ci illustra questo processo usando l’espediente della serialità che da Monet alla Pop Art ha permesso di indagare in ogni aspetto un singolo soggetto. Forte è poi l’influsso della tradizione figurativa giapponese, la quale crea, insieme ai rimandi all’arte miniaturistica medievale, quel proficuo dialogo tra oriente e occidente che spesso si è rivelato motore di grandi progressi artistici.
Makiko Asada
Makiko Asada nasce a Tokyo, in Giappone, nel 1970 dove si laurea in scultura presso l’Università d’Arte Musashino nel 1996. L’anno successivo si trasferisce a Milano e negli anni 1997-1999 frequenta il corso di scultura con Hidetoshi Nagasawa presso la Nuova Accademia. Nel 2005 si diploma nel corso di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano.
Ha esposto in Italia presso il Consolato Generale del Giappone e al Palazzo delle Stelline di Milano. Ha esposto inoltre presso il MA-EC, lo Spazio Lumera a Milano, l’Orto Botanico di Napoli e presso il Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda (MI). In Giappone ha all’attivo diverse mostre presso la Galleria Yamaguchi e l’Art Space Kimura ASK di Tokyo. Ha esposto anche in Svizzera nello Studio Cristina Del Ponte di Locarno e alla Documenta-Halle di Kassel.
In mostra allo spazio Lumera di Milano da venerdì 13 a giovedì 26 aprile 2018.
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